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Che cosa significa spill-over? MusixMatch e tutti i frutti dell’albero di Dada

Le startup (quelle buone) gemmano a loro volta startup, imprenditori e investitori. È l’effetto spill-over che fa delle startup un fattore di sviluppo di un sistema economico. Max Ciociola, che ha fatto exit con la sua MusixMatch, è un frutto dell’albero di Dada, digital company degli anni Novanta. E non è l’unico

Pubblicato il 02 Ago 2022

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Non mi aggiungo alla lista di tutti quelli che stanno celebrando Max Ciociola e MusixMatch per due semplici ragioni.

  1. Ne stanno – giustamente – parlando tutti.
  2. Il suo successo non lo scopriamo ora. La exit parziale con TGP è la ciliegina su una torta già molto buona (120 dipendenti a Bologna, 80 milioni di clienti, …).

Mi voglio invece soffermare su cosa ha portato Max a fare MusixMatch.

Imprenditori si nasce. E Max “lo nacque”.

Ma la scintilla imprenditoriale è stata probabilmente alimentata dai suoi anni passati a Dada.

Max Ciociola, founder di MusixMatch

Dada, per chi non lo sapesse, è uno dei rarissimi casi fra le startup italiane di prima generazione (quelle che non si chiamavano ancora startup) che sono state capaci di crescere dimensionalmente e di avere una exit (un’altra è Vitaminic dell’amico Gianluca Dettori): specializzata nello sviluppo di applicazioni e contenuti per il web e il mobile, Dada è nata nel 1995 su iniziativa di Paolo BarberisAngelo FalchettiJacopo Marello e Alessandro Sordi ed è stata acquistata nel 2013 da Orascom Tmt Investment.

Della storia di Dada, un aspetto tra gli altri merita di essere sottolineato.

Da Dada sono passate tante persone che hanno successivamente avviato startups o investito in startups

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Oltre Massimo Ciociola e MusixMatch –che oggi strameritatamente si prende la copertina – mi piace menzionare un po’ di esempi, confidando di non fare torto a nessuno.

  • Marco Magnocavallo che (storia simile a quella di Max) a Dada ci è arrivato vendendovi la propria startup (Blogo) e, dopo Dada, ha iniziato un percorso da investitore (Principia) e acceleratore di startup (Boox), per poi lanciare Tannico di cui tuttora è alla guida.
    Marco Magnocavallo, founder di Tannico
  • Antonio Tomarchio che ha fondato Beintoo  – successivamente rilevata da Mediaset e da cui ha spin-offato Cuebiq – e che oggi è impegnato con Spectus.ai.
  • Nicola De Carne che, dopo l’esperienza di Wi-Next, oggi guida il marketing di Rhei, digital firm specializzata in CRM.
  • Laura De Benedetto che, dopo averci provato con MakeTank, ha continuato a supportare le startup della scena fiorentina (peraltro dalle serate “Fuckup Nights Firenze”, in cui tre speaker raccontavano tre storie di fallimento, è nato il libro “Fallendo si impara”, da leggere).
  • Daniel Carvalho, che dopo essere stato Director per l’America Latina per Twitter, fa ora l’angel investor.
  • Lo stesso, sia pure non a tempo pieno, fa Max Pellegrini, che, dopo anni passati a New York come President Mobile Entertainment di RealNetworks, è rientrato in Italia per guidare Namirial (azienda di Senigallia attiva nella digital transformation).
  • Da ultimo, gli stessi founder di Dada (BarberisFalchetti e Sordi) hanno fatto partire un’acceleratore di impresa a Firenze (Nanabianca).

Morale? Le startup (quelle buone) gemmano a loro volta startup, imprenditori e investitori.

Un effetto “spill-over” che fa delle startup ingredienti fondamentali nello sviluppo e crescita di un sistema industriale. Non tanto per il contributo occupazionale che generano nell’immediato, ma in prospettiva, visto che contribuiscono a plasmare una nuova generazione di imprenditori e investitori.

Qui non mi riferisco solo a chi avvia un progetto imprenditoriale, ma a tutte le persone che hanno occasione di lavorare per una startup. L’environment, l’approccio al lavoro, la policy aziendale, il “pensare come un imprenditore” che si ritrovano in una startup (o perlomeno in quelle buone) sono un qualcosa che molti dipendenti acquisiscono e fanno propri e che li porta spesso a diventare, in un momento successivo, promotori di nuovi progetti imprenditoriali. E così si diffonde un moltiplicatore  di impresa che si estende oltre la cerchia dei fondatori.

In altre parole, quelle di Paolo Barberis, “l’albero grande fa i semi“. Continuiamo a seminare, confidando – non nell’immediato ma a medio termine – in un raccolto abbondante e di qualità. La mia scommessa (per chiudere su Max e MusixMatch) è che da Bologna, nei prossimi dieci anni, partiranno tante nuove iniziative imprenditoriali.

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Alberto Onetti
Alberto Onetti

Chairman (di Mind the Bridge), Professore (di Entrepreneurship all’Università dell’Insubria) e imprenditore seriale (Funambol la mia ultima avventura). Geneticamente curioso e affascinato dalle cose complicate.

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