POINT OF VIEW: PHYGIWORK

Spazi di coworking e mobilità sostenibile nella strategia “New ways of working” di Enel

Nella grande palestra di sperimentazione di Enel per progettare modelli di lavoro innovativi prende vita l’accordo per l’uso degli spazi coworking nel Business Center Copernico Repubblica di Phygiwork a Roma. Li abbiamo sentiti

Pubblicato il 31 Gen 2023

Simona Politini

Immagine di 4 PM production da Shutterstock

Enel ha siglato un accordo con Phygiwork, l’azienda di servizi dedicati al mondo dello Smart Working e del business networking, per la locazione di spazi all’interno del Business Center Copernico Repubblica di Roma. Incontriamo Carlo Albini, responsabile della People and Organization Innovability di Enel, che ha guidato l’operazione, per capire insieme a lui come questa scelta trovi la sua ragione d’essere all’interno di una nuova strategia globale (New ways of working) volta a ridisegnare modelli di lavoro attraverso i quali le persone possano trarre i più ampi vantaggi in termini di benessere e di produttività.

Perseguendo l’Innovability

Era il 2017 quando Enel, all’interno del suo modello Open Power, lanciava per la prima volta il progetto di crowdsourcing Open Innovability, dedicato a innovazione e sostenibilità, e coniando una nuova parola proprio dalla crasi dalla versione inglese di questi due termini, “innovation” e “sustainability”. Da allora intorno al concetto di Innovability Enel ha disegnato la sua strategia per il futuro. “Per rappresentare forse meglio qual è la logica con cui pensiamo all’innovazione, la crasi Innovability in realtà andrebbe letta mettendo una preposizione in mezzo, ossia ‘innovation for sustainability’− ci spiega Carlo Albini −. Questo significa che il progresso sostenibile è il nostro fine ultimo, We empower sustainable progress, e contiamo di arrivarci attraverso l’innovazione, oltre che attraverso ovviamente tutte le declinazioni della nostra strategia e l’orientamento che diamo a come il business opera nei Paesi in cui siamo presenti”.

Ma cosa significa applicare l’approccio Innovability sulle persone e sull’interna organizzazione? “Nell’ottobre 2020 abbiamo declinato organizzativamente il concetto di Innovability anche all’interno della funzione HR, creando proprio un punto di raccordo fra la direzione Innovability e la direzione People and Organization. Da quel momento è nata la nostra unità, People and Organization Innovability appunto”, racconta Albini. “Per noi ragionare e lavorare per le persone in ottica di Innovability ha voluto dire impostare un lavoro su tre dimensioni: quella della sostenibilità, dell’innovazione e anche della cultura aziendale.

Lavorare sulla sostenibilità ha significato in primis andare a ragionare sul perché monitorare alcuni KPI che insistono sulle HR piuttosto che altri e quali ambizioni rappresentare in un piano di sostenibilità per le dimensioni HR, per esempio in tema di Diversity & Inclusion, di training, di upskilling e reskilling, di recruiting e di gestione del turnover, confrontandoci anche con altre aziende di respiro internazionale. Da qui abbiamo sviluppato un nostro posizionamento nuovo sui grandi temi della sostenibilità in ottica People and Organization.

Per quanto riguarda il lavorare sulla dimensione dell’innovazione, nell’ambito proprio specifico People and Organization, ha comportato andare a vedere e valutare anche le innovazioni disponibili in termini di processi e di piattaforme che supportano l’attività delle HR. In più, negli ultimi due anni, da quando è nata l’unità, ha voluto anche dire prendersi cura dello sviluppo del New ways of working, un programma importante che abbiamo sviluppato e che ha dato origine a una road map di sperimentazioni che è tuttora in fase di esecuzione, cantieri aperti per sperimentare soluzioni a supporto della nuova employee experience nell’ambito del new normal.

