EMERGENZE & RICERCA

Terremoti, 6 innovazioni per salvare vite umane prima e dopo il sisma

Eventi come quello avvenuto a Ischia il 21 agosto non sono prevedibili, ma le nuove tecnologie possono contribuire alla loro prevenzione e nella fase post-crisi. Come? Attraverso l’utilizzo di droni, robot, Internet of Things e ingegneria hi-tech. Ecco alcuni esempi

Pubblicato il 22 Ago 2017

ischiat

Fino ad oggi i terremoti non possono essere in alcun modo previsti, ma l’innovazione tecnologica può dare il suo prezioso contributo in due fasi: quella della prevenzione e quella post-terremoto. Si torna a parlare dell’argomento dopo il sisma di magnitudo 4.0 avvenuto ieri sera a Ischia, che ha causato crolli e alcune vittime. Il presidente del Consiglio nazionale dei Geologi, Francesco Peduto, ha affermato che il disastro può “essere attribuito alle costruzioni fatiscenti, abusive e realizzate senza alcuna verifica sismica”. Ecco perché prevenire è indispensabile, proprio come intervenire con prontezza ed efficacia dopo che si è verificata la tragedia. Vediamo alcuni casi in cui l’innovazione è in grado di dare un fondamentale apporto ad entrambe le fasi: dalle nuove modalità di studio del territorio attraverso i droni, alle tecnologie innovative per costruire edifici a prova di sisma fino all’uso dei robot per esplorare territori altrimenti inaccessibili e inviare in autonomia una serie di dati utili.

Veduta di Casamicciola, Ischia, prima del terremoto

♦INNOVAZIONE E PREVENZIONE

1. STUDIARE IL TERRITORIO – “Nessuno è in grado di prevenire i terremoti – dice Alessandro Tibaldi, professore associato di geologia strutturale nel Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e del Territorio e di Scienze della Terra dell’Università di Milano-Bicocca – ma si può cartografare meglio il territorio, riconoscere le faglie e di conseguenza fare una stima delle zone a più alto rischio sismico. Dopodiché si può decidere di edificare strutture anti-sismiche nelle aree ritenute più pericolose. Lo fanno gli ingegneri. Ma gli ingegneri, per sapere dove costruire edifici anti-sismici, hanno bisogno dell’input dei geologi”. In questa ottica, nel 2014 un gruppo di ricercatori italiani e inglesi coordinato da Tibaldi ha testato un nuovo metodo per lo studio del rischio sismico in una zona dell’Islanda colpita in passato da forti terremoti. Il metodo comprende riprese aeree di altissimo dettaglio con velivoli automatici (droni) e una rappresentazione dei dati con tecniche di realtà virtuale. In questo modo è possibile studiare con una precisione prima inimmaginabile le strutture geologiche in grado di produrre futuri terremoti.

Terremoto, da Milano-Bicocca i droni 3D per “vedere” le aree a rischio

2. COSTRUIRE EDIFICI PIÙ RESISTENTI – Per evitare che gli edifici crollino a causa del terremoto, occorre lavorare sulla stabilità delle strutture e cercare sempre nuovi modi per renderli più robusti. Da una ricerca condotta all’Imperial College London, università che propone una laurea in ingegneria per i terremoti, è nato un device, chiamato Khonsar Connection: consiste in una connessione strutturale che consente di dissipare l’energia, superando la limitata capacità delle congiunture tradizionali di proteggere le mura e le infrastrutture dai danni. Il dispositivo deve essere collocato tra travi e colonne e funziona come una spugna, assorbendo tutta l’energia che si può sprigionare a causa di un sisma, un’esplosione o simili eventi. Altri innovatori suggeriscono l’utilizzo di gomma collocata nelle fondamenta dell’edificio per isolarlo dal terreno e in quindi in qualche modo isolarlo dai movimenti tellurici che avvengono durante un sisma. Un edificio di questo tipo, il Foothill Communities Law and Justice Center, è stato costruito in una zona altamente sismica della California. Una startup canadese, Kinetica, ha realizzato un metodo per rendere gli edifici più resistenti durante i terremoti. È stata fondata da Michael Montgomery e dal suo professore all’Università di Toronto, Constantin Christopoulos, e tra i suoi manager c’è un ricercatore e ingegnere strutturale nepalese, Deepak Pant, che è sopravvissuto a due terremoti: quello del 2011 in Giappone di magnitudo 9.0 (era lì per studiare) e quello in Nepal del 2015.  La startup utilizza una tecnologia chiamata “ammortizzatori vicoelastici”: ampi strati di un materiale simile alla gomma, noto come polimero vicoelastico, infilati come in un panino tra altri strati di acciaio. Va tuttavia sottolineato che la tecnologia innovativa di Kinetica è applicabile in territori dove sorgono grattacieli o palazzi altissimi, perché pensata appositamente per questo tipo di strutture.

