La mobilitazione

Sciopero scuola #5maggio: caro Renzi, ecco 5 buoni esempi da imitare

Nel giorno in cui gli insegnanti scendono in piazza per protestare contro la riforma del premier, EconomyUp propone alcune best practice: dalla stampa 3D in un liceo di Bologna all’istruzione online personalizzata negli istituti pubblici in California. Che dimostrano che cambiare è possibile

Pubblicato il 05 Mag 2015

matteo-renzi-140303160051

Matteo Renzi

Decine di migliaia di persone sono scese oggi in piazza in tutta Italia per protestare contro la riforma della scuola del governo Renzi, per uno sciopero generale che alcuni sindacalisti hanno definito “il più grande di sempre”. D’altra parte il premier ha sempre detto che scuola e innovazione sono due temi particolarmente cari al suo governo. Gli esempi concreti, però, sono importanti più delle parole. Ecco perché EconomyUp ha scelto di segnalare alcune best practice in uso in alcune scuole: punti di riferimento da cui eventualmente partire per proseguire sulla strada dell’innovazione, lungo la quale, in effetti, la scuola italiana ancora arranca. Non è un caso che solo una delle best practice sia stata realizzata nel nostro Paese, mentre le altre vengono dall’estero (e una dal Sud del mondo). Certamente in Italia ce ne sono altre, di cui attendiamo volentieri segnalazione. Ma per il momento sembrano predominare i buoni esempi d’oltralpe. L’importante è saperli valutare e, se si ritiene opportuno, trarne ispirazione.

1) Al liceo Malpighi di Bologna è partito il progetto pilota 3d-Makers@School, il cui obiettivo è consentire agli studenti di familiarizzare con la tecnologia della stampa 3D, ormai sempre più diffusa in tutto il mondo in ambito tecnico e tecnologico. Una ventina di liceali, durante le ore di un corso pomeridiano, devono progettare e realizzare un prodotto proprio grazie alla stampante 3D, mentre nella sede distaccata di Castel san Pietro del liceo bolognese il progetto coinvolgerà, durante le ore di lezione, i professori di disegno, matematica e informatica.

2) In una scuola di Chicago (Usa) una quarantina di bambini tra i 5 e i 6 anni, ciascuno dotato di un pc, sta usando il software “Reading Eggs”: a ognuno è chiesto di portare a termine un compito in base al livello di apprendimento (leggere un racconto, costruire frasi con parole fornite dal sistema ecc. ecc.) e, ad ogni step completato, è possibile visualizzare su una sorta di mappa i progressi raggiunti. Di tanto in tanto un alunno viene preso da parte da un insegnante per verifiche “dal vivo” sulle competenze raggiunte: di fatto il docente assume un ruolo di monitoraggio e di intermediazione tra il bambino e le nuove tecnologie.

3) A San José, California, in una catena di sette scuole pubbliche chiamata Rocketship, l’insegnamento di tipo tradizionale è affiancato da almeno un’ora al giorno di istruzione online “personalizzata” in matematica e italiano. Gli allievi, le cui famiglie hanno redditi più bassi di quelli delle scuole private, vantano voti migliori dei loro coetanei delle zone più ricche dell’area.

4) A Mooresville, nel North Carolina, il responsabile dell’istituto scolastico ha introdotto dal 2009 l’istruzione personalizzata sui laptop per tutti gli allievi dai 10 anni in su: nei primi tre anni dell’esperimento il rendimento dei ragazzi in matematica, scienze e lettura è cresciuto dal 73% all’88%.

5) In Afghanistan Selene Biffi, 31 anni, laurea alla Bocconi e specializzazione in Francia, Dublino e Harvard, ha creato The Qessa Academy, la prima scuola al mondo per cantastorie. “Sono arrivata in questo Paese – dice – con l’incarico, da parte delle Nazioni Unite, di creare un sussidiario per i bambini delle periferie. Invece ho creato fumetti: molto più immediati e di facile impatto in una realtà sociale come quella afghana che conta milioni di analfabeti”. Da qui, l’idea di puntare sulla tradizione locale e sul patrimonio storico che vanta più di mille anni: la scuola per cantastorie è nata così. “Insegniamo a ragazzi disoccupati a preservare lo story telling tradizionale e a scrivere nuove storie in cui diffondere messaggi di sviluppo locale. Avrei potuto creare una normalissima scuola per bambini o una scuola di cucito, ma ho voluto aiutare la gente a proporre soluzioni alle problematiche del proprio Paese attraverso il patrimonio culturale che è il ponte fra i vari gruppi etnici”. (L.M.)

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 4