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ChatGPT: riflessioni, paure, prospettive. Che cosa dicono 9 esperti

Sta per iniziare la rivoluzione ChatGPT: questa e analoghe piattaforme avranno un forte impatto sulla produzione di contenuti scritti, sul mondo della formazione e su quello dei creativi. Si perderanno posti di lavoro e ne nasceranno altri. E cosa succederà al nostro modo di imparare e pensare? Parlano pensatori e docenti

Pubblicato il 23 Gen 2023

ChatGPT e CEO

L’intelligenza artificiale applicata ai contenuti farà perdere posti di lavoro, ne creerà altri, diventerà un problema culturale, limiterà la libertà di espressione, minaccerà il valore della scrittura come strumento di pensiero, anzi no, diventerà un modo per giocare con un’infinità di dati a disposizione: sono le varie e variegate previsioni di alcuni pensatori – filosofi, teologi, docenti, esperti di tecnologie e di informatica – che riflettono sulla nuova rivoluzione di ChatGPT e analoghe piattaforme. Perché, ormai è chiaro, di rivoluzione si tratta. Con tutto quello che comporta: distruzione, rinascita, evoluzione.

ChatGPT, lo ricordiamo, è un prototipo di chatbot basato su intelligenza artificiale e machine learning sviluppato da OpenAI, organizzazione non a scopo di lucro per la ricerca sull’intelligenza artificiale. Co-fondata ad ottobre 2015 da Elon Musk e Sam Altman (Musk donò oltre 1 miliardo di dollari per poi dimettersi dal consiglio di amministrazione), sarebbe ora al centro delle mire di Microsoft, che starebbe per investire 10 miliardi di dollari per acquisire il 49% di OpenAI.

ChatGPT – balzato agli onori delle cronache nelle ultime settimane perché da qualche tempo è disponibile gratuitamente per chiunque – appartiene a una famiglia di intelligenze artificiali basate sul machine learning che utilizza una tecnica di deep learning nota come transformer: consiste nell’utilizzare una rete neurale per analizzare e comprendere il significato di un testo. Nello specifico, ChatGPT fa parte della famiglia degli InstructGpt, modelli formati tramite deep learning ma poi ottimizzati grazie al rinforzo umano.

La possibilità di creare in pochi secondi testi leggibili, efficaci e in gran parte corretti grazie a ChatGPT ha sorpreso il mondo e causato una serie di riflessioni, dubbi, domande e anche timori. Vediamo cosa ne pensano, in estrema sintesi, alcuni esperti.

Luciano Floridi: “L’intelligenza artificiale cancellerà i lavori ripetitivi”

“A un essere umano per fare qualcosa con successo serve intelligenza, anche un minimo. Oggi diversi processi possono essere fatti dalle macchine a intelligenza zero. Anzi, possono farle anche meglio di noi. Ma lo fanno dal punto di vista computazionale, non con l’intelligenza. Si comporta ‘come se’. Oggi le sue risposte sono banali. Forse un domani lo saranno meno”. Il filosofo Luciano Floridi, intervistato da “Repubblica”, spiega perché ChatGPT, e in generale gli strumenti di intelligenza artificiale per la produzione di contenuti, “si comportano in modo intelligente, pur non essendo intelligenti”. Ma ammette che “non c’è un limite teorico al suo miglioramento”, semmai di “risorse finanziarie e computazionali”.  E sostiene che “nel breve periodo andranno persi tutti i lavori di ripetizione”. Anche quelli dei giornalisti che scrivono articoli “semplici”.

Paolo Benanti: “ChatGPT colpirà innanzitutto Google”

ChatGpt di OpenAI potrebbe cambiare le cose innanzitutto per Google, scrive il teologo Paolo Benanti su “Avvenire”. “Il sistema potrebbe rivelarsi come un disastro finanziario per Google – afferma – in quanto fornisce risposte superiori alle domande che attualmente rivolgiamo al motore di ricerca più potente del mondo”. L’autore chiarisce: “Google funziona analizzando miliardi di pagine web, indicizzando i contenuti e classificandoli. Quindi, fornisce all’utente un elenco di link su cui fare clic. ChatGpt offre qualcosa di più allettante: un’unica risposta basata sulla propria ricerca e sulla sintesi di tali informazioni. Insomma, ChatGpt non risponde con una serie di link ma con una risposta stile vecchio Bignami, il libretto di riassunti per la scuola che si usava alle superiori”. Benanti fa un esempio: voleva capire se fosse meglio il latte condensato o quello in polvere per fare un dolce per i confratelli, ha cercato sia su Google sia su ChatGPT, ma è quest’ultima che ha dato subito una risposta univoca e precisa, seppure prolissa.

