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Innovazione sociale: che cos’è, come metterla in pratica, gli esempi



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Innovazione sociale significa rispondere ai bisogni della società in modo innovativo: qui un approfondimento su metodologie, player del settore ed esempi 2024 e 2025

Aggiornato il 30 mag 2025



innovazione sociale
Impact investment

L’innovazione sociale punta a rispondere in modo innovativo ai bisogni della società costruendo nuove relazioni tra pubblico, privato e terzo settore. Come modello economico, nella maggior parte dei casi è un ibrido, ovvero una combinazione tra profit e no profit dove contano sia la sostenibilità economica del progetto sia i suoi destinatari. Esistono vari esempi di innovazione sociale, dai progetti di microcredito ideati e promossi dall’economista Premio Nobel per la Pace Muhamad Yunus fino alle tecnologie in grado di aiutare chi è svantaggiato.

Secondo il più recente report del Social Innovation Monitor del Politecnico di Torino, le startup italiane che combinano impatto sociale e ambientale con un modello imprenditoriale sostenibile hanno raggiunto quota 640, in aumento del 9% rispetto all’anno precedente. A livello territoriale, è la Lombardia a confermarsi il principale hub dell’innovazione sociale italiana, con oltre il 40% delle startup a impatto concentrate sul proprio territorio. E a rendere questo ecosistema ancora più interessante è un dato che parla di inclusione reale: nelle startup sociali, la presenza di donne in ruoli di leadership è quasi doppia rispetto alla media delle startup tradizionali (23% contro 13,7%).

Qui approfondiamo la definizione di innovazione sociale, le sue caratteristiche e alcuni case study.

La definizione di innovazione sociale e le sue caratteristiche

Secondo l’Open Book of Social Innovation della Young Foundation e Nesta – National Endowment for science technology and the artist (think tank senza scopo di lucro e non governativo con sede a Londra, focalizzato sull’innovazione sociale per affrontare la disuguaglianza strutturale) la definizione di innovazione sociale fa riferimento a “nuove idee (prodotti, servizi e modelli) che soddisfano bisogni sociali (in modo più efficace delle alternative esistenti) e che allo stesso tempo creano nuove relazioni e nuove collaborazioni”. In pratica, l’innovazione sociale si esprime rispondendo in modo nuovo a bisogni della società emergenti o già presenti e costruendo nuove relazioni tra pubblico, privato e terzo settore.

Più nello specifico, nella definizione si intuisce che l’innovazione sociale è correlata all’analisi del contesto e degli attori di riferimento, oltre che a un buon utilizzo dei beni disponibili (promuovendo più efficienza nell’uso delle risorse e, ove possibile, riduzione del loro utilizzo); genera cambiamento soprattutto nel lungo termine; spesso utilizza tecnologie (anche se non si tratta di componenti necessari e sufficienti) come leve su cui fare forza per promuovere e/o divulgare novità.

Il libro bianco sull’innovazione sociale: metodologie e protagonisti

Il libro bianco sull’innovazione sociale (Open Book of Social Innovation, autori: Geoff Mulgan, Julie Caulier-Grice, Robin Murray) è stato redatto per presentare una serie di metodi, strumenti e pratiche utili alla promozione e al supporto dell’innovazione sociale stessa.

Si tratta di un volume molto pragmatico che inizia definendo quali sono i 6 momenti che caratterizzano l’innovazione sociale (suggerimenti, ispirazioni e diagnosi; proposte e idee; prototipi ed esperimenti; conferme; organizzazione e diffusione e cambiamento del sistema di riferimento) esaminando nello specifico quali metodologie usare per gestire ciascuna di queste fasi.

Sul primo fronte viene evidenziato che le scintille di innovazione possono scaturire da tantissimi aspetti, per fare solo qualche esempio: dal verificarsi di una crisi, dalla necessità di diminuire, per esempio, la spesa in servizi pubblici o di migliorarli; ma anche dall’analisi dei dati raccolti presso gli utenti di una soluzione già adottata, dell’evoluzione tecnologica e così via. Una volta identificato il campo d’azione parte il processo diagnostico, ossia l’acquisizione dei dati necessari ad analizzare i collegamenti tra i fattori che possono spiegare il perché di situazioni che devono essere migliorate.

