NUOVI MODELLI

Circular Economy: cos’è e come mantiene l’Europa competitiva

Ora più che mai, con il surriscaldamento globale, l’inquinamento e il problema dei rifiuti in plastica, è indispensabile ripensare il ciclo economico in termini di economia circolare. Ovvero riuso, maggiore efficienza dei processi e maggiore durata dei prodotti. Grazie anche a nuove tecnologie e materiali. Qui i dettagli

Pubblicato il 09 Ott 2020

Città ed economia circolare

Siamo entrati nell’era dell’economia circolare. In Europa, ma anche nel resto del mondo, si sta affermando sempre più il concetto di circular economy, espressione con la quale si intende un sistema economico pensato per potersi rigenerare da solo e quindi di garantire anche la propria ecosostenibilità.

Che cos’è la circular economy

A dare impulso e divulgazione in Europa a un concetto che ha cominciato ad emergere negli ambienti accademici dagli anni ’70, è stata la velista britannica Ellen MacArthur. Dopo avere battuto, nel 2005 il record mondiale di circumnavigazione del globo in solitaria, ha interrotto a 33 anni la carriera per dedicarsi a tempo pieno alla battaglia a favore dell’ambiente. Nel 2010 ha dato vita alla Ellen MacArthur Foundation, società no profit che lavora con aziende e istituzioni scolastiche per accelerare la transizione verso l’economia circolare.

Secondo la Fondazione la circular economy è “basata sul principio di evitare rifiuti e inquinamento, mantenere in uso prodotti e materiali, e rigenerare i sistemi naturali”.

Con economia circolare, ha specificato l’Unione Europea nel 2016, si intende un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile.

In pratica è un’economia a rifiuti zero, dove qualsiasi prodotto deve essere consumato e smaltito senza lasciar traccia. Ovviamente nell’economia circolare hanno molta importanza le energie rinnovabili e la modularità e la versatilità degli oggetti, che possono e devono essere utilizzati in vari contesti per poter durare il più a lungo possibile. È quindi evidente che l’economia circolare presuppone un modo di pensare sistemico, che non si esaurisce nella progettazione di prodotti destinati a un unico scopo. È un’economia che non solo protegge l’ambiente e permette di risparmiare sui costi di produzione e di gestione, ma produce anche degli utili.

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Quale innovazione dal nuovo modello economico: la gestione dei rifiuti

Finora – si legge nel paper “Closing the loop-New circular economy package” del Parlamento europeo – l’economia ha funzionato con un modello “produzione-consumo-smaltimento”, modello lineare dove ogni prodotto è inesorabilmente destinato ad arrivare a “fine vita”. Per produrre cibo, costruire case e infrastrutture, fabbricare beni di consumo o fornire energia si usano materiali pregiati. Quando sono stati sfruttati del tutto o non sono più necessari, vengono smaltiti come rifiuti. L’aumento della popolazione e la crescente ricchezza, tuttavia, spingono più che mai verso l’alto la domanda di risorse (scarseggianti) e portano al degrado ambientale. Nell’Unione europea ogni anno si usano quasi 15 tonnellate di materiali a persona, mentre ogni cittadino UE genera una media di oltre 4,5 tonnellate di rifiuti l’anno, di cui quasi la metà è smaltita nelle discariche. L’economia lineare, che si affida esclusivamente allo sfruttamento delle risorse, non è più un’opzione praticabile.

La circular economy in Italia

Dal primo Rapporto nazionale 2019 sul modello dell’economia circolare realizzato dal Circulary Economy Network, l’Italia è N.1 in Europa in questo ambito. Il nostro Paese batte la Germania con un punteggio di 103 a 88. Al secondo posto nella classifica delle principali economie europee troviamo, a distanza, il Regno Unito (90 punti), la Germania, la Francia (87) e la Spagna (81).

In Italia, secondo un’indagine realizzata da Coldiretti nel 2019, il giro d’affari dell’economia circolare vale 88 miliardi di euro. Secondo il 59% degli italiani grazie alla green economy possono nascere nuove opportunità di lavoro per accompagnare lo sviluppo sostenibile del Paese. Primi in Europa per l’economia circolare, quel modello dove nulla si butta o quasi e tutto si ricicla. È un primato saldamente in mano italiana e non da oggi.