Google teme ChatGPT e i suoi “fratelli”

Come volevasi dimostrare: secondo quanto riportato dal New York Times, a gennaio 2023 i due fondatori di Google, Sergey Brin e Larry Page, che da tempo non partecipavano attivamente a un progetto della società inaugurata nel 2008, sono stati richiamati dall’attuale amministratore delegato, Sundar Pichai. L’obiettivo di questa nuova “chiamata alle armi” è proprio quello di combattere il pericolo ormai concreto di ChatGpt e degli altri sistemi di produzione di contenuti basati sull’intelligenza artificiale. Al momento sarebbero attivi una ventina di progetti di AI. Nel frattempo Alphabet, la holding di Google, ha annunciato che taglierà 12mila posti di lavoro, in conseguenza del picco di assunzioni effettuate in pandemia e della crisi economica mondiale.

OpenAI sfrutta i lavoratori africani

Non solo perdita di posti di lavoro: dal mondo OpenAI arriva una storia di sfruttamento dei lavoratori. “Time” ha scoperto che in Kenya un partner in outsourcing di OpenAI, Sama, paga tra gli 1,32 e i 2 dollari al giorno i dipendenti addetti a “depurare” i dati forniti a ChatGPT . Queste persone si occupano di selezionare e scartare tutti i contenuti “tossici” provenienti dalla rete, dal linguaggio razzista ai contenuti pornografici: un lavoro che li mette psicologicamente a dura prova, e per il quale vengono miseramente retribuiti.

Cosimo Accoto: ChatGPT sarà un problema culturale

Il filosofo Cosimo Accoto, su EconomyUp, affronta la questione dal punto di vista culturale. Cosa cambia nella nostra cultura con l’avvento di quello che lui definisce “il linguaggio sintetico”? Accoto invita ad evitare sia gli atteggiamenti di sufficienza, sia quelli eccessivamente entusiastici. “Non siamo di fronte solo a nuovi problemi tecnologici, ma anche e soprattutto a nuove o rinnovate provocazioni culturali e sorprendenti paradossi (tra il dentro e il fuori del testo, tra il linguaggio e la sua relazione col mondo, tra la presa di parola della macchina e l’esperienza dell’umano che viene parlato). E se i problemi tecnici richiedono una soluzione ingegneristica, le provocazioni intellettuali ci sollecitano piuttosto all’innovazione culturale”.

Marco Camisani Calzolari: “Inutile combattere l’AI, non può essere ‘disinventata'”

“Preparatevi a un cambiamento epocale” ha scritto sui social Marco Camisani Calzolari, docente e divulgatore esperto di nuove tecnologie. “I copywriter dovranno cambiare mestiere, e diventeranno addestratori di AI. Su fiverr ci sono già numerosi strumenti per creare blog dai contenuti automatici, generati solo sulla base di una semplice richiesta come “Scrivi un pezzo sulla blockchain”. I programmatori dovranno avere competenze molto elevate perché il codice di un’app di base la scrive l’AI sulla base di semplici istruzioni come “Scrivi il codice per un’app in grado di calcolare un percorso”.  Gli avvocati dovranno diventare consulenti strategici di alto livello, perché le lettere le scrivono più facilmente le AI. I grafici dovranno competere con le AI generative che realizzano qualsiasi cosa sulla base di una descrizione. I videomaker dovranno fare cose straordinarie, perchè il montaggio di base lo fa già l’AI…Saranno molti altri i lavori che spariranno, ma il punto vero, più critico, è che molti se ne accorgeranno quando sarà tardi. Altri combatteranno contro le AI, che però come tutte le invenzioni non potrà essere “disinventata”, e in questo modo perderanno tempo prezioso che avrebbero potuto dedicare ad evolversi”.

Adrian J. Wallbank (Oxford Brookes University): “ChatGPT annullerà la libertà di espressione”

Che effetto avrà ChatGPT sul mondo della formazione scolastica? Molti docenti sono pronti a introdurre l’utilizzo delle tecnologie di intelligenza artificiale per i contenuti nelle scuole e nelle università, scrive su “Times Higher EducationAdrian J. Wallbank, Senior Fellow della Higher Education Academy della Oxford Brookes University. I colleghi di Wallbank motivano questo atteggiamento di apertura con l’inevitabilità del progresso tecnologico e l’importanza di dare ai propri studenti tutti gli strumenti utili per trovare un posto di lavoro. Ma, secondo il professore, “l’incorporamento dell’IA (in particolare ChatGPT e dei suoi inevitabili successori) nel nostro insegnamento e nelle nostre valutazioni eroderà l’autonomia degli studenti riguardo alle loro esperienze di apprendimento, minerà il pensiero indipendente e, in definitiva, annullerà la libertà di espressione”. Per esempio Wallbank fa notare che ChatGPT potrà risolvere quello che si chiama “blocco dello scrittore”, cioè le difficoltà iniziali che può avere uno studente nello scrivere una tesi o altro documento. Il docente ritiene queste incertezze necessarie nel contesto di un processo formativo. “Se ci rassegniamo a pensare che la resistenza sia inutile, e semplicemente permettiamo all’IA di prendere in tutto o in parte il posto della voce degli studenti e del complicato processo di apprendimento che va a svolgere un compito di valutazione, siamo sicuramente colpevoli di abbandonare le nostre responsabilità di educatori”.