Infine, la terza dimensione culturale che ci vede coinvolti su diversi fronti come la dissemination dell’Open Innovation, dell’agile transformation, del creative problem solving. A supporto di ciò abbiamo istituito una grande community di innovation ambassador e di agile practitioner che conta circa 400 persone le quali si appoggiano su degli Idea Hub, piccoli poli nei Paesi che fanno da punto di contatto per chi ha bisogno di provare ad applicare queste metodologie in un progetto localmente. Sempre all’interno della dimensione culturale c’è un altro elemento che noi curiamo con particolare attenzione che è l’imprenditorialità interna. Abbiamo la responsabilità di curare un programma che si chiama Make it happen dove, in modalità assolutamente bottom-up, ogni dipendente, senza bisogno di ricevere uno stimolo sull’argomento, le cosiddette ‘challenge’, ma spontaneamente, può proporre un’idea innovativa su qualsiasi tema che riguarda l’ambito in cui Enel opera, però seguendo un programma strutturato il quale fornisce una sorta di supporto dallo sviluppo dell’idea sino alla sua approvazione e alla definizione di un budget e un team dedicato. Una sorta di call for ideas sempre aperta, non guidata da una challenge, con un processo di selezione e raffinazione delle idee che aiuta a tenere in questo funnel quelle che hanno già un potenziale di valore per l’azienda”.

Abbracciare lo Smart Working per rinnovare la fiducia

La crisi macroeconomica che stiamo vivendo sta portando molte aziende, anche quelle più tecnologiche, a fare un passo indietro nello sviluppo dei modelli organizzativi, bypassando senza troppi indugi le esigenze che il popolo dei lavoratori oggi esprime a gran voce: flessibilità, equilibrio lavoro-vita privata, valori da condividere per dare un senso al proprio impegno. Questo tipo di scelte, però, può rivelarsi un vero boomerang per le aziende in termini di employer branding, di turnover, di capacità produttiva. Mettere le persone al centro dell’impresa è dunque, o quanto meno dovrebbe essere, una necessità per le organizzazioni che vogliono guardare con fiducia al futuro. Ed è proprio la ‘fiducia’ il sentimento che muove le scelte di Enel in questo contesto.

“Durante la pandemia è stato possibile verificare sul campo che certi livelli di flessibilità, di autonomia, di responsabilizzazione, lasciati in mano alle persone potevano condurre comunque ad un risultato finale positivo. Con questa nuova consapevolezza, chi ha operato a qualsiasi livello dell’organizzazione ha potuto saggiare le potenzialità e l’efficacia del modello di lavoro in Smart Working, sviluppando una nuova visione rispetto al bilanciamento fra quello che è il tempo speso per il lavoro e quello speso per la famiglia e per sé stessi, per altre ragioni o altri obiettivi, e soprattutto ha cominciato a ragionare su dove avesse senso spendere questo tempo in funzione della tipologia di attività.

Preso atto di ciò, noi come azienda abbiamo cominciato a ragionare in parallelo su un fattore abilitante ai nuovi modi di riconoscere fiducia, autonomia, responsabilità, sviluppando un nuovo stile di leadership che nel nostro caso poi è stato declinato in una leadership gentile. Fattore abilitante, dunque, di un nuovo contesto lavorativo, la leadership gentile ha guidato la stesura del documento siglato dalle parti sociali chiamato Statuto della persona. Lo Statuto della persona, che è stato poi l’elemento che ha condensato nella pratica che cosa significa agire in modo gentile relativamente alla cura e all’engagement delle persone, mette assieme tre pilastri: il benessere della persona, la motivazione, e il risultato, dove il risultato viene visto non come mera valutazione di quanto si è produttivi, ma come la capacità di raggiungere i risultati strategici dell’azienda preservando benessere e motivazione.

Lavorando perseguendo questa filosofia, nella transizione dal “tutti a casa” al modello ibrido con cui dovremmo fare i conti da adesso in avanti inevitabilmente, abbiamo notato che quelle aspettative, quella consapevolezza dei colleghi sulla possibilità di lavorare con una maggiore flessibilità, potevano essere un importante motivo di disengagement, se disattesi. Mi spiego meglio: la fiducia, che è stato uno strumento fondamentale per garantire la tenuta del sistema quando eravamo tutti nel culmine della crisi pandemica, è un elemento che se viene tolto alle persone quando si ritorna alla normalità, o alla quasi normalità, può essere un motivo di grande attrito su temi che sono valoriali (non a caso fiducia, responsabilità, innovazione e sostenibilità sono i quattro valori Enel Open Power).

