Gruppo Hera: la multiutility dell’energia innova scommettendo sulla “Circular Smart City”

La società attiva nella gestione rifiuti, in ambito idrico e nei servizi energetici intende varare entro l’anno progetti in cui verranno integrati gli obiettivi dell’economia circolare e i principi della “città intelligente”. Ha inoltre avviato la Virtual Factory, un team interno per iniziative trasversali tra più unità

Pubblicato il 04 Mag 2018

Città ed economia circolare

Hera, quotata in Borsa dal 2003, ha compiuto 15 anni il 1° novembre 2017 ed è oggi tra le maggiori multiutility nazionali, operativa principalmente nei settori ambiente (gestione rifiuti), idrico (acquedotto, fognature e depurazione) ed energia (distribuzione e vendita di energia elettrica, gas e servizi energia). Si aggiungono poi l’illuminazione pubblica e i servizi di telecomunicazione.

Nel panorama dei servizi pubblici italiani, Gruppo Hera vanta importanti numeri: quasi 9.000 dipendenti che soddisfano i bisogni di 4,4 milioni di cittadini in circa 350 comuni dell’Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Toscana e Veneto.

Nell’esercizio 2017 il Gruppo ha visto un progresso di circa 46 milioni di euro a livello di utile netto; grazie a una sana performance operativa, un’efficiente gestione finanziaria e una efficace gestione fiscale, Hera ha migliorato ulteriormente la propria posizione finanziaria netta.

In Hera l’innovazione è una delle linee di sviluppo strategiche con focus su alcuni ambiti specifici: Economia Circolare, ossia l’applicazione dell’approccio Circular Economy a tutte i business aziendali; Customer Experience, per comprendere meglio le esigenze dei consumatori e aumentare la loro soddisfazione; Utility 4.0, che applica i principi e le linee evolutive dell’Industria 4.0 a questo settore specifico con enfasi sulla gestione dei dati; e la Circular Smart City, in cui vengono integrati gli obiettivi della Circular Economy e i principi della Smart City.

Queste linee di innovazione vengono declinate nelle modalità sia di innovazione incrementale sia di quella disruptive. Mentre la prima viene gestita a livello delle singole Direzioni, dove spesso risulta maggiore l’efficienza e la competenza tecnologica rispetto a quelle di una Funzione di staff, l’innovazione disruptive è di pertinenza dalla Direzione Centrale Innovazione, guidata da Salvatore Molè. In questa struttura sono incluse la Direzione Servizi Informativi, Acantho, ossia la società del Gruppo che si occupa di connettività e di servizi hardware, e la Direzione Sviluppo, che indirizza le linee di sviluppo dell’azienda e gestisce i progetti di innovazione disruptive e trasversali.

La Direzione Sviluppo è diretta da Enrico Piraccini, è composta da 15 persone ed è focalizzata su progetti secondo le due direttive Circular e Smart. Vengono quindi gestiti progetti Circular, come quelli sul recupero di rifiuti organici per la produzione di biometano; «Entro l’anno entrerà in funzione il primo impianto di produzione di biometano di Hera a Sant’Agata Bolognese», racconta Piraccini, che continua: «Ci sono progetti orientati alla Circular Smart City, che entro l’anno vedranno il primo esempio di applicazione; infine gestiamo progetti sul recupero delle acque, applicando principi di Industria 4.0: vengono cioè raccolti dati provenienti dal processo per generare conoscenza e attuare interventi». Tali progetti rientrano nel cosiddetto Cyber Physical System, che può essere declinato anche in progetti di innovazione incrementale.

Quest’anno il Gruppo Hera ha inoltre avviato la Virtual Factory con l’obiettivo di realizzare progetti trasversali tra più Unità. Nelle prime fasi essa adotta una metodologia di Design Thinking, mentre in quelle finali utilizza maggiormente metodologie di project management e concept development. Si sta concludendo in questi giorni il primo progetto della Virtual Factory e ne sono previsti altri quattro nel corso del 2018. «Pur non avendo definito KPI specifici, se non la rapidità nel raggiungimento dell’obiettivo, ci riteniamo abbastanza soddisfatti da questo primo progetto: abbiamo realizzato una parte del Cyber Physical System per la gestione dei dati provenienti da tutti i settori del Gruppo».

«Nella Virtual Factory i progetti vengono affrontati con team di lavoro composti da un massimo di 6 persone provenienti da Direzioni differenti, che dedicano parte del proprio tempo lavorativo a un progetto ben definito nel tempo e nello spazio», racconta il Manager, che aggiunge: «Noi chiamiamo con un gioco di acronimi le persone che lavorano a questi progetti CoCoPro, perché devono essere Competenti, Collaborative e Propositive». Per definire il team sono stati svolti degli audit informali sulle competenze; grazie alla dimensione ridotta del gruppo, infatti, emerge in breve tempo se qualche risorsa non è adatta al task assegnato.

Il gruppo si riunisce una volta alla settimana in uno spazio definito e vengono assegnati dei compiti a livello individuale o di coppia, che vanno svolti per la fase successiva. «Il tempo dedicato al progetto rientra nell’orario lavorativo e per questo motivo, oltre alla sensibilizzazione dei responsabili, è fondamentale anche la disponibilità delle singole persone. Far parte di un team della Virtual Factory è un’occasione per uscire dall’attività ordinaria e partecipare a un progetto stimolante di innovazione; è inoltre una formazione su metodi di lavoro diversi, che vengono poi riportati negli ambienti di lavoro da cui si proviene, in un circolo virtuoso di crescita interna e cross-fertilization», conclude Piraccini.

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Alessandra Luksch
Alessandra Luksch

Direttore dell'Osservatorio Startup Thinking degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano

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