Vi spiego perché fare startup è un atto sociale

“Chi fa startup, soprattutto digitale, può scegliere di andare via. A chi decide di rimanere va riconosciuto il coraggio di scommettere su questo Paese”. È l’idea di Alessandro Rimassa, giovane influencer, autore di “È facile cambiare l’Italia. Se sai come farlo”. Ecco che cosa dice a EconomyUp tv

Pubblicato il 15 Ott 2014

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“È facile cambiare l’Italia. Se sai come farlo”. È il titolo dell’ultimo libro di Alessandro Rimassa, Direttore della Scuola di management e comunicazione dell’Istituto Europeo di Design ma anche scrittore, blogger, speaker, consulente esperto di storytelling e creative thinking.

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In una parola, un influencer, un giovane intellettuale che si muove agevolmente nel settore dell’innovazione. Un titolo che suona un po’ come una provocazione. E, ai titoli di questo tipo, Rimassa ha abituato i suoi lettori: il suo libro più noto, infatti, è Generazione mille euro, tradotto in sette lingue e da cui è stato tratto anche un film di successo.

Intervistato da Giovanni Iozzia, Alessandro Rimassa spiega che per cambiare l’Italia è innanzitutto fondamentale partire dai metodi. Il libro è una spinta verso i metodi piuttosto che verso le idee – spiega – : in Italia spesso ci si ferma solo alle idee, si dialoga sulle idee (“io la penso così, tu la pensi in un altro modo”). Secondo me, invece, nella riprogettazione del Paese, dobbiamo mettere al centro il metodo. Quali sono i metodi che ci permettono oggi di costruire un futuro credibile? Io ne ho messi insieme 10: Il Manifesto del Cambiamento. Questi metodi non sono esaustivi, se ne possono mettere altri, perché uno dei metodi è quello della coprogettazione, del lavorare insieme sul progetto”.

(Ecco 10 metodi per creare un Paese più innovativo)

In uno dei metodi, poi, si parla di startup: secondo l’autore lanciare una startup è un atto non solo politico ma anche sociale. “Oggi chi fa startup, soprattutto digitale, può lasciare il Paese e fare impresa fuori. A chi decide di rimanere in Italia va riconosciuto il fatto che sta creando qualcosa di utile e che ha valore sociale perché sta scommettendo su questo Paese. Non è una cosa da poco. Non dobbiamo considerare i giovani come una riserva indiana da aiutare, dobbiamo permettergli di fare e di liberare energie”.

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