Si passa a questo punto alla scelta del metodo per ricercare le soluzioni migliori a un certo problema. Il libro bianco sull’innovazione sociale ne illustra svariati: dallo user-led design (partendo dalla consapevolezza che gli utenti sono i migliori soggetti che identificano i loro bisogni) al co-design basato sul Web per coinvolgere più soggetti; dal creative thinking al coinvolgimento dei cittadini attraverso i media. Non manca il riferimento all’Open innovation e cioè alla preziosa opportunità di mettere insieme le idee di persone e organizzazioni attivandosi con Calls for ideas e concorsi per far emergere soluzioni impensate.

Quando si giunge all’idea soddisfacente è necessario testarla, anche in questo caso si può procedere in più modi: con la messa a punto di prototipi, open testing eccetera.

Non è semplice né scontato che una idea superi le precedenti 3 fasi, ma una volta accada è necessario portarla avanti costruendo modelli di business e di governo (che contemplino per esempio un’organizzazione gerarchica o gruppi di lavoro autonomi) che siano sostenibili, quindi raccogliere le risorse di cui si ha bisogno e, a tal proposito, è importante ottenere capitali da realtà che condividano la mission dell’impresa, per non scendere a compromessi sui risultati da raggiungere. In generale, si può procedere con crowd funding, prestito di equità o anche strumenti finanziari quali i Social impact bonds (soluzioni adoperate nel Regno Unito).

Le innovazioni sociali vanno poi fatte crescere e diffuse: spesso succede per emulazione, ma per lo più la loro adozione è determinata da processi di interazione e modificazioni perché una stessa innovazione prenderà forme diverse a seconda di dove è stata innestata. Nel libro ci sono tantissimi esempi di casi in cui l’offerta di una novità ha ispirato le organizzazioni al cambiamento, ma si sottolinea anche l’importanza della diffusione della domanda. Una domanda che può essere sollecitata dalla divulgazione di informazioni per i consumatori (si pensi per esempio alle campagne per il risparmio energetico) così come dal lavoro di gruppi di utenti e movimenti e così via. I governi inoltre rappresentano, o dovrebbero rappresentare, committenti di innovazione sociale.

La fase ultima che caratterizza l’innovazione sociale è il cambiamento dei sistemi di riferimento e questo vale soprattutto per quelle grandi innovazioni che hanno radicalmente trasformato alcuni aspetti del vivere comune. Piattaforme e infrastrutture aiutano a raggiungere questo risultato (si pensi alle reti, alla costruzione di grandi database per condividere informazioni eccetera), ma concorrono anche la formazione e il coinvolgimento del grande pubblico e la spinta normativa.

I protagonisti che ruotano attorno a queste fasi e vi fanno da sfondo sono le persone, le organizzazioni e gli spazi che consentono di portare avanti l’innovazione in questo ambito.

A tutto questo è dedicata l’ampia parte centrale del libro bianco sull’innovazione sociale che, sul primo fronte, spiega l’utilità degli intermediari e di una serie di figure che consentono (inclusi i connettori sociali) di trasferire le novità alla collettività. Si tratta di individui, o reti di individui o organizzazioni che presentano le idee emergenti oltre che agli utenti ai buyers. Si fa riferimento poi ai Cacciatori di innovazioni (si occupano di scoprire le innovazioni che possono essere adottate o replicate nella propria realtà); ai paladini dell’innovazione, per lo più consulenti; agli imprenditori sociali che lavorano in grandi realtà per sviluppare soluzioni pratiche in risposta a sfide sociali e, ancora, agli imprenditori sociali in residence, cioè chiamati appositamente per sviluppare potenzialità.

Nel volume, tra gli altri attori, si parla anche di squadre per l’innovazione, ovvero quelle realtà che incoraggiano la collaborazione tra diverse organizzazioni e che sono particolarmente utili soprattutto se sono multidisciplinari.

