LA GUIDA

Social distancing: cos’è, vantaggi, consigli utili e come gestirlo con la tecnologia

La pandemia da Covid-19 ha imposto il social distancing, distanziamento sociale tra le persone per evitare il contagio. Ecco come organizzazioni, aziende e negozi si stanno attrezzando per rispettarlo. Utilizzando anche tecnologie e innovazioni digitali

Pubblicato il 15 Mag 2020

Social distancing

L’arrivo della pandemia da coronavirus ha inevitabilmente portato i cittadini di tutto il mondo a dover rivedere abitudini e stili di vita. In assenza di terapie o vaccini specifici, il modo migliore per bloccare la catena di contagi è il “social distancing”, il distanziamento sociale, mantra alla base delle misure restrittive e raccomandazione primaria anche da parte dell’Oms. 

Come funziona questa pratica, e come può la tecnologia aiutarci ad evitare contatti non necessari?

Cos’è il social distancing

Con il termine “social distancing”, generalmente tradotto in italiano come “distanziamento sociale”, ci si riferisce ad un insieme di pratiche volte a contenere il diffondersi di malattie altamente contagiose attraverso il mantenimento di specifiche distanze di sicurezza tra le persone. 

Diventato sempre più importante negli ultimi mesi, il concetto di social distancing non è nuovo: l’”isolamento coatto dei malati” fu introdotto a Venezia già durante l’epidemia di peste nera del 1300. 

Durante la pandemia del nuovo coronavirus diversi Paesi, in tutto il mondo, hanno dovuto adottare misure utili ad assicurare il distanziamento sociale. Tra questi troviamo la chiusura di scuole e uffici (incoraggiando lo smart-working e la didattica a distanza), la sospensione di eventi sportivi e manifestazioni e il blocco o la riduzione del servizio di trasporto pubblico.

Perché serve il social distancing oggi

Con l’aggravarsi della situazione relativa alla pandemia di Covid-19, rispettare le pratiche di social distancing è diventato oggi più importante che mai. 

Uno dei principali problemi relativi al contenimento del coronavirus è dato proprio dalla necessità di limitare le situazioni affollate, che prevedono la presenza di molte persone in un’area chiusa e delimitata: ambienti lavorativi, scuole, eventi sportivi e concerti, stazioni e aeroporti. Improvvisamente, poi, sono diventate fonte di rischio anche le attività di cura della persona che prevedono un contatto ravvicinato: parrucchieri, ma anche estetisti e tatuatori.

L’importanza del social distancing è stata riconosciuta anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che nelle sue linee guida raccomanda di restare ad “almeno 1 metro di distanza”  gli uni dagli altri. 

Vantaggi del social distancing

Dal punto di vista teorico, lo scopo del social distancing è diminuire il “tasso netto di riproduzione”, indicato dal simbolo R0. Durante l’epidemia di coronavirus, il dato è diventato di uso comune sui giornali e in televisione: indica il numero medio di individui che una persona infetta può contagiare nella sua popolazione di riferimento. 

Stando più vicini, ovviamente, il rischio di contagio sale e con questo l’indice R0. L’8 maggio, ad esempio, il tasso netto di riproduzione in Italia era tra 0,5 e 0,7. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, a livello globale l’indice ha raggiunto il valore massimo di 3,8 nelle fasi iniziali dell’epidemia. Significa che ogni persona positiva poteva contagiarne quasi altre quattro.

Il social distancing permette quindi di rallentare la diffusione di virus e infezioni, facendo diminuire anche il numero di pazienti che sviluppano condizioni gravi e, di conseguenza, il tasso di mortalità.

Alcuni consigli utili per mantenere la distanza fisica

In una situazione in cui evitare contatti ravvicinati tra persone è diventato parte di una “nuova normalità”, la tecnologia può essere un alleato fondamentale. Dalle app per il delivery ai termo scanner, le innovazioni nate dalla necessità di mantenere le distanze sono presto diventate fondamentali.

L’Istituto Italiano di Tecnologia, ad esempio, ha lanciato i progetti Social Distancing – che misura automaticamente la distanza interpersonale grazie a videocamere RGB non calibrate – e AI Thermometer, dedicato invece alla misurazione automatica della temperatura corporea. Entrambi i software sono open-source e possono essere utilizzati gratuitamente per fini non commerciali. 

Anche le aziende private si sono attivate per sviluppare progetti utili al mantenimento delle distanze sociali. Un esempio è Smart Proximity, il dispositivo wearable sviluppato da Engineering e pensato per gli ambienti lavorativi più affollati. Un sensore calcola la distanza tra le persone e, in caso di criticità, emette un segnale tramite vibrazione, luce o suono.

Per aiutare i milioni di italiani che tornano sul luogo di lavoro dopo lo stop forzato e la parentesi dello smart working entra in campo anche l’app Take5. Lanciata dalla startup fintech Matipay, permette di prenotare il proprio turno ai distributori di caffè, evitando code e assembramenti e rispettando così le linee guida dettate dall’Inail.

Social distancing, negozi e supermercati

Per limitare le code nei supermercati, che rischiano di allungarsi anche durante la Fase 2, i marchi più conosciuti si sono attrezzati con app personalizzate volte a gestire in maniera più efficiente i propri clienti ed evitare le perdite di tempo: Esselunga con Ufirst, ad esempio, ma anche Coop con CoD@Casa. VarGroup invece ha lanciato il servizio #EntroFacile, che permette di prenotare il proprio ingresso in negozio. 

Amazon, poi, ha deciso di commercializzare la sua tecnologia Just Walk Out, che permette di fare la spesa e uscire dal negozio senza nessun pagamento fisico, creando così punti vendita cashierless

Per quanto riguarda il mondo del retail, la scommessa si indirizza verso il delivery e le modalità di acquisto intelligenti. Innovativa la proposta di Hevolus, PMI pugliese che insieme a Microsoft ha creato l’Augmented store at home di Natuzzi: un negozio “portatile” e digitalizzato, che permette di fare acquisti direttamente da casa evitando quindi i contatti non necessari.

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Laura Loguercio
Laura Loguercio

Primo ho studiato Filosofia, poi ho scoperto il mondo del digitale. Scrivo di società, ma con un occhio per l’innovazione.

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