Discorso UE, e Renzi non disse mai Made in Italy

Se si fa una ricerca sul testo presentato a Strasburgo, si scopre che in 81 pagine la parola startup è utilizzata solo una volta. Decine invece le ricorrenze per “innovazione”, declinata nelle sue varie sfumature, con un focus sull’innovazione tecnologica. Ma il Made in Italy non è mai citato. Scelta o dimenticanza?

Pubblicato il 04 Lug 2014

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Una sola menzione riservata alle startup, diverse citazioni per la parola “innovazione” ma nemmeno un riferimento al Made in Italy.

È quanto emerge dall’analisi delle keywords eseguita da EconomyUp sul Programma della Presidenza Italiana del Consiglio dell’Unione Europea, documento di 81 pagine reso pubblico ieri dopo il discorso ufficiale del premier Matteo Renzi al parlamento di Strasburgo.

Intitolato “Europa, un nuovo inizio”, il testo ha lo scopo di delineare priorità e campi d’azione individuati del governo italiano per il suo semestre di presidenza iniziato il primo luglio. Effettuando una ricerca si scopre che le startup innovative sono citate solo una volta a p.52 all’interno del capitolo Competitività.

“Particolare enfasi – si legge nel documento – sarà posta sulle pmi, con l’obiettivo di sostenere la loro integrazione nelle catene globali del valore. In particolare, le start-up innovative di tutti i settori produttivi possono svolgere un ruolo fondamentale nel promuovere la crescita sostenibile, lo sviluppo tecnologico e la creazione di posti di lavoro, soprattutto per i giovani”. Dopodiché il testo passa a parlare dell’attuazione della direttiva dei servizi.

Sono invece molto più frequenti le ricorrenze per “innovazione”, termine che si presta a molteplici utilizzi e declinazioni. Innovazione è ripetuta 38 volte all’interno del testo, spesso preceduta dalla parola “ricerca”.

Ricerca e innovazione – si legge a pagina 8 – sono i pilastri della crescita sostenibile. Pertanto, la qualità dei sistemi di ricerca pubblici e privati europei è un fattore chiave per la competitività dell’industria europea, per la creazione di nuovi posti di lavoro e per un’imprenditorialità basata sulle tecnologie. A tal fine, è importante fare il miglior uso possibile di Orizzonte 2020, dei Fondi strutturali europei e dei Fondi di investimento”.

Il testo prosegue focalizzandosi essenzialmente sull’innovazione tecnologica. “Internet e le tecnologie e della comunicazione digitale sono altri strumenti importanti per modernizzare la nostra economia e i nostri ambienti di lavoro. Tale obiettivo può essere ottenuto progredendo verso un vero Mercato Unico per le comunicazioni elettroniche e i servizi on-line; potenziando le infrastrutture digitali e l’utilizzo della pubblica amministrazione quale strumento per fornire servizi digitali innovativi; promuovendo progetti a lungo termine come il cloud computing e i “dati aperti”; investendo nelle competenze digitali. In questo contesto, sarà organizzato un evento di alto livello sullo sviluppo digitale, intitolato “Digital Venice”. La Presidenza italiana – si legge ancora nel documento – intende con­seguire anche un quadro di finanziamento più efficace per l’innovazione attraverso Orizzonte 2020, il più grande programma di ricerca e innovazione dell’UE, con quasi 80 miliardi di finanziamenti disponibili nei sette anni 2014-2020, e attraverso i Fondi strutturali europei, i Fondi di investimento e le iniziative della Bei”.

Al binomio Ricerca e Innovazione è dedicato un intero capitoletto a pag.58 dove si spiega che “la Presidenza italiana intende proporre una discussione politica e Conclusioni del Consiglio sulla ricerca e l’innovazione come nuove fonti di crescita” e che “in tale contesto, l’attenzione sarà rivolta agli aspetti che hanno un impatto positivo sulla crescita e sull’occupazione, in particolare promuovendo partenariati pubblico-privato nel settore della ricerca; favorendo politiche di innovazione incentrate sulla domanda; semplificando e razionalizzando le politiche di ricerca e innovazione e promuovendo l’innovazione sociale”.

Se “innovazione” è disseminata in tutto il testo, non sembra esserci traccia della parola “made in Italy” o analoghi concetti. Non appare, per esempio, alcun riferimento al regolamento approvato dal parlamento di Strasburgo ad aprile che rende obbligatorie le etichette “Made in” per i prodotti non alimentari venduti nel mercato comunitario e che ora attende di essere adottato dal Consiglio dell’Unione europea. Una normativa che, se andrà in porto, rappresenterà un’ulteriore conquista per l’eccellenza italiana in ambito Ue.

Peraltro il tema del Made in Italy sembra essere stato sempre particolarmente caro al premier Renzi, nonché a uno dei suoi più fidati consiglieri, Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, catena di punti vendita alimentari. Nei mesi scorsi proprio Farinetti aveva proposto la creazione un marchio unico “Italia” da posizionare su tutti i prodotti d’eccellenza italiani anche allo scopo di contrastare la contraffazione.

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