Tecnologia solidale

Talking Hands, il dispositivo che fa parlare i sordi

Permettere ai non udenti di esprimersi con la parola è un esempio di quella che si può definire “tecnologia solidale”. E potrà diventare realtà grazie a un dispositivo indossabile sulle mani, in grado di tradurre in voce la lingua dei segni (LIS) usata dalle persone sordomute. Il progetto ha vinto il Roma Prize alla Maker Faire di Roma

Pubblicato il 11 Nov 2016

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Far parlare i sordi. Un miracolo? No. Un pezzo di racconto di un libro di fantascienza? No. Un sogno? No. Far parlare i sordi è un esempio di quella che definisco “tecnologia solidale” e a breve sarà un prodotto disponibile per chi ne ha bisogno.

Sto parlando di un dispositivo indossabile sulle mani, in grado di tradurre in voce la lingua dei segni (LIS) usata dalle persone sordomute. Il dispositivo rileva i movimenti delle mani e traduce il linguaggio dei segni in un testo. Questo testo viene trasferito a uno smartphone che a sua volta lo legge dai suoi altoparlanti. In questo modo una persona sorda che conosca il linguaggio dei segni potrà parlare con tutti.

L’idea è di Francesco Pezzuoli. Assieme a Dario Corona, Simonetta Boria e Simone Sileoni l’ha tramutata in realtà. Tutti insieme, con il loro disposivito Talking Hands, hanno partecipato all’edizione 2016 della Maker Faire di Roma, dove hanno vinto il contest Make to Care, promosso da Sanofi Genzyme con Maker Faire European Edition.

La giuria internazionale, composta da Neil Gershenfeld, fondatore del Centre for Bits & Atoms dell’Istituto di Tecnologia del Massachusett, Bruce Sterling, autore di fantascienza, e Simona Maschi, direttore dell’Istituto di Interaction Design di Copenaghen, ha valutato i partecipanti al contest in base a due parametri: l’impatto sociale dell’idea proposta e la sostenibilità economica. Risultato, 100.000 euro di premio assegnati a Talking Hands. Ora Pezzuoli e il suo team potranno mandare in produzione il loro dispositivo… e le persone sorde iniziare a parlare.

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