Innovazione sociale
Tecnologia solidale fa il tagliando. Adesso di’ la tua
In Italia è possibile fare bene del bene, usando la tecnologia e creando valore. È il bilancio di Antonio Palmieri dopo tre mesi e 11 storie raccontate. La rubrica va avanti. Mandate le vostre segnalazioni e le vostre critiche
di Antonio Palmieri
29 Mag 2015
A volte sono partiti per soddisfare un bisogno personale. Altre volte per un moto dell’animo o per mettere insieme l’inclinazione personale con quella professionale. In altre circostanze è stato un incontro o un programma televisivo. Il risultato finale è stato lo stesso per tutti: avviare una attività, una startup, magari a vocazione sociale o anche no, insomma mettere in campo una impresa che migliori la vita delle persone in difficoltà tramite la tecnologia.
L’abbiamo chiamata “Tecnologia solidale” e da tre mesi e mezzo, grazie alla ospitalità del direttore Giovanni Iozzia, ne parlo in questo spazio settimanale che lui mi ha messo a disposizione. Un hobby eccentrico di un deputato perditempo, che invece di stare a lavorare per il bene comune sta qui a smanettare e a scrivere? Non è che sia socio occulto di ciascuna di queste startup? Voto di scambio in vista delle imminenti elezioni regionali (qui sì dico la mia: non importa per quale partito o quale candidato, vai comunque a votare)? Niente di tutto questo, credimi sulla parola. Lo so è poco eppure è proprio così. Siamo partiti semplicemente con l’intenzione di dare continuità all’evento dedicato a questo tema che organizzo ogni anno alla Camera e ora, dopo tre mesi e mezzo vale la pena di fare il tagliando all’iniziativa e di farlo qui e così, davanti a te.
Rileggendo le storie raccontate in breve emergono due considerazioni, anzi tre.
1) In Italia è possibile, nonostante tutto, fare bene del bene. Le persone le cui storie ho raccontato non hanno atteso che le condizioni fossero ottimali. Hanno avuto una idea, l’hanno trasformata in progetto, sono partite.
2) La tecnologia davvero può migliorare la vita di tante persone in difficoltà fisica o psicologica.
3) È possibile coniugare il fare impresa, lo stare sul mercato, avviare un business con una finalità sociale. Forse in questi ambiti è addirittura “doveroso”, perché in questo modo si sostiene nel tempo un intervento positivo a favore di chi è in difficoltà.
Dopo tre mesi e mezzo di lavoro, alla domanda “ne vale la pena?” la risposta è sì.Se il direttore mi darà ancora spazio, continuerò a raccontare vicende positive che sono di esempio e di speranza, almeno lo spero. Se anche tu vuoi darci una mano o dirci una critica, scrivici: redazione@economyup.it.
Buona giornata con la tecnologia solidale!
* Antonio Palmieri, deputato Commissione cultura, Forza Italia, @antoniopalmieri