Equity crowdfunding, come scambiare le quote delle startup a costo zero

Fabrizio Barini, head of business development di Intermonte Sim, spiega a EconomyUp perché in Italia la raccolta di capitali online in Italia è destinata a crescere e in che modo le nuove norme favoriscono la nascita di un mercato secondario, che potrebbe ridurre l’illiquidità legata a questo tipo di investimenti

Pubblicato il 24 Giu 2016

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Fabrizio Barini, head of business development di Intermonte Sim

Far crescere l’equity crowdfunding in Italia attraverso la creazione di un mercato secondario per le quote delle società finanziate sulle piattaforme. Secondo l’investment bank indipendente Intermonte l’obiettivo è a portata di mano: nel giro di tre anni, prevedono dalla sim, con il perdurare dell’incertezza e dei bassi tassi di interesse sui mercati finanziari, nel nostro Paese si potrebbe arrivare a uno scenario in cui gli investitori attivi sui portali di equity crowdfunding saranno circa un milione (contro i soli 600 di oggi) e le risorse raccolte attraverso le piattaforme si aggireranno intorno ai 100 milioni di euro (contro i circa 6 milioni investiti finora).

EconomyUp ha intervistato Fabrizio Barini, head of business development di Intermonte Sim, per capire in che modo si potrebbe creare un mercato secondario a costi bassi (o addirittura a zero spese per gli investitori) che agevoli la crescita dell’equity crowdfunding.

Cosa è cambiato per l’equity crowdfunding con l’introduzione delle nuove norme e dei nuovi regolamenti?
Le nuove regole approvate dalla Consob hanno semplificato moltissimo le cose. Prima di tutto, hanno dato la possibilità ai portali di fare le verifiche online sulle conoscenze degli investitori evitando che questi ultimi fossero obbligati a rivolgersi di persona a una banca o a una sim per compilare il questionario Mifid: si tratta di un enorme risparmio di tempo. Inoltre, le nuove norme nel Testo Unico della Finanza prevedono che le operazioni legate all’investimento possano essere gestite completamente in formato elettronico e che le quote di startup e Pmi innovative possano essere anche intestate fiduciariamente a un intermediario, agevolando così lo scambio di quote tra investitori.

L’obiettivo è creare un mercato secondario di quote di startup e Pmi acquistate sui portali di equity crowdfunding. Come si può arrivare a questo risultato concretamente?
Uso un’immagine, per comodità, ma basandomi sui dati reali. Se in Italia tutti i progetti di equity crowdfunding fossero stati promossi e conclusi su un unico portale, questa piattaforma avrebbe raccolto circa 6 milioni da circa 600 investitori. Immaginiamo ancora che tutti gli investitori avessero optato per intestare fiduciariamente a un solo intermediario le proprie quote. A quest’ora, ci sarebbe una ‘piazza’ virtuale con 600 persone che potrebbero scambiarsi le quote a costi bassissimi, senza dover pagare un notaio per siglare le transazioni e senza dover comunicare al Registro delle imprese il cambio di intestazione delle quote.

Quanto si risparmierebbe in questo modo?
Mettendo insieme parcella del notaio e oneri fiscali connessi, per ogni transazione si spendono circa 500 euro. Aprire un portafoglio presso un intermediario e intestare fiduciariamente costa invece una decina di euro, e la transazione è gratuita. Nel caso di Intermonte, chi acquista delle quote di startup o Pmi sulla piattaforma EquityStartup, con cui abbiamo stipulato una partnership, e opta per intestarle fiduciariamente a noi, non paga assolutamente niente perché la commissione sarebbe a carico della startup.

Quindi starebbe all’intermediario occuparsi di tutte le operazioni burocratiche…
Se un investitore che ha acquistato delle quote di una startup su un portale connesso a un intermediario, è il caso per il momento di EquityStartup con noi di Intermonte Sim, sceglie l’intestazione fiduciaria, toccherà alla sim tenere un registro dei nominativi di coloro che hanno aderito all’offerta, annotare la titolarità delle quote qualora dovesse cambiare e comunicare ogni modifica al Registro delle imprese.

Ma la possibilità di fare le operazioni online e di intestare a un intermediario le quote acquistate basta a creare un mercato secondario in cui si riduca il rischio di illiquidità legato al possesso delle quote?
Il mercato, di fatto, deve ancora nascere, visto che le prime operazioni avvengono in questi giorni. Gli investitori sono ancora pochi. È naturale che non si tratta ancora di un mercato liquido. Una volta che avremo raccolto una massa critica intorno a quest’opportunità, capiremo come favorire le transazioni. Tuttavia, dal punto di vista burocratico e operativo già oggi è tutto più semplice e snello. Se due investitori vogliano scambiarsi una quota, non devono che inviarci un’email e pensiamo noi ad annotare il trasferimento. Domani, se il mercato secondario dovesse crescere, potremmo fare in modo che la comunicazione dei trasferimenti di quote avvenga direttamente attraverso un modulo online.

In che modo si può stimolare la crescita di questo mercato?
L’azione principale è garantire il successo delle operazioni di collocamento. Fare in modo quindi che le campagne vadano a buon fine e che gli investimenti ci siano. È questo che spinge gli investitori a diversificare anche attraverso questo canale. Noi, attraverso Websim, produrremo analisi e informazioni sia durante la fase di offerta che dopo per invogliare all’investimento e favorire gli scambi.

Quali sono al momento le esperienze di riferimento all’estero che fanno credere che questo modello possa avere successo anche in Italia?
Basta menzionare qualche numero. Nel 2015 su SecondMarket, la piattaforma americana acquistata da Nasdaq su cui si scambiano le quote di startup, sono state effettuate transazioni per 1,6 miliardi di dollari, con una crescita su base annua del 33%. Inoltre, il mercato dell’equity crowdfunding in Europa sta crescendo un po’ ovunque. Nel Regno Unito sono stati raccolti sui portali 245 milioni di euro, in Francia oltre 50, in Spagna 10,7. Anche in Italia, nonostante l’arretratezza del sistema finanziario, con le nuove norme le potenzialità per crescere ci sono.

Voi cercherete di convincere gli investitori. E chi si occuperà di spingere le aziende a usare l’equity crowdfunding?
Quello è un compito dei portali. Noi adesso abbiamo appunto stretto una partnership con EquityStartup, che, essendo emanazione di un soggetto vigilato come AscomFidi Nord-Ovest, può effettuare varie attività che altri portali non possono fare. Ma Intermonte non è azionista del portale. E se il nostro progetto dovesse funzionare, potremmo proporci anche ad altre piattaforme. Così come altre piattaforme potrebbero scegliere di allearsi con un intermediario e proporre il medesimo servizio. Noi, nel frattempo, avremmo però il vantaggio competitivo di essere partiti prima.

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