Il motore di ricerca di Circularity

In Italia è nato a giugno 2020 il primo motore di ricerca per l’economia circolare lanciato da Circularity, startup innovativa e società benefit fondata nel 2018 con l’obiettivo di rivoluzionare il mondo dei rifiuti in Italia. La piattaforma digitale  consente di trovare in pochi passaggi i partner migliori per dare nuova vita ai propri rifiuti e abilita la collaborazione e lo scambio peer to peer dei materiali, grazie al suo network geo referenziato di imprese industriali che producono scarti, imprese che possono riutilizzare quegli scarti nei loro processi di produzione, impianti di trasformazione dei rifiuti, che li fanno diventare materie prime seconde per nuovi prodotti, e trasportatori autorizzati.  Questo dovrebbe portare un triplice vantaggio: la riduzione del proprio impatto ambientale, l’ottimizzazione dei costi di gestione dei propri rifiuti e la valorizzazione dei materiali all’interno del ciclo produttivo contribuendo attivamente alla transizione verso l’economia circolare.

I vantaggi per il pianeta

Per comprendere l’importanza dell’economia circolare bisogna in primo luogo prendere in esame alcuni dei problemi che l’umanità si trova a fronteggiare in questo momento. Uno dei temi più rilevanti di questi anni è sicuramente il surriscaldamento dell’atmosfera causato dalla CO2 emessa principalmente per la produzione energetica, per l’attività industriale, e per i trasporti. In particolare, secondo l’ultimo studio dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) dell’ottobre del 2018, per evitare l’incremento della temperatura globale oltre gli 1,5 gradi celsius rispetto al periodo pre-industriale (il limite massimo per evitare effetti catastrofici sull’ecosistema globale) abbiamo circa 12 anni per ridurre del 50% le emissioni di CO2 e circa 30 anni per eliminarle totalmente. In caso contrario, alcuni degli effetti che si stanno già manifestando allo stato attuale si amplieranno ancora di più con un impatto devastante di siccità, incendi ed alluvioni. Tali eventi hanno già causato danni per 320 miliardi di $ nel 2017. 

In aggiunta sono da tenere presenti i danni causati dall’inquinamento dell’aria, per cui muoiono circa 9 milioni di persone l’anno. Per problemi respiratori o collegati ad essi spendiamo circa 3 mila miliardi l’anno tra medicinali e cure mediche.

Altro tema particolarmente rilevante è la plastica ed i danni derivanti da essa. Solo il 15% della plastica viene riciclata a livello mondiale (OECD 2018), il 25% è sottoposto a recupero energetico ed il restante 60% finisce in discarica.

La circular economy è comunque qualcosa di più del riciclaggio dei rifiuti: prevede lo sviluppo di una vera e propria economia da contrapporre a quella lineare che va dalla produzione di un prodotto al suo diventare rifiuto.

Breve storia dell’economia circolare

Il concetto di economia circolare ha profonde radici, ma non si può ricondurre a un singolo padre o a una data di nascita. Convenzionalmente si fa risalire la sua comparsa alla fine degli anni ’70, quando accademici e uomini di affari iniziarono a parlarne. Da allora si sono sviluppate sette diverse scuole di pensiero, spiegate ancora dalla Ellen Macarthur Foundation:
• Cradle to cradle. Tutti i materiali del processo produttivo e commerciale, sia tecnici che biologici, devono essere ‘nutritivi’ per poter essere continuamente riutilizzati all’interno dei loro rispettivi ‘metabolismi’. Questa teoria elimina il concetto di rifiuto, perché “rifiuto è nutrimento”; si basa esclusivamente sull’energia rinnovabile e rispetta l’uomo e l’ambiente, andando a preservare la salute degli ecosistemi e l’impatto sui luoghi.
• Performance economy. Walter Stahel aggiunse alla teoria C2C l’approccio a “circuito chiuso” del processo produttivo che comprende quattro obiettivi principali: estendere il ciclo di vita dei prodotti, realizzare beni di valore duraturi, fare attività di rinnovamento dei prodotti ed evitare gli sprechi.
• Biomimicry (imitazione della vita), ossia lo studio delle migliori idee della natura e l’imitazione di disegni e processi per risolvere i problemi degli esseri umani. Tre i princìpi più importanti: studiare ed emulare la natura; usare uno standard ecologico per giudicare la sostenibilità delle nostre innovazioni; valutare la natura non per capire cosa ricavarne ma cosa possiamo apprendere da essa.
• Industrial ecology. L’industrial ecology è lo studio della materia e dei flussi di energia attraverso i sistemi industriali. Considerata anche la scienza della sostenibilità, considera i rifiuti come l’input da cui partire per sviluppare un piano industriale che sfrutti l’ambiente, rispettandolo.
Capitalismo naturale, che si riferisce a tutta la gamma degli asset naturali, compresi la terra, l’aria, l’acqua e tutte le cose viventi. Si basa su quattro pilastri: incrementare radicalmente la produttività delle risorse naturali; dotarsi di modelli e materiali di produzione ispirati alla biologia; un modello di business volto a garantire una sequenza di servizi; reinvestire sul capitale naturale.
• Blue economy. Letteralmente: “usare le risorse disponibili in un sistema a cascata, dove il rifiuto di un prodotto diventa l’input per produrre una nuova cascata”.
• Regenerative design, che è diventato la cornice della circular economy. John T. Lyle teorizzò per primo l’applicazione a tutti i comparti produttivi di quanto già faceva l’agricoltura: studiare un sistema produttivo che rigeneri i prodotti e le risorse.

