Lavoro

Industria 4.0, Italia ottimista sugli effetti per l’occupazione

Un’indagine di ManpowerGroup in 43 Paesi rileva il sentimento delle aziende rispetto alle tecnologie digitali nella manifattura. La maggioranza ritiene che non farà perdere posti di lavoro e il nostro Paese, con Guatemala e Perù, è quello che si aspetta un maggior aumento di occupati. Ma sarà indispensabile un aggiornamento delle skills

Pubblicato il 01 Feb 2017

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La digitalizzazione e l’automazione del lavoro rappresentano un’opportunità: a rivelarlo è una ricerca di ManpowerGroup, dal titolo “Skills Revolution“, presentata al World Economic Forum 2017 di Davos.

Una prospettiva diversa da quella dello stesso World Economic Forum, che nell’edizione dell’anno scorso aveva lanciato il segnale d’allarme: entro il 2020, si era detto in quell’occasione, cinque milioni di posti di lavoro nel mondo andranno persi, rimpiazzati da robot e intelligenza artificiale. Al punto che all’evento di quest’anno, tra i concetti chiave, è emerso quello di inclusione sociale, necessaria per porre rimedio al crescente divario tra ricchi e poveri, soprattutto nelle società occidentali, causata anche dalla futura, progressiva perdita di posti di lavoro.

Cos’è l’Industria 4.0

La fotografia scattata dall’indagine di ManpowerGroup affronta il tema dell‘impatto della digitalizzazione sull’occupazione e dello sviluppo di nuove competenze dei lavoratori con toni meno allarmistici. Va sottolineato che è stata condotta tra 18.000 datori di lavoro in 43 Paesi del mondo (e di solito i datori di lavoro e gli imprenditori, per la natura stessa del loro ruolo, sono in qualche modo obbligati ad essere ottimisti) e che è comunque un sondaggio sul ‘sentiment’ degli interpellati. Tuttavia tutti sembrano concordare sul fatto che, per i dipendenti, sarà necessario un upskilling, ovvero un aggiornamento delle competenze. (Qui è possibile scaricare il rapporto completo di Manpower Group)

I risultati rivelano che, a livello mondiale, oltre il 90% dei datori di lavoro intervistati prevede che sulla propria azienda avrà un impatto la cosiddetta “quarta rivoluzione industriale” nei prossimi due anni. Questo, ritengono gli intervistati, influenzerà la caratterizzazione delle competenze dei lavoratori verso una sempre maggiore digitalizzazione, creatività, agilità e “learnability”, l’attitudine a rimanere costantemente aggiornati e a continuare ad imparare.

L’83% del campione intervistato ritiene che l’automatizzazione e la digitalizzazione del lavoro faranno crescere il totale dei posti di lavoro. Inoltre si prevede che questi cambiamenti avranno un impatto positivo sull’aggiornamento delle competenze dei lavoratori, rispetto al quale i datori di lavoro prevedono di implementare specifici programmi formativi nel prossimo futuro.

Tra i 43 Paesi oggetto dell’indagine, è l‘Italia ad aspettarsi il maggior incremento di nuovi posti di lavoro grazie alla quarta rivoluzione industriale al netto di un “upskilling”, un aggiornamento delle competenze, con una creazione di nuovi posti di lavoro prevista tra il 31% ed il 40%.

Stefano Scabbio, Presidente Area Mediterranea ed Europa Orientale ManpowerGroup, ha commentato: “La rivoluzione delle competenze ci mette di fronte ad una scelta obbligata, quella di affrontare un cambiamento culturale. Questo vale sia per le aziende, che hanno il compito di accompagnare i propri dipendenti verso un aggiornamento del proprio set di competenze, che per gli individui stessi proiettati verso il futuro. La formazione così come l’abbiamo intesa fino ad oggi non è più sufficiente: tutti noi dobbiamo partecipare attivamente a questa crescita personale. Oggi più che mai i leader devono essere responsabili e pronti allo stesso tempo”.

Seguono, tra i Paesi più ottimisti, Portogallo, Guatemala, Perù, Panama e subito dopo Stati Uniti, Sudafrica, Messico e Nuova Zelanda che prevedono una crescita compresa tra l’11 e il 20%. Si aspettano un incremento compreso tra l’1 e il 10% Regno Unito, Spagna, Canada e Giappone. Meno rosee invece le prospettive per i datori di lavoro di Germania, Francia, Finlandia, Svezia e Svizzera, secondo cui l’impatto potrebbe essere nullo o addirittura negativo (tra lo 0 e il – 9%). Chiude la classifica l’India, che prevede un calo dei posti di lavoro post quarta rivoluzione industriale intorno al –20/-30%. (L.M.)

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