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Venture capitalist, evitiamo la sindrome del ciclista
Chi va in bici sa che c’è sempre qualche furbetto che succhia la scia e si scatena in prossimità del traguardo. I professionisti non si fanno così: pensano alla squadra e al successo di uno per tutti. Vorrei che anche l’Italia dei business angel e dei vc si comportasse così. Senza scatti malandrini
di Cristiano Esclapon
Pubblicato il 28 Gen 2014

Vorrei che l’Italia dei business angels e dei venture capitalist si comportasse come i ciclisti professionisti. Vorrei che lo sforzo fosse comune e che i nuovi giovani imprenditori fossero aiutati dal sistema con una progressione dignitosa e rispettosa delle varie fasi dello sviluppo. Vorrei che non ci fossero capitali appostati per sfruttare lo sforzo del gruppo e che ognuno svolgesse la sua funzione senza cercare di dimostrare di essere più furbetto del resto del gruppo.
Nel 2013 sono nate iniziative fantastiche negli acceleratori italiani, fatte della fatica di imprenditori e di mentor che hanno messo il loro tempo ed il loro denaro con la voglia di cambiare il sistema, di cambiare l’Italia. Questo deve essere un esempio da imitare, rispettando lo sforzo altrui senza il timore di capitali appostati in attesa di arraffare tutto. Se rimaniamo uniti come una squadra di ciclisti professionisti, possiamo accompagnare i nostri campioni al traguardo e goderne tutti. Fortunatamente oggi il sistema è riuscito a trovare i primi capitali per far partire tanti giovani. Adesso si sveglino i capitali che servono per favorire la crescita, senza quegli scatti malandrini che forse fanno passare qualcuno per primo su un traguardo virtuale ma sicuramente fanno perdere il rispetto di chi lavora per la squadra.
* Cristiano Esclapon è Founder del Club Italia Investimenti 2