♦INNOVAZIONE E ASSISTENZA POST- CRISI

3. SFRUTTARE LE POTENZIALITÀ DEL WI-FI  – In caso di terremoto, aprire le reti wi-fi può essere un’azione utile a salvare la vita di molte persone: Serve a favorire le comunicazioni via internet e di conseguenza agevolare i soccorsi. In passato l’utilizzo del wi-fi in casi di terremoto portò alla luce la storia virtuosa di una startup italiana: i fatti risalgono al tragico evento del terremoto in Emilia del 2012 in cui persero la vita 27 persone. all’indomani dell’evento sismico, Athonet, startup vicentina, riuscì a portare in tempi rapidi la connessione wi-fi in un campo allestito dalla Protezione Civile a Mirandola, tra i Paesi colpiti dal sisma. Grazie ad un sistema proprietario (PriMo, acronimo di Private Mobile) nato per portare la banda larga e fornire comunicazione wireless a uso professionale in zone remote, fu possibile collegare i vari campi tra di loro e abilitare il VoIP tramite PriMo. Così fu possibile attivare un numero fisso con cui contattare il campo, abilitare lo streaming da telecamere mobili e allestire delle isole WiFi con cui i ragazzi sfollati potessero collegarsi a internet e interagire, fungendo al tempo stesso da punto di ritrovo e socializzazione.

Terremoto, cosa possono fare l’innovazione e le startup per ridurre danni e sofferenze

4. USARE BIG DATA E INTERNET OF THINGS – Sensori, big data, analytics, gateway e più in generale tutti gli strumenti tecnologici legati al mondo dell’Internet of Things possono essere soluzioni adatte in casi di eventi catastrofici come un terremoto, o un attacco terroristico. In questo ambito opera SysDevsocietà torinese, incubata presso I3P, l’incubatore del politecnico di Torino, che ha sviluppato soluzioni tecnologiche IoT per il monitoraggio strutturale e ambientale di edifici, infrastrutture come ponti e gallerie, grandi edifici e “smart city”, con lo scopo di migliorare il controllo del territorio e la sua resilienza a fronte di eventi catastrofici. Alla base della tecnologia SysDev ci sono i sensori, che integrati all’interno di materiali edili e di ambienti, percepiscono ogni movimento e vibrazione delle strutture a cui sono applicati e, grazie a trasmettitori a lunga portata segnalano in tempo reale eventuali anomalie o criticità, garantendo un controllo capillare e costante.

5. USARE I DRONI COME SENTINELLE SUL TERRITORIO – I velivoli pilotati da remoto, gli Unmmaned Aerial Vehicles (Uav), sono spesso usati per sorvolare il territorio ed eseguire missioni di rilevamento dati. In Italia uno degli esempi più innovativi è probabilmente quello datato settembre 2016, quando un team di robot e droni guidati dai ricercatori del laboratorio Alcor dell’Universitá di Roma, La Sapienza arrivò ad Amatrice, una settimana dopo il terremoto del 24 agosto, per effettuare rilievi all’interno delle chiese di San Francesco e di Sant’Agostino. I primi di luglio del 2012 lo stesso team era entrato nella zona rossa di Mirandola, dopo il terremoto dell’Emilia del 29 Maggio 2012, per fare rilievi nella chiesa di San Francesco, dove è sepolto Pico della Mirandola, e nella Cattedrale.

6. USARE I ROBOT COME ESPLORATORI – I primi robot ad essere utilizzati per esplorare zone inaccessibili alle persone e per riportare informazioni utili sullo stato delle cose furono i robot che entrarono al World Trade Center l’11 Settembre 2001. Questi robot erano stati inviati dal centro che poi è diventato il CRASAR (Center for Robot assisted Search and Rescue), attualmente diretto dalla prof. Robin Murphy. Da allora droni e robot sono stati usati in moltissime missioni per monitorare lo stato delle cose in disastri ambientali come incidenti in miniere, alluvioni, tifoni e terremoti. Come riporta questo articolo di Agenda Digitale, i robot, e in particolare i robot cingolati, possono affrontare qualunque terreno, perciò sono estremamente utili per raggiungere zone interne o per esplorare da vicino aree che non possono essere raggiunte dai droni. I robot cingolati possono caricare un payload significativo, cioè possono essere dotati di braccia, scanner, telecamere RGBD o stereo, e soprattutto possono avere a bordo computer e anche capacità di calcolo parallelo. In altre parole sono dotati di intelligenza ed autonomia. Possono quindi usare un braccio per prendere campioni, per girare manopole, per spegnere interruttori o o per rimuovere detriti. Possono pianificare percorsi come richiesto dai Vigili del fuoco e dagli operatori di soccorso, possono visitare zone irraggiungibili dalle persone in totale autonomia e anche in assenza di comunicazione, e riportare informazioni quando lo ritengono più utile.

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