Quindi, in questo passaggio al ritorno in ufficio, l’attenzione che ci siamo posti ha riguardato la tenuta dei punti legati alla cura delle persone, all’ascolto di quello che per loro è importante, per muoversi poi in modo coerente nell’ambito delle regole dello Smart Working e dando un senso alle attività in presenza. Ciò detto, le aziende che fanno il famoso passo indietro, e lo fanno in modo scomposto, corrono dei rischi importanti dal punto di vista del mantenimento del legame di fiducia e dell’engagement con le persone”, afferma Carlo Albini.

Spazi progettati per il benessere di chi ci lavora

Intorno agli anni ’60, nell’ambito della psicologia, si sviluppa il settore di studi che prende il nome di psicologia architettonica. La disciplina studia l’interazione tra le persone e gli ambienti nei quali agiscono, non solo da un punto di vista funzionale, ma anche psicologico ed emotivo, per arrivare a progettare luoghi operativamente efficienti che al tempo stesso rispondano alle aspettative e al benessere psico-fisico di chi li vive. Oggi la psicologia architettonica torna sotto i riflettori per ridisegnare spazi di lavoro nei quali le persone trovano un senso e un piacere a vivere tanto da rimettervi piede con voglia.

L’importanza degli spazi trova seguito anche nella strategia New ways of working di Enel. “In questo percorso di ripensamento della normalità, l’anno scorso, quando abbiamo definito il focus dei nostri progetti strategici per il 2022, abbiamo inserito l’elemento degli spazi di fianco ad un nuovo modo di collaborare, di organizzare le attività e di curare le relazioni e il benessere delle persone. Tale elemento ha trovato riscontro in progetti concreti, tra questi un progetto legato al disegno delle reti dei luoghi del lavoro”, racconta il manager. “Uscendo dalla logica di headquarter come unico polo attrattore dei lavoratori in un’area metropolitana, abbiamo sviluppato il concetto di hubquarter il quale prevede invece la possibilità di avere una rete di hub dove le persone possano recarsi godendo della stessa esperienza lavorativa ma cercando però di ottimizzare quello che è il tempo di commuting o la compatibilità dello spostamento in un ufficio fisico rispetto agli impegni della famiglia o gli impegni personali. Per ottenere una flessibilità ulteriore abbiamo voluto sperimentare la possibilità di aggiungere agli hubquarter anche elementi di coworking di diversa tipologia. Così stesso lo scorso anno, insieme al consorzio Elis, abbiamo sviluppato un coworking interaziendale che ha coinvolto tre nostre sedi selezionate. L’idea in quel caso era quella di aggregare la community di partecipanti a questa sperimentazione attorno alla condivisione di contenuti e alla condivisione di una progettualità che potesse poi svilupparsi nell’ambito territoriale molto ristretto in cui lo spazio di coworking era localizzato”.

Una rete di luoghi del lavoro, ma non solo. “Quella però non è stata l’unica dimensione di lavoro sugli spazi. Un altro tema che abbiamo sviluppato durante la pandemia, e su cui abbiamo raggiunto anche un primo risultato importantissimo nella nostra sede di Milano, è la cosiddetta certificazione WELL Building Standard. La certificazione WELL l’abbiamo raggiunta per la prima volta con un livello Platinum sugli spazi di via Carducci a fine dello scorso anno ed è stata una sperimentazione orientata alla sostenibilità degli spazi in termini di progettazione, di design, di uso dei materiali, e al benessere negli spazi per i colleghi. Il progetto ha posto dunque attenzione al disegno degli spazi, così come ai messaggi che vengono veicolati al loro interno per dare suggerimenti volti a un comportamento sano e per un utilizzo delle infrastrutture della sede che sia improntato al benessere fisico e anche psichico delle persone. La certificazione WELL ha segnato dunque un momento importante ed è diventata una richiesta per tutti i nostri Paesi e per tutte le funzioni di facility management: ogni volta che si avvia la ristrutturazione di un building, l’invito è quello di affiancarci subito una certificazione analoga perché può avere un grande impatto sulle persone”.