Economia circolare: il progetto europeo

Il 2 dicembre 2015 la Commissione europea ha adottato un ambizioso pacchetto sull’economia circolare. E’ composto da un piano d’azione dell’UE con misure relative all’intero ciclo di vita dei prodotti: dalla progettazione, all’approvvigionamento, alla produzione e al consumo fino alla gestione dei rifiuti e al mercato delle materie prime secondarie. Le norme puntano ad avere un effetto pratico sulla vita dei cittadini europei. Il provvedimento obbliga i Paesi membri a riciclare almeno il 70% dei rifiuti urbani e l’80% dei rifiuti da imballaggio, e vieta di gettare in discarica quelli biodegradabili e riciclabili. Le norme dovrebbero entrare in vigore a partire dal 2030. I deputati dovranno trovare un punto di equilibrio sui concetti di ‘rifiuto’ e ‘riciclo’ e armonizzare un sistema che comprende Paesi con abitudini diverse: la Germania e l’Austria riciclano già il 66% dei rifiuti,  la Repubblica Ceca che non arriva al 30%.

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Circular economy: i macro-temi

Economia circolare e città

L’economia circolare riguarda le città, dove ci sono innovazioni già realizzate o in fase di test, che presto potrebbero diffondersi su ampia scala. Un esempio: gli edifici che diventano veri e propri centri di produzione di energia e di cibo, riutilizzando scarti come le acque reflue e ottimizzando l’impiego di tutte le risorse. La circular economy avrà un impatto su smart cities, mobilità e urban farming.

Economia circolare e materiali

Quando si parla di circular economy, è inevitabile parlare dei biomateriali che si affermeranno su vasta scala in sostituzione della plastica. Nel prossimo futuro infatti i materiali sintetici spariranno, sostituiti da sostanze organiche e biodegradabili. Questo potrà dar spazio all’inventiva delle startup tecnologiche.

Economia circolare e tecnologie

I ricercatori stanno proponendo nuove soluzioni per favorire l’ulteriore sviluppo delle fonti rinnovabili. Per esempio due ricercatrici di Bologna stanno sviluppando il progetto di una batteria rivoluzionaria. Il focus delle nuove tecnologie per la circular economy è su intelligenza artificiale, Internet of Things ed energia green.

Gli obiettivi

L’idea di sviluppare l’Economia Circolare può forzare e orientare il sistema economico complessivo verso nuovi modelli di comportamento. Questo significa far prevalere la sostenibilità ambientale e sociale. Uno schema concettuale utile per inquadrare l’Economia Circolare è quello adottato dall’OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development), che evidenzia tre anelli di lettura diversi:

— la chiusura dei flussi di risorse, ciò che è conosciuto da lungo tempo come recupero e riciclo, dove il sistemarifiuti ha un ruolo centrale, ma anche il riutilizzo e il re-manufacturing dei prodotti;

—  il rallentamento del circuito d’uso, ossia l’allungamento della durata di vita dei prodotti e il contrasto all’obsolescenza accelerata rispetto a ciò che è logico dal punto di vista tecnico e accettabile a livello sociale;

— il restringimento del circuito d’uso, cioè l’efficienza nell’uso delle risorse che si concretizza nell’evitare lo spreco e nel produrre di più con la stessa quantità di risorse e materiali, con un focus che si estende al design e forme di “sharing economy”.

Per raggiungere questi obiettivi, uno dei driver fondamentali è dato dalle Direttive Europee sui rifiuti. Queste norme danno degli obiettivi molto ambiziosi da un punto di vista del riciclo e richiamano anche alla responsabilità estesa del produttore e alla plastics strategy, che cerca di ridurre l’uso delle plastiche monouso e riequilibrare la differenza tra raccolta differenziata e riciclo effettivo degli imballaggi in plastica. Altro driver rilevante per lo sviluppo dell’Economia Circolare sono gli aspetti culturali e 

I case study

Un esempio italiano di economia circolare è quello di Hera, quotata in Borsa dal 2003, tra le maggiori multiutility nazionali, operativa principalmente nei settori ambiente (gestione rifiuti), idrico (acquedotto, fognature e depurazione) ed energia (distribuzione e vendita di energia elettrica, gas e servizi energia). Si aggiungono poi l’illuminazione pubblica e i servizi di telecomunicazione. In Hera l’innovazione è una delle linee di sviluppo strategiche con focus su alcuni ambiti specifici tra cui l’economia circolare, ossia l’applicazione dell’approccio Circular Economy a tutti i business aziendali. La Direzione Sviluppo diretta da Enrico Piraccini e composta da 15 persone, è focalizzata su progetti secondo le due direttive Circular e Smart. Vengono quindi gestiti progetti Circular, come quelli sul recupero di rifiuti organici per la produzione di biometano. 

