Ecosistema

Endeavor, se il Commissario Piacentini fa il mentor della startup

Il manager scelto da Renzi per dare la scossa digitale alla pubblica amministrazione è nel board dell’associazione non-profit che ha cominciato la sua attività anche in Italia. Darà i suoi preziosi consigli a nuove imprese pronte a internazionalizzarsi. Le prime due: Talent Garden ed Empatica

Pubblicato il 11 Ott 2016

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Diego Piacentini (da sinistra) alla presentazione di Endeavor Italia con Pietro Sella, Monica Mandelli e Carlo Alberto Carnevale Maffé

«Non sono mai stato imprenditore e mi ritrovo a farlo adesso a 55 grazie a Endeavor». Diego Piacentini, vicepresident di Amazon in aspettativa e Commissario straordinario per il Digitale appena nominato, è il pezzo forte del lancio ufficiale dell’organizzazione non-profit in Italia.

Come aveva anticipato EconomyUp lo scorso marzo, Piacentini è uno dei componenti del board italiano di Endeavor con Pietro Sella (Gruppo Banca Sella), Monica Mandelli (KKR), Paolo Ainio (Banzai), Stefano Barrese (Intesa SanPaolo), Fabbio Cannavale (Lastminute.com), Riccardo Donadon (H-Farm) e Alessandro Fracassi (Gruppo Mutuionline). Un dream team che secondo l’ambizioso obiettivo dell’associazione dovrebbe “costruire un ecosistema imprenditoriale in Italia”. DIciamo che più che costruire l’ecosistema può svegliarlo, energizzarlo, internazionalizzarlo grazie a un netowork di competenze e capitali che sono davvero potenti. Quindi meritoria è l’opera di Raffaele Mauro, talento italiano che dopo esperienze internazionali è tornato in Italia dove ha deciso di lasciare il “posto in banca” per lanciare, appunto, Endeavor.

E che in Italia ce ne sia bisogno lo dice il fatto che Endeavor prima che in Italia ha avviato l’attività in Spagna e in Grecia ma, ricorda Piacentini che frequenta il network da otto anni, non ha mai pensato di andare in India o in Cina. Dove sta il nostro ritardo? Pochi capitali, deboli connessioni internazionali, scarsa visione globale. Il Commissario straordinario ovviamente non perde l’occasione di togliersi elegantemente qualche sassolino dalla scarpa in occasione dell’evento ufficiale di lancio: «Quando abbiamo lanciato Amazon in Italia ci dicevano che eravamo dei pazzi, che gli italiani non comprano online. Era solo 6 anni fa. Il fatto è che spesso non c’è domanda per scarsa qualità dell’offerta». A buon intenditore poche parole.

Ecco Endeavor dovrebbe aiutare le nuove imprese, le startup, a crescere sane, robuste e internzionali. E soprattutto dovrebbe convincere le aziende “tradizionali” a innovare. «Quando le cose cambiano, prima accetti le nuove regole e prima hai successo», sintetizza Pietro Sella, che pure con la sua banca è stato tra i primi a credere nella digitalizzazione dell’industria dei pagamenti ma rischia sempre di essere sopraffatta da nuovi e più aggressivi operatori.

Endeavor è un club dove si entra dopo aver superato una severa selezione. Ha già scelto i primi due imprenditori su cui puntare: Davide Dattoli di Talent Garden e Matteo Lai di Empatica. Ma altri startupper sono stati già messi sotto osservazione, come Paola Marazario di BrandOn.

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