Start up

Tutti i fattori che ancora frenano le donne

Le tech entrepreneurs sono ancora poche a causa di stereotipi e fattori fisiologici. Eppure le società tecnologiche con una guida femminile sono più capital efficient e registrano fatturati del 12% superiori rispetto a quelle gestite dagli uomini

Pubblicato il 11 Lug 2013

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Anna Sargian è managing director di Girls in Tech Italy

Ultimamente si parla molto di quote rosa ed è stato sollevato l’argomento di come sia giunta l’ora che le donne abbiano spazio ed accesso alle alte cariche e alle posizioni prestigiose sia nella politica che nel mondo industriale. Ognuno nel proprio settore ha iniziato a fare i conti con le basse percentuali femminili che si registrano nel nostro Paese e inevitabilmente anche nel mondo startup Italiano.

Una survey di Mind The Bridge del 2012 ha evidenziato che appena l’11% degli startupper italiani sono donne (dato nazionale). Se può essere di conforto, i dati US e mondiali non sono molto diversi. In Silicon Valley le tech entrepreneurs sono il 10% e a NY che è la citta americana e mondiale con la percentuale più alta si registra un 18% (fonte report Startup Genome). A Londra sono il 9% a Parigi il 7% e a Berlino il 3%.
Questi dati mettono chiaramente in luce una scarsa propensione delle donne a farsi avanti nel mondo imprenditoriale tecnologico. Capirne le cause non è semplice: Sheryl Sandberg nel suo libro “Lean In” affronta la questione “donna e carriera” e molte delle cause che lei attribuisce alla difficoltà nel farsi avanti nel mondo professionale da parte delle donne, possono spiegare la bassa densità femminile anche nel mondo imprenditoriale tecnologico.

Il fattore fisiologico è indubbio e madre natura ha una parte di responsabilità, ma non sufficiente per poter dichiarare che le donne non sono adatte a portare avanti e gestire un’organizzazione. La COO di Facebook scrive che gli stereotipi di genere vengono inculcati nelle menti delle bambine sin dai primi anni di vita affermando che “nella nostra società il voler far carriera non è cosa positiva se associata ad una donna ,e l’aggettivo ambiziosa viene conferito con accezione negativa”.

Gli stereotipi portano inevitabilmente le donne ad allontanarsi da tutto ciò che può essere competitivo perché spesso la convinzione di non essere all’altezza prevale sul desiderio di raggiungere i propri obiettivi. La stessa Sheryl racconta di come si sentì imbarazzata quando nel 2011 Forbes la incluse nella sua lista delle 100 donne più potenti del mondo al quinto posto: “mi sentivo imbarazzata e smascherata” e ammise di aver fatto rimuovere i link della classifica dalla bacheca di facebook dei suoi amici e familiari.
Stando ai fatti e dimenticandoci per un attimo che le donne non hanno le capacità e i requisiti adatti per fare startup, una ricerca condotta da Women 2.0 in US ha evidenziato che le società tecnologiche non quotate guidate dalle donne sono più capital efficient, hanno un ROI del 35% più alto e quando finanziate da venture capitalist registrano fatturati del 12% superiori rispetto alle società detenute e gestite da soli uomini. (report Women 2.0).

Anna Sargian è managing director di Girls in Tech Italy

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