Tendenze

Chi condivide fa bene anche a te, digli di continuare

Uber e Airbnb, Car2Go ed eBay. Che cos’hanno in comune? Si fondano sulla sharing economy, che fa nascere nuovi business, crea lavoro e cambia le abitudini. Le prime a beneficiarne sono le startup. Ma anche le grandi aziende stanno prendendo l’iniziativa

Pubblicato il 07 Lug 2014

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L’economia collaborativa, una sorta di baratto 2.0, è in continua crescita e sta aprendo nuove opportunità di lavoro e di fare impresa. Le startup che cavalcano questa tendenza si moltiplicano in tutto il mondo e, intorno alle grandi imprese che hanno fatto dell’economia di scambio la loro fortuna – come Airbnb, TaskRabbit, Uber, KickStarter, Car2Go, Enjoy, EBay, LendingClub, Smartika, solo per citarne alcuni – stanno nascendo una miriade di nuove attività che puntano tutto sull’evoluzione del comportamento d’acquisto degli utenti.

La crisi economica in primis, ma anche la capillare diffusione delle nuove tecnologie e dei social media, hanno modificato le abitudini del consumatore che ormai vede nella condivisione di beni, servizi e idee non soltanto un modo per risparmiare, ma una nuova filosofia di acquisto. Si perde il confine tra consumatore e produttore perché tutti possono contribuire a creare il prodotto e possono offrire la propria esperienza o il proprio servizio.

Il mercato peer-to-peer mette in contatto coloro che vogliono mettere a disposizione un bene materiale o immateriale con coloro che hanno bisogno di tale bene. Spesso le aziende che operano nel settore fanno soltanto da intermediari, ma il segreto del successo sta nel capire prima di altri quali sono i bisogni nascenti della società e in che modo poterli soddisfare a prezzi sempre molto contenuti. Il concetto di collaborative economy è, dunque, molto più ampio rispetto al semplice sharing, condividere, perché prevede anche la creazione di nuovi valori di mercato, spesso legati a principi ambientalisti, ed è connesso alle dinamiche di community.

Secondo Forbes la crescita dell’economia collaborativa è pari a circa 25% l’anno e rappresenta, in una situazione economica stagnante, un fattore dirompente che può davvero segnare una svolta. Questa è una sfida che le aziende devono essere pronte a cogliere, abbandonando logiche di dominio del mercato ed essendo disposte a reinventarsi. Altrimenti rischiano di farsi soffiare la loro quota da nuove startup.

Qualche anno fa, Peugeot ha proposto un servizio di noleggio, chiamato Mu, disponibile in 70 città europee, attraverso il quale i clienti potevano affittare automobili, scooter e biciclette personalizzabili. Peugeot ha compreso che il car sharing stava prendendo piede e che non poteva non adeguare la sua offerta. Stessa cosa per il brand Patagonia che si è inventato una partnership con eBay creando un marchio di distribuzione di giacche, felpe, scarpe e altri oggetti di seconda mano. In questo modo è riuscito a battere la concorrenza nell’economia di scambio e ha esteso la sua offerta di prodotti.

Uber, Lyft, Hailo e altre applicazioni simili che consentono di prenotare una macchina con autista non hanno semplicemente offerto un servizio di noleggio, cosa che fanno già i taxi e le compagnie specializzate, ma si sono ricavate una nicchia nello stesso mercato, sfruttando le dinamiche del consumo collaborativo e le nuove tecnologie. Queste app offrono feedback sui tempi di attesa, preventivi immediati, le mappe che permettono di visualizzare la posizione delle vetture, nonché uno storico dati sulle richieste in modo da poter allocare più vetture in quelle zone. Fanno leva su un approccio diverso del consumatore alla stessa tipologia di servizio.

Uno studio pubblicato a settembre 2013 dalla Commissione europea, dal titolo The Sharing economy mette in evidenza come le imprese legate al consumo collaborativo abbiano avuto un forte impatto sociale. Anche il prestito di denaro si è trasformato in una logica peer-to-peer e, secondo lo studio Ue, ha oggi un tasso di crescita pari al 250%. Il fenomeno è particolarmente evidente negli Stati Uniti, dove aziende come Lending Club, la prima piattaforma di prestito online, hanno già erogato 1,5 miliardi di dollari. In Europa il sistema deve ancora affermarsi, ma ha buone probabilità di crescita: secondo una ricerca di Nesta, citata sempre dal rapporto Ue, il mercato potrebbe concedere fino a 12,3 miliardi di sterline l’anno.

Le prime beneficiarie della collaborative economy, aggiunge la Commissione europea, sono proprio le startup che, oltre a un più facile reperimento di fondi attraverso il crowdfunding, hanno a disposizione una quantità illimitata di risorse (abilità, creatività, idee, materie prime) reperibili in tutto il mondo. Riescono così, in poco tempo, a diventare competitive in settori che sembravano inattaccabili: si pensi a come Airbnb, il portale per affittare appartamenti per le vacanze, ha stravolto le certezze del settore alberghiero. La nascita di tante startup serve da stimolo per le imprese affermate che sono costrette a rivedere i loro modelli di business, adeguandoli agli schemi del consumo collaborativo.

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