Il nuovo corso del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) pare riscrivere la mappa degli investimenti pubblici sulla mobilità elettrica. La revisione recentemente approvata prevede lo spostamento di circa 597 milioni di euro originariamente destinati allo sviluppo delle infrastrutture di ricarica verso un piano di incentivi per la rottamazione dei veicoli inquinanti e l’acquisto di auto a zero emissioni.
Un’operazione che, sebbene mirata a favorire la sostenibilità ambientale e ancora programmatica, ha suscitato dubbi e critiche da parte degli operatori del settore, preoccupati per un possibile squilibrio tra diffusione dei veicoli elettrici e disponibilità di punti di ricarica.
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Dalle colonnine agli incentivi per le auto elettriche: che cosa prevede la revisione del PNRR
Il cuore della revisione tocca la misura M2C2I4.3.1, che destinava quasi 600 milioni di euro alla realizzazione di colonnine di ricarica pubbliche fast e ultrafast. Il Governo ha deciso di dirottare quei fondi su un piano di incentivi concentrati nelle aree urbane più inquinate e rivolti a famiglie a basso ISEE (soglia ancora da definire), con l’obiettivo di rottamare veicoli inquinanti e sostituirli con oltre 39.000 mezzi elettrici.
Le misure coinvolgono anche le microimprese, che potranno accedere agli incentivi per veicoli commerciali elettrici delle categorie N1 e N2.
A giustificare questa scelta, il Ministero dell’Ambiente ha parlato di “scarso interesse del mercato” per i bandi sulle colonnine, ma per Alberto Stecca, CEO di Silla Industries, si tratta di una “lettura riduttiva e fuorviante”.

Secondo l’imprenditore padovano, infatti, «non è il mercato ad aver fallito, sono i bandi ad essere stati concepiti male. Le aziende del settore (grandi e piccole) hanno evidenziato criticità ben precise: tempi di esecuzione incompatibili con la complessità dei lavori, difficoltà a individuare e autorizzare le aree, requisiti burocratici sproporzionati».
Incentivi auto elettriche: l’effetto sulla mobilità elettrica
Il timore principale degli operatori è che l’incremento del numero di auto elettriche non sia accompagnato da un adeguato sviluppo delle infrastrutture. «È un paradosso evidente: si incentivano le auto elettriche mentre si tagliano i fondi per le infrastrutture di ricarica, proprio nel momento in cui dovrebbero essere potenziate», sottolinea Stecca, che definisce la misura cancellata “cruciale per colmare il gap infrastrutturale”.
La scelta del governo, aggiunge, «rischia di mettere su strada decine di migliaia di nuove auto elettriche senza infrastruttura adeguata, né pubblica né domestica. È il modo più rapido per alimentare frustrazione negli utenti e rallentare l’adozione».
Con una proposta concreta, Stecca evidenzia come sarebbe stato possibile destinare almeno il 10% dei fondi (58,5 milioni di euro) a colonnine private, offrendo un punto di ricarica per ciascuno dei 39.000 veicoli incentivati, replicando le condizioni dei precedenti bonus da 1.500 euro a impianto.
Le reazioni degli imprenditori del settore
Di fronte al ridimensionamento del supporto all’infrastruttura di ricarica, Silla Industries annuncia misure autonome per non frenare la transizione verso la mobilità elettrica.
«Continuiamo a credere che la mobilità elettrica debba poggiare su un ecosistema completo, e non solo su incentivi. Per questo, anche in assenza di misure specifiche, accompagneremo i nuovi incentivi con promozioni dedicate e nuove soluzioni per la ricarica privata, più semplici e accessibili», dichiara Stecca.

Ancora più critica è la lettura di Moreno Scarchini, CEO di Energred, che riflette sul contesto politico e culturale in cui si inserisce la revisione del PNRR. Citando Loretta Napoleoni e Barbara W. Tuchman, Scarchini paragona l’attuale gestione delle risorse pubbliche a una “marcia della follia”, sostenuta da un potere incapace di governare il cambiamento. «Usare una risorsa fondata sull’indebitamento comune dei cittadini dei Paesi Europei, in nome di una voluta e provocata competizione geopolitica, sembra il canto del cigno di una generazione di politici che non fa altro che “divorare i propri figli”», afferma.
Secondo Scarchini, le risorse del PNRR dovrebbero essere orientate allo sviluppo sostenibile in senso ampio: «rinnovabili, agricoltura, biodiversità, integrità degli ecosistemi, promozione delle filiere locali, servizi per il sociale e per la tutela dell’individuo». Una visione che si contrappone a scelte “miopi” e disfunzionali, che rischiano di disperdere il potenziale trasformativo del Piano.