Gli spazi di coworking Phygiwork aprono alla community di Enel

Innovability, Smart Working, spazi funzionali al lavoro e al benessere delle persone. In questa ricetta che guarda al domani si inserisce la collaborazione con Phygiwork, che prevede la locazione di spazi in esclusiva personalizzati all’interno del Business Center Copernico Repubblica di Roma.

“L’accordo con Phygiwork rientra in quella attività di sperimentazione sviluppata attorno al tema delle reti dei luoghi del lavoro dove una componente è rappresentata degli spazi di coworking. In questo percorso abbiamo rilevato nella value proposition di Phygiwork una componente che poteva essere complementare alle altre che avevamo cominciato a sperimentare relativamente al binomio spazio di coworking – mobilità sostenibile, vale a dire la possibilità che nell’ambito dello spazio di coworking ci fossero delle facility legate alla mobilità sostenibile, dei punti di ricarica per eventuali lavoratori in movimento gravitanti attorno ad uno spazio di coworking. Il nostro obiettivo era quello di sviluppare opzioni complementari per comporre una sorta di bouquet di soluzioni alternative da offrire ai colleghi nell’identificazione dei luoghi in cui avrebbero voluto spendere la propria giornata in ufficio, o parte di essa”.

Se la specificità offerta dal Business Center Copernico Repubblica in tema di mobilità sostenibile è stato l’aspetto prioritario che ha attirato Enel, al quale naturalmente si affianca un vantaggio di tipo logistico data la centralità del building nel contesto urbano di Roma, una volta aperto il dialogo tra le due parti, trovandosi Enel in una fase di sperimentazione generale, per l’azienda è stato possibile esplorare anche altre tematiche, per esempio quelle legate alle app utilizzabili per integrare l’esperienza negli spazi coworking dei lavoratori coinvolti nel progetto.

E non finisce qui. “Abbiamo voluto completare lo scenario cercando di aggiungere anche una prima esperienza interna di community identificata. Quello che ci siamo prefissati di fare è stato definire, prima di cominciare a popolare lo spazio di coworking con l’inizio del nuovo anno, quale sarebbe stata la community delle persone che avrebbe vissuto quegli spazi, identificando dei facilitatori al suo interno. Su di una popolazione di lavoratori composta da oltre 200 persone che gravitano su Roma e che possedevano alcune caratteristiche ben precise, abbiamo chiesto così chi volesse dare la propria disponibilità per sperimentare questi spazi esterni per un periodo di tre mesi più tre. Nel primo gruppo di 45 volontari, al quale poi ne seguirà un altro, abbiamo identificato 4 facilitatori che aiuteranno in qualche modo ad aggregare ed animare questa community sia quando le persone saranno presenti che quando non lo saranno, considerando che il nostro accordo di Smart Working prevende sino al 60% delle giornate lavorative mensili da poter trascorrer in remoto. Questa esperienza non riguarda dunque solo l’utilizzo di uno spazio esterno, ma anche le dinamiche di condivisione all’interno di una community di persone che hanno liberamente scelto di andare a popolare quegli spazi”.

L’esperienza acquisita, naturalmente, non sarà fine a se stessa, ma quale parte della grande sperimentazione del New ways of working, qualora positiva, potrà non solo essere adottata in maniera continuativa, ma essere altresì implementata; allargandola alla popolazione sul territorio nazionale o anche a livello internazionale, così come è stato nel caso della sperimentazione della certificazione WELL, dove un primo pilota sull’Italia ha conseguito un gradimento tale da diventare di fatto una sorta di nuovo standard globale per tutti i luoghi del lavoro di Enel.

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Simona Politini

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