Economia circolare, le startup italiane

A marzo 2020 l’Osservatorio Startup Intelligence , in collaborazione con l’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano, ha censito 376 startup suddivise in 6 archetipi in base ai modelli di business adottati: Circular inputs, Resource recovery, Lifecycle extension, Sharing platform, Product as a service, Technology for waste prevention.

Con l’occasione sono state presentate 9 startup italiane dedicate a questi temi. QUI tutti i dettagli. Dalla riconversione del latte scaduto per colture cellulari, al recupero di scarti alimentari per realizzare integratori, ai prodotti per l’isolamento acustico fatti con materiali alternativi alla plastica, sono vari gli esempi di circular economy messa in pratica da realtà innovative in Italia.

Le startup hanno una posizione di grande vantaggio nell’innovazione sostenibile, ha spiegato Raffaella Cagliano, Direttore Scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano: “Possono disegnare il proprio modello di business secondo i principi dell’economia circolare, senza i vincoli e le limitazioni derivanti da una legacy orientata a tradizionali modelli take-make-waste. Tuttavia, per poter moltiplicare l’impatto positivo che queste nuove imprese sanno creare, è fondamentale che siano inserite in ecosistemi e filiere che ne valorizzino la capacità innovativa”.

Economia circolare: il programma di accelerazione per startup di Plug and Play

Nella primavera 2020 è stato inaugurato da Plug and Play, in partnership con A2A e Buzzi Unicem, il verticale Sustainability in Italia, un programma volto a ricercare startup innovative in ambito sostenibilità e integrarle nelle strategie operative delle aziende.

L’accordo consisterà nell’organizzazione di due programmi di accelerazione l’anno, ciascuno della durata di 3 mesi, in cui 20 startup, selezionate in base a degli ambiti tematici specifici scelti dalle due aziende partner, potranno valutare progetti di implementazione all’interno delle due imprese.

Intesa Sanpaolo e Fondazione MacArthur: perché una banca si occupa di economia circolare

A gennaio 2019 Intesa Sanpaolo ha rinnovato il proprio impegno al fianco della Ellen MacArthur Foundation, principale promotore della transizione globale verso la circular economy, confermandosi così l’unico Financial Services Global Partner della Fondazione grazie al rinnovo della partnership per altri tre anni. Nel suo ruolo di partner globale finanziario. Intesa Sanpaolo proseguirà nell’impegno di ridefinire le strategie d’impresa in chiave innovativa, assicurando il supporto finanziario per gli investimenti a sostegno del re-design del sistema industriale.

Intesa Sanpaolo è fra i global partner della Ellen MacArthur Foundation dal 2015 con l’obiettivo di sostenere la crescita e l’innovazione delle filiere produttive. Intesa Sanpaolo Innovation Center, società del Gruppo che ha come mission esplorare ed apprendere i nuovi modelli di business, presidia tutte le attività svolte in ambito circolare.

Tra le iniziative più significative si segnalano:
— Stanziamento di un plafond fino a 5 miliardi di euro per il periodo 2018-2021 con l’impegno di sostenere progetti innovativi e trasformativi per le Pmi e le grandi aziende ispirati ai principi dell’economia circolare;
— Diffusione dell’economia circolare attraverso la ‘CE Startup Initiative’: programma di accelerazione per startup con edizioni già realizzate in Italia e all’estero, in particolare nelle filiali Hub della Divisione CIB di Intesa Sanpaolo di Londra, Hong Kong e Dubai;
— Creazione insieme alla Fondazione Cariplo del CE lab, il primo laboratorio italiano per la circular economy con sede a Milano;
— Promozione del Manifesto per l’Economia Circolare firmato da primarie eccellenze del “made in Italy” con il patrocinio del Governo italiano;.
— Lead Partner della Ellen MacArthur Foundation per la realizzazione del report ‘Cities and Circular Economy for Food’, lanciato in occasione del World Economic Forum Annual Meeting a Davos, Svizzera, il 24 gennaio 2019.

(Articolo aggiornato al 05/06/2020)

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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