TECNOLOGIA SOLIDALE

L’innovazione che aiuta ricerca e aziende. Parla Alfonso Fuggetta, CEO di Cefriel

Alfonso Fuggetta, CEO di Cefriel, centro di eccellenza per innovazione, ricerca e formazione nell’Information & Communication Technology, racconta la sua “creatura” nata nel 1988. E parla di politiche per l’innovazione: “Servono competenza e lungimiranza, invece oggi interessano solo i temi che portano voti nell’immediato”

Pubblicato il 21 Feb 2020

Alfonso Fuggetta, CEO di Cefriel

“Il Cefriel è come un centro della rete Fraunhofer, ma senza un euro di contributi pubblici.”

Alfonso Fuggetta ci mette meno di mezzo tweet per definire la sua struttura, il Cefriel, centro di eccellenza per l’innovazione, la ricerca e la formazione nel settore dell’Information & Communication Technology.

Fuggetta, lei è il Ceo di Cefriel ma quando ne parla e quando lo fa visitare è come se parlasse e mostrasse il suo terzo figlio…

“In un certo senso lei ha ragione. Questo è un figlio grande quasi come gli altri due, perché è nato nel 1988. A differenza degli altri non è andato fuori casa ma è, in un certo senso, la mia casa ed ha ancora bisogno delle mie cure giornaliere. Come per i miei figli, sono orgoglioso di ciò che è diventato: una realtà unica in Italia, con importanti presenze all’estero. Abbiamo più di 100 clienti, la sede principale è a Milano e abbiamo uffici a New York e Londra.”

E tutto senza un euro di contributi pubblici statali…

“Esatto. I soci di Cefriel sono il Politecnico di Milano, l’Università Statale, la Bicocca, l’Insubria, Regione Lombardia, Comune di Milano e un pool di quindici aziende, tra cui Microsoft, Tim, Eni, Pirelli, HP, Engineering e The European House-Ambrosetti. Noi creiamo ponti tra la ricerca universitaria e il mondo delle imprese e lo facciamo stando sul mercato, senza sussidi statali o dei soci. A differenza del Fraunhofer, che gode di importanti finanziamenti dello stato tedesco.”

Il vostro 70% del fatturato deriva da progetti di consulenza sull’innovazione digitale, per risolvere problemi che i clienti non riescono ad affrontare con soluzioni già sul mercato. E il restante 30% da dove viene?

“Per metà da progetti di formazione e per l’altra metà da contratti acquisiti attraverso la partecipazione a bandi di ricerca europei (H2020, EIT Digital).”

In che rapporto è la sua attività con la tecnologia solidale?

“Punto primo. Lavorano con noi 130 persone, tutte assunte con contratto a tempo indeterminato. Tra loro vi sono persone con disabilità, ma non perché è previsto dalla legge. Perché sono bravi!”

Bene. Punto secondo?

“Tutto il nostro modo di lavorare, i rapporti tra noi e con i clienti e i fornitori, sono improntati al rispetto delle persone. Siamo perfettamente sostenibili e, dunque, pienamente solidali.”

C’è un punto terzo?

“Noi promuoviamo l’innovazione e siamo un’azienda. Però siamo consapevoli che,  soprattutto oggi, non tutto è collegabile al ritorno economico…”

Questa è musica per le mie orecchie. Da anni sostengo che questi tempi inediti esigono un di più di responsabilità da parte di tutti…

“Noi siamo nati per promuovere lo sviluppo socio-economico del paese, non solo il nostro. Abbiamo una missione sociale: promuoviamo il bene comune attraverso il trasferimento tecnologico tra università e imprese e le aiutiamo a fare sistema per sostenere la competitività del Paese.”

A proposito di politica, lei è spesso pubblicamente critico sull’operato delle istituzioni…

“Mi sta a cuore il futuro del nostro Paese e sono da sempre abituato a dire come la penso, con forza e con passione. Ritengo che occorra un forte rilancio basato sui principi di sussidiarietà e libertà. Lo Stato ti deve aiutare ad avere i mezzi per darti da fare, per colmare gap di partenza, per realizzare le tue capacità e i tuoi desideri, senza in alcun modo appiattire o dirigere dall’alto lo sviluppo della società. Tu sei e devi essere responsabile del tuo futuro, il compito di essere autore di te stesso non lo puoi delegare a nessuno.”

Sussidiarietà, libertà e responsabilità, come si declinano a favore dell’innovazione digitale?

“In sintesi, serve una politica forte, competente, lungimirante: oggi vedo poca competenza, orientamento al breve termine elettorale, poco interesse a confrontarsi su un tema che per molti “non porta voti”…”

Anche su questo punto insisto, con sofferenza, da anni. Gli apicali di tutte le classi dirigenti, politica ma anche delle imprese e della comunicazione, snobbano l’innovazione. Anche perché nessuno scende in piazza per chiedere più innovazione…

“E sarà sempre così. Per questo servono classi dirigenti lungimiranti, capaci di una serie di interventi in vari settori a partire dal funzionamento della pubblica amministrazione e di un nuovo modo di fare istruzione.”

Lei ne parla diffusamente nel suo libro “Cittadini digitali”…

“Ho voluto mettere nero su bianco le mie convinzioni e alcuni suggerimenti per migliorare la situazione, guardando al futuro e non al passato. Parafrasando il titolo, lo considero un contributo di un cittadino a favore dello sviluppo digitale.”

A proposito di futuro. Avete appena ottenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico la certificazione come Centro di Trasferimento Tecnologico 4.0 (CTT 4.0)…

“Questo riconoscimento ci ripaga di un impegno trentennale. Il nostro obiettivo resta quello di fornire alle imprese italiane soluzioni innovative e accompagnarle nel processo di trasformazione digitale, per dare un contributo concreto allo sviluppo del tessuto economico nazionale. Diamo un contributo, come molti altri. Ci piacerebbe poter fare sistema con istituzioni, categorie e altre realtà simili alla nostra.”

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Antonio Palmieri
Antonio Palmieri

Antonio Palmieri, fondatore e presidente di Fondazione Pensiero Solido. Sposato, due figli, milanese, interista. Dal 1988 si occupa di comunicazione, comunicazione politica, formazione, innovazione digitale e sociale. Già deputato di Forza Italia

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