Business angel, gli investimenti non tornano

Solo nel 10% dei casi c’è stato un disinvestimento e una volta su due con una perdita. Per questo gli “investitori formali” hanno ridotto l’impegno di capitali. La fotografia integrale presentata in occasione della Convention annuale di IBAN, nel corso della quale è stato premiato il business angel dell’anno: Marco Bicocchi Pichi

Pubblicato il 17 Giu 2014

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Paolo Anselmo, presidente di IBAN

I business angel sono in fase riflessiva, forse perché raramente gli investimenti tornano, vista la bassa percentuale di vendite e l’alta frequenza di perdite. Nel 2013 hanno puntato sulle startup poco più di 30 milioni di euro, meno dei due anni precedenti quando era stato toccato il picco di quasi 35milioni. Il dato emerge, preoccupante, dalla Survey IBAN 2013, l’indagine che da oltre 10 anni scatta la fotografia dell’angel investing in collaborazione con il professore Vincenzo Capizzi della SDA Bocconi, che è stata presentata in occasione della Convention annuale dell’associazione presieduta da Paolo Anselmo. “Ci si augura che i miglioramenti dello scenario complessivo permettano ancora ampi margini di diffusione e incremento in Italia del fenomeno dell’angel investing, ancora marginale rispetto ad analoghi paesi europei”, è l’auspicio di Anselmo. Nel corso dell’incontro sono stati consegnati i premi Business angel of the year (BAY) a Marco Biocchi Pichi, investitore e imprenditore seriale con un passato nella consulenza; Club Investing of The Year (CIY) a SAMBA, e Corporate Venturing a Gruppo Pozzoni per l’investimento in Memeoirs.

Marco Bicocchi Pichi, business angel dell'anno

Qui si può leggere la presentazione integrale del professor Capizzi, con tutte le tabelle della ricerca

Per il 2013, il campione è stato di 246 Business Angel, per un totale di 324 operazioni censite, costituito da una parte rilevante di risposte aggregate (proveniente dai BAN e dai Club di Angels), mostrando il costante sviluppo degli investimenti in sindacati di Angels (cordate). Dalla ricerca emerge che il tipico Business Angel italiano è un uomo di 40-50 anni, laureato, affiliato a IBAN, a uno dei BAN territoriali, o a un Club d’investitori nel Nord Italia; solitamente si tratta di un imprenditore con un passato da manager e un patrimonio inferiore ai 2.000.000 di euro, di cui meno del 10% dedicato ad angel investment.

Il mercato italiano dell’informal venture capital è in continua crescita e nel 2013 ha fatto registrare operazioni per un totale di € 31.857.000: nel 2013 sono stati censiti 324 investimenti, di cui l’84% è stato finalizzato all’acquisto di equity, l’11% al finanziamento soci e il 5% come garanzia bancaria. Il 68% degli investimenti è stato di importo inferiore ai 100.000 euro. Il 46% dei Business Angel ha effettuato investimenti da solo, mentre il 31% ha coinvestito con 8 o più Business Angel (dato in linea con gli anni precedenti); il 74% degli investitori possiede meno del 15% del capitale sociale dell’impresa finanziata; il 35% degli investimenti ha avuto come target un’impresa con fatturato nullo e nella maggior parte dei casi si tratta di imprese con sede nel Nord Italia.

I principali criteri presi in considerazione al momento della valutazione del progetto imprenditoriale sono la crescita potenziale del mercato di riferimento, le qualità del team di manager e le caratteristiche del prodotto/servizio. Il settore che ha beneficiato maggiormente dei finanziamenti dei Business Angel italiani è stato l’ICT, seguito dal media&entertainment e dal medtech.

Solo il 10% del campione ha dichiarato di aver portato a termine almeno un disinvestimento nel 2013, per un totale di 19. I settori col maggior numero di disinvestimenti sono stati l’ICT e il cleantech. La metà dei disinvestimenti ha comportato una perdita o un recupero del solo capitale investito, mentre il 14% ha ottenuto una redditività superiore al 50%.

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