Il caso

«Ho ricevuto 8 milioni di investimenti ma per la Camera di Commercio la mia startup non è innovativa»

Ignazio Rocco di Torrepadula, ceo di InstaPartners, racconta che la società non è stata ammessa allo speciale Registro perché non è ancora sul mercato. «C’è chi non ci andrà mai ma è negli elenchi. Intanto noi perdiamo i vantaggi». Segnalateci altri casi di valutazioni stravaganti

Pubblicato il 10 Ago 2016

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Ignazio Rocco di Torrepadula, ceo di InstaPartners

La vicenda raccontata in quest’articolo si è conclusa con l’iscrizione al Registro della startup InstaPartners qualche giorno dopo la pubblicazione dell’articolo: ne abbiamo scritto qui.

La tua impresa non è ancora sul mercato? Allora non può essere considerata una startup innovativa. Questo si è sentito dire da un funzionario della Camera di Commercio di Milano Ignazio Rocco di Torrepadula, fondatore e ceo della startup fintech InstaPartners, quando ha presentato la richiesta per iscrivere la sua azienda alla sezione speciale del Registro delle imprese. Interpretazione singolare – pensa Rocco di Torrepadula – ma se funziona così, tanto vale aspettare il prossimo autunno, quando la startup sarà pienamente operativa.

Ma, dopo aver letto l’articolo di EconomyUp sulle caratteristiche di alcune srls presenti nel Registro, il founder di InstaPartners ha espresso la sua rabbia su Facebook: “Vedere che hanno avuto lo status di startup innovative aziende finte o non corrispondenti ai requisiti di legge è particolarmente deprimente. Lo è ancora di più se penso a quanto sta accadendo alla nostra azienda. Siamo una startup, con capitali interamente privati, che impiega attualmente 13 laureati, più della metà dei quali sono dedicati a sviluppare codice proprietario per realizzare un prodotto nuovo, che sarà sul mercato in autunno. Ovviamente, a differenza dei casi descritti nell’articolo di EconomyUp, il sito web esiste, i nostri piani di sviluppo sono stati più volte presentati in pubblico, il prodotto è quasi pronto, i soldi (privati) li stiamo spendendo in stipendi, sviluppo esterno, acquisto di strumenti tecnologici e simili. Insomma i requisiti ci sono abbondantemente. Ma la Camera di Commercio di Milano dice che noi non possiamo avere lo status di startup innovativa. E sapete perché? Perché non siamo ancora sul mercato con clienti e ricavi. Avete letto bene. Seconda la tassonomia del funzionario che ci ha risposto (che non so da quale fonte di legge tragga origine) una startup inizia a esistere solo quando il prodotto inizia a vendere. Tutti quelli che lavorano, rischiano, e ci mettono dei soldi prima, non contano. Salvo evidentemente quelli che, come si vede dall’articolo, ottengono lo status senza neanche aver fatto l’azienda. #vergogna e #rabbia”.

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Parole al vetriolo, che segnalano qualche incongruenza nei criteri di valutazione e di ammissione delle startup nello speciale registro delle Camere di Commercio: perché alcune neoimprese come InstaPartners non vengono accettate e altre sono già definite startup innovative anche se, come risulta dall’approfondimento di EconomyUp, non sono ancora operative o non lo sono più? Nell’articolo, per esempio, abbiamo menzionato il caso di Etalianlife, un sito di esperienze di viaggio in cui non era possibile effettuare prenotazioni. Tra i casi non menzionati, invece, c’è quello di Fainavigare, una piattaforma online di boat sharing per prenotare vacanze in barca. Sul sito, al 10 agosto 2016, si legge chiaramente che il servizio non è ancora disponibile (lo sarà, si legge, genericamente nell’estate 2016) e si invitano gli interessati a lasciare il proprio indirizzo e-mail per essere contattati quando si possono fare i primi viaggi. Apparentemente, anche se si tratta di un settore diverso, questa startup si trova in una situazione simile a quella di InstaPartners: si sta preparando a sbarcare sul mercato. Eppure, la società guidata da Rocco di Torrepadula, e non sappiamo se la stessa cosa è accaduta ad altre, non è stata ancora accettata nel Registro.

“C’è gente che non è sul mercato e non ci andrà mai eppure viene iscritta al Registro”, dice a EconomyUp Rocco di Torrepadula. “Evidentemente vengono utilizzati criteri differenti per giudicare le startup. Non sono un avvocato e non so giudicare nel merito della norma, ma trovo assurdo che noi che abbiamo speso circa un milione di euro per lo sviluppo dell’azienda, raccolto investimenti, lavorato giorno e notte per fare un prodotto nuovo con una tecnologia interamente proprietaria e rischiato con i nostri soldi, avremo lo status di startup innovativa solo a fine settembre-inizio ottobre, quando saremo sul mercato”.

L’amarezza che traspare è tanta: nonostante il progetto stia andando avanti secondo i piani e abbia raccolto un finanziamento di 8 milioni di euro da nomi importanti dell’economia italiana (tra cui Alessandro e Mauro Benetton, Paolo Merloni e l’attuale ceo di Unicredit, Jean Pierre Mustier), la società non può accedere ai vantaggi previsti per le startup innovative. L’impresa, che opererà nel marketplace lending (termine con cui si indicano i portali dove si possono effettuare prestiti online), ha sviluppato una piattaforma digitale attraverso la quale anticiperà le fatture alle Pmi che ne faranno richiesta. I finanziamenti erogati a fronte dei crediti commerciali saranno cartolarizzati e ceduti come prodotti finanziari a investitori istituzionali: per il momento sono quattro i fondi coinvolti.

Secondo il fondatore, si tratta di una piattaforma “più semplice, veloce e flessibile per chi si finanzia, perché non prevede nessuna commissione e permette di fare tutto in digitale, ed è più conveniente anche per chi investe, perché il prodotto ha un rischio basso, di durata finanziaria breve – 3-4 mesi – e con un rendimento più elevato rispetto ad altri portafogli di 3-4 mesi”.

Il rinvio dell’iscrizione sarebbe dovuto, a detta del ceo di InstaPartners, a un’interpretazione del funzionario della Camera di commercio milanese. “Non mi risulta che nella legge che regola l’ingresso al Registro delle startup innovative sia previsto che una società debba già avere clienti e ricavi”, rincara la dose Rocco di Torrepadula. “Tra l’altro, il funzionario in questione è stato anche invitato a venire nella nostra sede a verificare di persona: ci ha risposto che una verifica del genere non era rilevante, contava solo di essere sul mercato. Provate a immaginare: con una norma del genere, Facebook e Google sarebbero entrate nel Registro solo 3-4 anni dopo la loro nascita, perché nei primi periodi non fatturavano un centesimo”.

Il rammarico è forte perché nel frattempo – spiega Rocco di Torrepadula, fino al 2014 senior partner e managing director di Boston Consulting Group in Italia – “essere iscritti al Registro avrebbe dato a nuovi potenziali investitori la certezza di accedere ai benefici previsti per chi investe sulle startup innovative e, solo per fare un esempio, avremmo avuto un trattamento agevolato sulle stock option per i dipendenti, che tra l’altro sono tutti assunti a tempo indeterminato e in tre casi sono talenti rientrati dall’estero”.

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