La ricerca

Innovazione, l’Italia è troppo severa con se stessa

L’Innovation Barometer realizzato da General Electric in 26 Paesi rivela che solo il 27% dei manager italiani crede che ci sia un contesto favorevole contro il 41% dei dirigenti stranieri. Solo il 9% del campione nazionale ritiene che il governo stia facendo abbastanza. Qui trovi il report completo

Pubblicato il 07 Nov 2014

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Serve maggiore supporto finanziario, una burocrazia più snella e una capacità di scalare le innovazioni a livello internazionale. Ma il Governo non sta sostenendo in maniera efficace l’innovazione e il traino verso il cambiamento è in mano alle Pmi. Èl il quadro che emerge da “GE Innovation Barometer”, la ricerca di General Electric condotta in 26 Paesi, con un focus specifico sull’Italia.

► Qui trovi la versione integrale del GE Innovation Barometer

I RISULTATI
Un primo importante dato evidenzia come l’Italia, in fatto di innovazione, si valuti più severamente di quanto non venga percepito all’estero: solo il 27% dei dirigenti italiani afferma che l’Italia ha sviluppato quest’anno un contesto orientato favorevole all’innovazione mentre il 41% dei dirigenti di altri Paesi ritiene che l’Italia abbia sviluppato condizioni favorevoli all’innovazione.
Con una percentuale elevatissima (90%) e superiore alla media globale, i dirigenti italiani ritengono che l’innovazione stia assumendo una portata sempre più globale e che la fusione e l’integrazione di talenti, idee, conoscenze e risorse in tutto il mondo rappresenti l’unica strada per un’innovazione di successo – dato superiore alla media globale (82%). Quasi due terzi dei dirigenti italiani (60%) ritengono che siano le realtà più piccole quali le PMI e le nuove aziende a trainare l’innovazione in Italia – 19 punti in più rispetto alla media globale (41%) – seguite dalle multinazionali (15%).

1. Supportare l’innovazione: le misure prioritarie, secondo i dirigenti italiani
Solo il 9% dei dirigenti italiani ritiene che il Governo stia supportando in modo efficiente i processi di innovazione. Una percentuale inferiore alla media mondiale, pari al 40%, sotto la quale si posizionano anche i maggiori Paesi industrializzati: Germania (34%), Giappone (23%), Usa (26%).
Per i dirigenti italiani il nemico numero dell’innovazione è rappresentato dalla mancanza di sufficienti investimenti e sostegno finanziario (41%), seguito dall’incapacità di estendere le innovazioni di successo al mercato più ampio o internazionale e dalla difficoltà di definire un modello di business efficace per promuovere le nuove idee. Altri nodi gordiani sono rappresentati dalla necessità di semplificare la burocrazia a favore delle aziende intenzionate ad accedere a finanziamenti e incentivi stanziati per l’innovazione (89%) e di garantire che la riservatezza e i segreti commerciali delle aziende siano adeguatamente tutelati (89%).

Il supporto finanziario delle autorità pubbliche alle società innovative è percepito come insufficiente rispetto alla media globale (47%); solo il 9% ritiene che le autorità pubbliche e il governo stanzino una quota adeguata del proprio budget a supporto alle aziende innovative.

Il 92% dei dirigenti in Italia sottolinea un supporto insufficiente alle PMI, dato decisamente superiore rispetto alla media globale del 61%. Il 50% dei dirigenti in Italia ritiene che la politica migliore sarebbe quella di fornire sovvenzioni/titoli preferenziali alle aziende locali e internazionali che desiderano introdurre sul proprio mercato soluzioni innovative – in linea con la media globale del 51%; il 19% invece è più favorevole a fornire sovvenzioni/titoli preferenziali solamente alle aziende locali e per favorire lo sviluppo di soluzioni locali, dato inferiore alla media globale (29%).

2. Big Data e Industrial Internet
I dirigenti italiani sono più fiduciosi della media globale sulle potenzialità derivanti dall’uso dei Big Data (61% contro il 53% della media globale). Sono anche più “informati” sulle potenzialità dell’Internet industriale (Industrial Internet): il 57% ritiene che l’Internet industriale avrà un impatto positivo sul mercato del lavoro, dato superiore rispetto alla media globale (49%) e solo il 37% dei dirigenti in Italia afferma di non averne mai sentito parlare, dato inferiore rispetto a una media globale del 44%.

Il 30% dei manager italiani ritiene che la propria impresa sia preparata a cogliere le potenzialità dei Big Data, una percentuale superiore alla media mondiale del 25%. Tuttavia, il 25% dei dirigenti nostrani afferma di non aver aumentato, nell’ultimo anno, la propria capacità di analisi di una complessa mole di dati (contro il 29% della media mondiale).


3. Organizzazione versus creatività
Il 66% dei dirigenti in Italia riconosce la necessità delle aziende di incoraggiare comportamenti creativi e processi rivoluzionari all’interno dell’azienda, per un’innovazione di successo, in linea con la media globale (64%).

Il 76% dei dirigenti ritiene che, quando si innova, sia meglio tutelare il più possibile la redditività del core business per poter sostenere la ricerca e l’innovazione – dato lievemente superiore rispetto alla media globale del 72%; il 24% invece ritiene sia meglio non preoccuparsi del potenziale impatto negativo a breve termine sul reddito del core business.

Il 65% dei dirigenti italiani conviene che le innovazioni di maggior successo siano pianificate e risultanti da un processo di innovazione strutturato; il 35% afferma invece che si tratta di processi spontanei, che risultano dall’interazione dei soggetti creativi. Tali dati sono in linea con la media globale (62% e 38% rispettivamente).

Per quanto riguarda la struttura organizzativa, il 74% ritiene sia meglio posizionare team e attività innovativi all’interno delle linee di business e dei team strutturati esistenti (la media globale è del 68%) mentre il 26% ritiene che i team e le attività innovativi debbano essere collocati all’esterno, in centri specializzati nell’innovazione/ricerca (media globale del 32%).

Il 42% dei dirigenti italiani ritiene sia meglio arrivare al mercato il prima possibile, per ottenere un vantaggio rispetto alla concorrenza (dato lievemente inferiore alla media globale del 50%); secondo il 58% è invece preferibile non affrettarsi e utilizzare tutto il tempo necessario per perfezionare l’innovazione (dato lievemente superiore alla media globale del 50%).

Il commento di Nani Beccalli-Falco, Presidente e CEO di GE Europe
“L’innovazione è un fattore fondamentale per promuovere la crescita e la produttività, e questo vale soprattutto per l’Europa e l’Italia, in anni di

Nani Beccalli-Falco

crisi come questi. Affinché si sviluppi innovazione però non si può prescindere da un contesto favorevole: l’impegno e gli investimenti del settore privato sono sicuramente importanti, ma i governi e il comparto pubblico devono concorrere a creare i presupposti necessari per far prosperare l’innovazione. Anche l’Unione Europea ha un ruolo importante da svolgere nella creazione di un ambiente che permetta all’innovazione di oltrepassare i confini nazionali, ad esempio creando un mercato unico per l’innovazione. Nel mio ruolo di manager italiano che lavora in un contesto internazionale sono convinto che l’Italia abbia ancora enormi potenzialità da esprimere se riuscirà a mettere mano alle riforme necessarie, aprendo i mercati, liberando nuove energie, e favorendo quindi la capacità di innovare”.

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