A fare la loro parte per supportare l’innovazione e fungere da elemento di raccordo tra le varie figure in gioco, devono essere i Centri per l’innovazione, ossia spazi di aggregazione dove poter mettere a fattore comune le competenze, e le istituzioni. Esempi di centri che mettono a fattor comune le competenze sono il CAN Mezzanine nel Regno Unito, il Social Fusion negli Stati Uniti e Hub che è presente in 12 città di 4 continenti oppure il Centre for Social Innovation (CSI) un’impresa sociale con lo scopo di catalizzare l’innovazione sociale nella sua base di Toronto e nel mondo, ma anche realtà più piccole. Esempi di istituzioni che fanno innovazione sociale sono: il Department for Business, Innovation and Skills (BIS) nel Regno Unito, oppure l’Office of Social Innovation (OSI) alla Casa Bianca, così come il NESTA stesso o il Sitra in Finlandia.

Profit o non profit?

È importante sottolineare che l’innovazione sociale di per sé non è legata al concetto di profitto, ossia è possibile che nasca nel contesto di una impresa commerciale, ma anche in una cooperativa o in un’associazione senza fini di lucro.

D’altra parte, la sostenibilità economica diventa importante man mano che i nuovi progetti/soluzioni vengono adottati e comunque devono essere sviluppati e arricchiti.

Gli studiosi e gli osservatori di mercato si esprimono in maniera discordante sul fatto che l’impresa faccia innovazione sociale: da un lato è evidente che i servizi di interesse generale possano essere gestiti e innovati anche da imprese private, d’altra parte si ricorda che le organizzazioni commerciali per loro stessa natura hanno la finalità di assicurare il massimo profitto. E questo non sempre coincide con il sostegno di un’innovazione sociale. La sintesi delle diverse posizioni continua a essere oggetto di dibattito e approfondimento.

Nel libro bianco dell’innovazione sociale si sottolinea, in ogni caso, che l’economia sociale si muove attraverso tutte le 4 sub economie: quella di mercato, dello stato, delle sovvenzioni e delle famiglie. Ciascuna di esse ha ritmi e logiche diverse, strutture di controllo e regole di allocazione ma il tutto deve essere ricondotto, se si vuole parlare di innovazione sociale, a obiettivi sociali, per l’appunto, e a principi di etica e reciprocità. L’economia sociale viene allora illustrata come un ibrido, che va oltre i confini delle 4 sub economie; basti pensare alle imprese sociali che attraggono il supporto del volontariato, alle imprese private che accedono alle sovvenzioni e via di questo passo.

Esistono, d’altro canto, realtà che fanno del proprio business una combinazione tra profit e no profit, è il caso di MBS Consulting, la società di consulenza del Gruppo Cerved che nel contesto della propria strategia dichiara che “ogni iniziativa di advisory per creare valore aggiunto sostenibile nel tempo debba ricercare il corretto equilibrio tra tutti gli interessi in gioco”.

Social innovation, gli esempi di progetti innovativi

Economia circolare, agritech, imprenditoria femminile sono solo alcuni dei campi in cui si può mettere in pratica l’innovazione sociale usando strumenti quali il digitale, l’intelligenza artificiale, il machine learning.

In effetti gli esempi di innovazione sociale sono tantissimi e toccano vari ambiti, è impensabile riuscire a toccarli tutti. Tra i più conosciuti vi è quella del microcredito (piccoli prestiti erogati anche a persone che si trovano in difficoltà economica) grazie alla quale il suo ideatore Muhamad Yunus, nel 2006 ha vinto il premio Nobel per la pace.

Esistono realtà nate per aiutare persone vicine, addirittura il proprio figlio come nel caso del tablet (o meglio un insieme di app) per fare studiare bambini dislessici progettato e realizzato da un papà che ha sperimentato le difficoltà di studio nella sua stessa famiglia (Editouch ). Nel campo dell’edutech inclusivo, emergono oggi startup come Kibi, piattaforma di apprendimento adattivo per DSA (disturbi specifici dell’apprendimento), basata su AI e gamification, già adottata in diverse scuole italiane.