Naomi S. Baron, linguista: “L’AI influirà sulle capacità di scrittura e di pensiero”

Sempre in campo formativo, si pronuncia la linguista Naomi S. Baron,  ex Guggenheim Fellow, Fulbright Fellow e Visiting Scholar presso il Stanford Center for Advanced Study in the Behavioral Sciences. “Da linguista che studia gli effetti della tecnologia sul modo in cui le persone leggono, scrivono e pensano – è un brano del suo articolo su “The Conversation” – credo che ci siano altre preoccupazioni oltre a quella che gli studenti copino testi dal ChatGPT. Per esempio dobbiamo ragionare su come l’utilizzo dell’intelligenza artificiale può minacciare le abilità di scrittura degli studenti, il valore del processo di scrittura e l’importanza di guardare alla scrittura come a un veicolo per pensare“.  

Ian Bogost, docente di ingegneria: “L’AI ci consentirà di giocare con un materiale sterminato”

Più ottimista è Ian Bogost, docente di ingegneria e informatica, e direttore del programma di studi sul cinema e i media alla Washington University di St. Louis. A suo parere, dovremmo “giocare” con l’intelligenza artificiale. “ChatGPT – scrive su “The Atlantic” – non è un passo lungo il percorso verso un’intelligenza generale artificiale che comprenda tutta la conoscenza e i testi umani. È semplicemente uno strumento per ‘giocare’ con tutta quella conoscenza e tutti quei testi. Il gioco implica soltanto lavorare con le materie prime per vedere cosa sono in grado di generare. (…) I LLM sicuramente non sostituiranno il college, o le riviste, o i middle manager. Ma offriranno a questi ed altri soggetti un nuovo strumento (questa è davvero la parola giusta) attraverso il quale giocare con una quantità insondabile di materiale testuale”.

Mark Finalyson, docente di Computer Science: “Nasceranno lavori oggi inimmaginabili”

Mark Finlayson, Associate Professor di Computer Science alla Florida International University, è convinto che le piattaforme come ChatGPT causeranno la perdita di posti di lavoro, ma ne genereranno altri. “Come ogni nuova potente tecnologia che automatizza una competenza – ha detto a “The Conversation” – avrà un impatto su coloro che offrono quell’abilità sul mercato. Per cercare di capire ciò che potrebbe accadere, è utile ricordare l’impatto dell’introduzione dei programmi di elaborazione testi nei primi anni Ottanta. Alcuni lavori come il dattilografo sono quasi completamente scomparsi. Ma chiunque avesse un personal computer è stato in grado, da allora in poi, di sfornare con facilità documenti ben scritti, aumentando notevolmente la produttività. Inoltre, sono apparsi nuovi lavori e competenze che prima erano inimmaginabili e il mercato per la produzione di documenti di fascia alta è rimasto, diventando molto più sofisticato e specializzato.  Penso che questo stesso schema varrà quasi certamente per i modelli linguistici di grandi dimensioni: non ci sarà più bisogno di chiedere ad altre persone di redigere un testo coerente e generico. D’altro canto, i grandi modelli linguistici consentiranno nuovi modi di lavorare e porteranno anche a nuovi posti di lavoro ancora inimmaginabili”.

AI e contenuti creativi: per il docente Kentaro Toyama sono a rischio grafica e illustrazioni

“Come saranno valutate l’intelligenza e la creatività umana quando le macchine diventeranno più intelligenti e creative delle persone più talentuose?” si chiede Kentaro Toyama, Docente di Community Information alla  University of Michigan. “Probabilmente ci sarà un continuum” ipotizza. “In alcuni settori, le persone apprezzano ancora gli esseri umani che fanno le cose, anche se un computer può farle meglio. È passato un quarto di secolo da quando Deep Blue di IBM ha battuto il  campione del mondo Garry Kasparov, ma gli scacchi non sono scomparsi come attività tra umani. In altri settori, l’abilità umana sembrerà costosa e non necessaria. Prendiamo ad esempio l’illustrazione. Ai lettori, in generale, non importa se il grafico che accompagna un articolo di una rivista sia  stato disegnato da una persona o da un computer: vogliono solo che sia rilevante, nuovo e forse divertente. Se un computer sa disegnare bene, ai lettori va bene così”. “Se la storia può essere una guida -prosegue – è quasi certo che i progressi nell’Artificial Intelligence faranno svanire più posti di lavoro, che le persone della classe creativa con abilità solo umane diventeranno più ricche ma meno numerose, e che coloro che possiedono la tecnologia creativa diventeranno i nuovi mega-ricchi“.

A QUESTO LINK un colloquio sul fenomeno ChatGPT  tra Andrea Cinelli, angel investor, venture builder e CEO di FoolFarm, e Carlo Alberto Carnevale-Maffè, docente di strategia alla Bocconi.

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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