ECOSISTEMA

Polihub, come un incubatore può favorire la crescita di startup culturali

“Diversi progetti nel settore dei beni culturali soffrono di modelli di business non sostenibili o non sfruttano appieno le attuali tecnologie” dice Stefano Mainetti, CEO dell’incubatore della Fondazione Politecnico di Milano. Che con la sua esperienza può essere la culla anche per imprese innovative della cultura

Pubblicato il 11 Set 2018

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Spesso le imprese che nascono nell’ambito dei beni culturali in Italia non sono business sostenibili o non sfruttano pienamente l’opportunità offerta dalle nuove tecnologie. Per questo può essere utile, per un team con un’idea in questo campo, passare attraverso l’esperienza di un incubatore. Per esempio il Polihub, l’incubatore gestito dalla Fondazione Politecnico di Milano, che da anni coltiva talenti imprenditoriali impegnati nelle attività più disparate.

ITALIA: POCHI INVESTIMENTI IN STARTUP E SCARSA ATTITUDINE ALL’IMPRENDITORIA

Ad oggi in Italia le startup innovative sono quasi 10 mila (9619 secondo i dati Infocamere del secondo trimestre 2018), coinvolgono più di 45mila persone e fatturano complessivamente oltre 760 milioni di euro (dati: Ministero dello Sviluppo economico). Ma i finanziamenti all’ecosistema continuano a rimanere incredibilmente bassi. Complessivamente gli investimenti pubblici in startup in Italia, nel 2017, sono rimasti fermi intorno ai 100 milioni di euro, laddove nella vicina Francia, l’anno scorso, sono stati messi sul piatto 2 miliardi. Per non parlare della Gran Bretagna, tuttora regina europea della startup, o anche di Germania e Spagna, che comunque investono molto più di noi nelle giovani realtà imprenditoriali innovative. D’altra parte nel nostro Paese esiste anche un problema di attitudine all’imprenditorialità. Secondo una ricerca di University2Business, società del Gruppo Digital360, tra gli universitari c’è una certa attitudine a fare impresa – il 27% ha avuto almeno un’idea di business – ma poi, concretamente, i giovani non sanno cosa fare per avviarla.

Ma quali sono gli strumenti, le competenze e il metodo di lavoro per far emergere i talenti imprenditoriali? Un luogo ideale per trovare risposte concrete è il Polihub, l’incubatore gestito dalla Fondazione Politecnico di Milano.

COME È NATO POLIHUB

Il Politecnico di Milano, tra i primi in Italia, ha sentito l’esigenza di creare una realtà in grado di ospitare e far crescere giovani imprese ad alto contenuto tecnologico, capaci di trasformare i risultati della ricerca scientifica in applicazioni industriali. PoliHub nasce infatti dall’esperienza pluriennale dell’Acceleratore d’Impresa, creato nel 2000 grazie al contributo di importanti strutture pubbliche e private, tra le quali il Comune di Milano. Di particolare successo sono state alcune esperienze quali FluidMesh, Laserbiomed, Neptuny, ResTech, Telerilevamento Europa e, più di recente, Empatica e FABtotum.

LA MISSIONE DI POLIHUB

PoliHub nasce con lo scopo di supportare le startup altamente innovative con modelli di business scalabili, incentivando gli scambi reciproci tra l’accademia, le diverse startup e le aziende attente all’innovazione. Il lavoro compiuto in questi anni da Polihub è stato riconosciuto e apprezzato a livello internazionale. Quest’anno l’incubatore si è piazzato al terzo posto nella classifica mondiale dei migliori incubatori del mondo che ogni anno viene stilata da UBI Global, associazione svedese indipendente. Il riconoscimento è arrivato in occasione dell’Incubation World Summit di Toronto.

In questo video Stefano Mainetti, CEO del Polihub, spiega qual è stato il percorso che ha portato a questo risultato.

Mainetti: “Così il Polihub è diventato il terzo incubatore universitario al mondo”

IL POLIHUB E LE STARTUP CULTURALI

Il Polihub si occupa di startup altamente innovative. In questo ambito rientrano anche le startup che, in ambito culturale, lavorano per coniugare tecnologia e mondo dei musei, dell’arte e del turismo. Alle startup culturali, per esempio, è rivolta Idee Vincenti, la call di Lottomatica: un tentativo di selezionare e aiutare a crescere le giovani società innovative che operano in questo settore.

Purtroppo però c’è ancora molta strada da fare per introdurre l’innovazione digitale nei beni culturali in Italia. Il 27% dei quasi 5000 musei italiani non offre al pubblico alcun servizio digitale di supporto alla visita in loco, ma neppure un servizio online come un sito web o un account social (fonte: Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali del Politecnico di Milano).

A maggior ragione c’è spazio per chi ha idee imprenditoriali innovative. E un incubatore qualificato come il Polihub può essere il luogo giusto per sviluppare questo genere di proposte.

“PoliHub è alla ricerca di progetti imprenditoriali tecnologicamente innovativi e ad alto potenziale di business per metterli nelle migliori condizioni per avere successo” dice Stefano Mainetti, CEO del Polihub. “Grazie alle competenze del Politecnico di Milano e al nostro network di mentor, esperti, imprenditori di successo e aziende sensibili ai temi dell’innovazione – prosegue – siamo in grado di accompagnare i progetti d’impresa in maniera sostenibile verso il mercato. Diverse iniziative imprenditoriali operanti nel settore dei beni e delle attività culturali soffrono spesso di modelli di business che non sono opportunamente sostenibili o non sfruttano appieno le opportunità che le attuali tecnologie oggi offrono. Idee Vincenti, grazie al suo programma ad hoc di scouting tecnologico e di supporto ai team imprenditoriali, rappresenta quindi una interessante opportunità per progetti ed imprese che mirano ad innovare questo settore valorizzando l’unicità del patrimonio culturale dell’Italia nel mondo“.

STARTUP CULTURALI: LE BEST PRACTICE IN ITALIA

Qualche buona pratica a cui ispirarsi c’è già. L’Osservatorio per l’Innovazione Digitale nei Beni Culturali ha contato in Italia 67 startup del turismo, 78 del turismo culturale e 27 dell’arte. Fonti di ispirazione possono essere le startup che già collaborano con istituzioni ed enti culturali. Per esempio Invisible Studio, basata a Londra ma costituita da italiani, ha realizzato un chatbot game per le Case Museo di Milano, voluto dal Museo Poldi Pezzoli. Il chatbot consente nell’utilizzare Facebook Messenger per una sorta di caccia al tesoro: in pratica i ragazzi giocano mentre visitano il museo. Un altro caso di digitalizzazione nei musei riguarda il Museo Nazionale del Cinema di Torino, che ha utilizzato le tecnologie digitali per consentire ai visitatori di adottare percorsi personalizzati e condividere e ampliare la propria esperienza anche prima e dopo la visita.

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