Grexit, come siamo arrivati a questo punto

Dagli effetti Tsipras, il partito di sinistra che non accetta il rigore Ue, al comportamento della leadership europea nei confronti di Atene: ecco le tappe della crisi greca analizzate da Fabio Sdogati, docente di Economia Politica al Politecnico di Milano

Pubblicato il 29 Giu 2015

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Non è ancora ufficialmente Grexit (il Fmi dichiarerà l’insolvenza di Atene non prima di un paio di settimane, dopo due solleciti infruttuosi) ma manca poco. Quel che è certo è che il 30 giugno la Grecia non pagherà il rimborso del prestito, in attesa di decidere, con il referendum indetto il 5 luglio, come muoversi. Intanto però, per cercare (con scarso successo) di evitare il panico a livello economico e finanziario, il governo greco ha chiuso la Borsa e le banche fino al 7 luglio, e ha imposto un limite massimo di 60 euro ai prelievi bancomat. Scene che ricordano da vicino l’apocalisse del ’29, e i mercati mondiali non l’hanno presa bene: le Borse asiatiche hanno chiuso in calo e quelle europee hanno aperto in profondo rosso, con i titoli delle banche a picco. E così, oltre ai miliardi che Atene non pare intenzionata a restituire, l’Europa ne sta bruciando forse anche di più a causa dei timori, sempre più reali, della bancarotta greca. E nemmeno la disponibilità di Berlino a riaprire i colloqui, e la lettera di Tsipras alla Ue nella quale chiede un estensione, almeno fino a dopo il referendum, degli aiuti, sembra ormai capace di rasserenare il clima.

Ma come siamo arrivati a questo punto? Dagli effetti Tsipras al comportamento della leadership europea nei confronti di Atene: ecco tutti gli interventi di Fabio Sdogati, docente di Economia Politica al Politecnico di Milano, sul caso Grecia.


Grecia, come i politici stanno perdendo il progetto Europa (e la faccia). Il modo in cui la leadership europea ha trattato, e sta trattando, la crisi di Atene ė vergognoso. Il sogno dei padri fondatori dell’Unione non è fallito. La strada obbligata è l’integrazione economica. Ma i gruppi politici nazionali gestiscono il loro paesino e la loro rielezione…

Tre segnali del vento che gira sulla Grecia. All’asta del 13 maggio il rendimento dei titoli pubblici non è salito. Nello stesso giorno sul mercato secondario le emissioni del governo ellenico sono cresciute. Così come le azioni delle banche. Dopo due anni sembra che le ostilità nei confronti di Atene stiano diminuendo. A vantaggio di tutta l’Europa

Ecco perché le banche non perderebbero nulla se dimezzassero il debito greco. Atene ottiene una proroga dalla Ue in cambio di nuove riforme. Noi abbiamo provato a fare un piccolo esercizio. Chi avesse comprato un’obbligazione ellenica nel 2001 non perderebbe nulla anche se riducesse del 50% l’impiego. Anzi…

Ma tu faresti credito a uno che ti promette che risparmierà? O a uno che ti chiede di aiutarlo ad arricchirsi? La vittoria di Syriza in Grecia indebolisce la dittatura del pensiero unico pro-austerità e riapre il dibattito sui destini dell’Europa. Dove non bastano più gli slogan, ma servono soluzioni. E non certo “sconti”

Aspettando gli effetti Tsipras (che l’élite politica europea non capisce). Cosa accadrà dopo la vittoria in Grecia del partito di sinistra che non accetta il rigore Ue? Quattro ipotesi e cinque citazioni di peso, come quella degli economisti che sul Financial Times avvertono: dare una chance al Paese porterà benefici a tutta l’Europa

Quantitative Easing, che cos’è e perché sarà inutile per la ripresa europea. Il 22 gennaio 2015 sarà un giorno importante nella storia di distruzione dell’integrazione europea: con buona probabilità la BCE deciderà l’acquisto di titoli di debito dei governi. Che servirà a poco se non ci sarà una corretta condivisione del rischio

Ma che crisi è questa qua? (se in America c’è piena occupazione). Una crisi voluta. Perché l’Europa è stata tanto stupida (chissà perché…) da non voler “copiare” la politica adottata dagli Stati Uniti: meno tasse, maggiore spesa. Buona teoria economica e buon senso. Ecco le cinque tappe della tragica farsa cominciata nel 2007.

L’ideologia dell’austerità e il doppio Padoan. «Sarebbe miope non coniugare il rigore con la crescita», dice il premier Renzi. Ma è stato il rigore a bloccare la ripresa, spiega bene un libro di Federico Rampini, da leggere in vista del vertice europeo di ottobre in Italia. Quanto al nostro ministro… beh, tentenna fra l’estasi del dolore e la fine dei sacrifici

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