OPEN WORLD

Open Innovation in Italia, il bicchiere è mezzo pieno: due le cose che ancora mancano

Sempre più aziende fanno open innovation in Italia. Ma ci sono ancora due ambiti di miglioramento. C’è da stare al passo, perché strumenti e modelli cambiano velocemente. E bisogna fare scouting internazionale, perché l’ecosistema italiano delle startup è ancora eccellente. Il rischio? Partire con abiti vecchi e fallire…

Pubblicato il 27 Apr 2021

Italia, innovazione

Open Innovation in Italia. Il bicchiere si sta decisamente (e finalmente) riempendo. Il mondo delle aziende italiane sembra aver rotto gli indugi. La quasi totalità delle grandi aziende e un numero crescente di aziende di media dimensione oggi dichiarano di fare open innovation e, in qualche misura, sono passate dalle parole ai fatti.

Ma c’è una parte ancora da riempire del bicchiere dell’open innovation in Italia. Vedo due ambiti di miglioramento (rectius riempimento).

Open innovation in Italia, c’è da stare al passo

L’arena dell’open innovation è in continua rapidissima evoluzione (sotto il framework che a Mind the Bridge utilizziamo e aggiorniamo ogni sei mesi). Strumenti che fino a qualche hanno fa erano riferimenti indiscussi ora non lo sono più (caso emblematico sono gli acceleratori che a livello internazionale sono stati o abbandonati o totalmente ridisegnati).

Nuovi modelli sono in fase di sperimentazione avanzata (come ad esempio venture builder, startup studios), mentre iniziative non necessariamente “recenti” (come i programmi di intrapreneurship) sono oggetto di profondo rinnovamento e stanno aprendosi alle startup.

Ma dalle nostre parti ancora in pochi guardano fuori dalla finestra (ossia a cosa stanno facendo gli innovation leader internazionali) e si tende ad imitare cosa fa il vicino (che, salvo rari casi, è appena partito). Con la conseguenza che molte aziende si affacciano all’open innovation con vestiti vecchi, modelli datati. Ergo buttando spesso via soldi e tempo e producendo pochi risultati (per sé e per le startup).

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Bisogna guardare oltre frontiera per lo scouting di startup

Purtroppo l’Italia delle startup non eccelle (vero, sta migliorando, ma anche il resto del mondo lo fa e le distanze restano siderali. Per chi non ci credesse sotto vi lascio un po’ di dati).

Quindi per le aziende italiane è alquanto improbabile trovare l’innovazione sotto casa. Se vogliono trovare soluzioni di qualità e pronte per essere adottate, le nostre imprese devono di necessità guardare ai principali ecosistemi (Silicon Valley e Israele in primis, ma anche altre aree degli Stati Uniti, Cina, Sud Corea, Dubai, alcune tech city europee, …).

Strategie di open innovation a portata locale purtroppo non sono efficaci. E le cose poco efficaci dopo breve tempo vengono dismesse. Quindi è fondamentale affiancarle con attività di scouting internazionale capaci di produrre risultati (quick wins) che diano tempo alle iniziative locali di prendere piede.

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Nel tentativo di riempiere questo bicchiere mezzo pieno Mind the Briges ha deciso con SMAU di rilanciare l’Open Innovation Outlook 2022. Qui il link per accedere alla survey (richiede quindici minuti).

Perché mai farla? Buona domanda in un periodo storico ove siamo bombardati da richieste simili.

  1. La survey riassume la metodologia che a Mind the Bridge utilizziamo per analizzare come le principali aziende internazionali si confrontano con le diverse aree dell’open innovation. Quindi è un buon esercizio per le aziende per confrontarsi in modo strutturato su questo tema.
  2. Aggregheremo i dati di tutte le risposte e diffonderemo i risultati (in modo aggregato e anonimo) ad ottobre all’apertura di SMAU Milano. Così restituiremo all’Italia una fotografia oggettiva ed aggiornata che serve a tutti.
  3. Le aziende che compileranno la survey riceveranno (in via ovviamente riservata e a gratis) un report di assessment con benchmarking, suggerimenti e raccomandazioni.

Quindi, perché no? Ci vediamo il 12 ottobre da SMAU.

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Alberto Onetti
Alberto Onetti

Chairman (di Mind the Bridge), Professore (di Entrepreneurship all’Università dell’Insubria) e imprenditore seriale (Funambol la mia ultima avventura). Geneticamente curioso e affascinato dalle cose complicate.

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