Del resto, vi sono tantissime applicazioni tecnologiche che rispondono a esigenze particolari di persone con problemi e disabilità: per esempio Neurabook, una startup italiana, ha sviluppato un’applicazione di intelligenza artificiale per supportare la comunicazione aumentativa di bambini autistici. Invece Ivo è un robot che permette a bambini e ragazzi in ospedale di seguire le lezioni in classe e interagire con gli insegnanti. Tecnologie simili sono adottate in diversi ospedali pediatrici grazie a soluzioni come ZenoBot, una piattaforma di robotica educativa e telepresenza che connette bambini ospedalizzati con la vita scolastica e sociale

La diffusione dei wearable device e la costante evoluzione delle loro potenzialità grazie ai tanti dati che sono in grado di raccogliere, per esempio sui segnali fisiologici, aprono l’orizzonte a tantissime applicazioni: è il caso di Empatica che ha lanciato un dispositivo che supporta chi soffre di epilessia perché invia immediatamente la richiesta di soccorsi in caso di crisi convulsiva. Nel 2024 Empatica ha lanciato il nuovo EmbracePlus, un dispositivo clinicamente validato per monitorare in tempo reale sintomi di stress, epilessia, e Covid long-term, utilizzato anche in ambito medico e militare.

Passando a tutt’altro settore, OpenDemanio rappresenta un esempio di innovazione sociale nelle istituzioni pubbliche ed è il portale pensato per dare informazioni sugli immobili gestiti dall’Agenzia del Demanio: “Cittadini, associazioni Enti Territoriali e imprenditori possono avere informazioni sempre aggiornate sui beni dello Stato e diventare promotori di progetti di investimento, recupero e riuso” recita il portale stesso. Accanto a OpenDemanio, si è affermata Monithon, iniziativa di monitoraggio civico che permette ai cittadini di verificare come vengono spesi i fondi pubblici, in particolare quelli del PNRR.

Un’iniziativa di innovazione sociale dai ragazzi per i ragazzi è quella di PC4U.tech. Il progetto è nato da quattro ragazzi milanesi che, in piena pandemia e con le scuole alle prese con la didattica a distanza, hanno deciso di darsi da fare per donare pc e tablet ricondizionati a studenti della provincia di Milano che non ne disponevano. Per sostenersi, il team ha utilizzato una campagna di crowdfunding su produzionidalbasso.it. Durante e dopo la pandemia sono nate iniziative come Digitali per Natura di Legambiente e Huawei, che mira a ridurre il digital divide attraverso la distribuzione di device e formazione nelle aree interne italiane

Proprio Produzioni dal basso è una storica piattaforma che fa raccolta fondi online e innovazione sociale con lo scopo di “fornire servizi per la creazione di nuove comunità economiche per iniziative con un impatto positivo in ambito sociale, culturale e ambientale”. Nel 2024 ha ospitato oltre 1.200 campagne di crowdfunding a impatto, confermandosi tra i principali hub italiani per progetti civici, culturali e ambientali.

In conclusione, uno sguardo all’innovazione sociale finalizzata al recupero di situazioni difficili, è il caso di Fondazione Comunità San Gennaro che propone una piattaforma che include una serie di iniziative, dalla raccolta fondi, all’offerta di progetti per valorizzare il patrimonio e artistico e storico del Rione Sanità di Napoli, con il fine ultimo per promuovere una trasformazione dall’interno di un’area caratterizzata da una serie di problematiche. Nel 2025 la Fondazione è diventata un caso-studio europeo di rigenerazione urbana guidata dal basso, grazie a progetti come ‘Officine San Gennaro’, hub per l’artigianato e l’imprenditorialità giovanile nel Rione Sanità.

Innovazione sociale: le startup in Italia nel 2024

In Italia, il panorama delle startup a significativo impatto sociale e ambientale ha mostrato una crescita notevole nel 2024, nonostante un contesto economico generale sfavorevole.

Secondo il report 2024 del Social Innovation Monitor (SIM) del Politecnico di Torino, il numero di startup innovative con un impatto sociale e ambientale significativo è aumentato del 9% rispetto all’anno precedente, raggiungendo le 640 unità. Queste startup includono quelle con qualifiche ufficiali come Società Benefit, B Corp e Startup Innovative a Vocazione Sociale (SIaVS).

(L’articolo è stato aggiornato al 30/05/2025)

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