La storia
Gli italiani che fanno startup all’estero: il caso Localler
Gianpaolo Vairo, 34 anni di Belluno, ha fondato a Barcellona la piattaforma per far crescere le Pmi nel settore del turismo. «In Italia gli incubatori offrono risorse ridicole: 15mila euro e 2 mesi di incubazione bastano sì e no per un’app del telefonino. In Spagna abbiamo trovato denaro (250mila euro), know how e supporto»
di Concetta Desando
Pubblicato il 19 Ott 2015

Ma andiamo con ordine. Originario di Belluno, classe 1981, dopo gli studi in architettura “non riuscivo a trovare nessun tipo di lavoro in questo settore. Ecco perché ho appeso la pergamena al muro e me ne sono fatto una ragione” racconta. Così decide di cambiare ambito e segue un corso di Business Administration a Venezia. Lavora per qualche anno in aziende internazionali e in diverse amministrazioni pubbliche del nord Italia. Tra il 2006 e il 2007, però, si parla già di crisi economica e per lui, ancora una volta, non c’è posto nel mondo del lavoro. Un destino comune a molti giovani italiani. La sua fortuna, però, sono stati gli amici che si erano trasferiti in Spagna, “chi per studio chi per lavoro” dice, che lo convincono a trasferirsi lì per qualche mese “in cerca di fortuna”. E la fortuna arriva. Proprio a Barcellona, infatti, Gianpaolo può mettere a frutto le sue conoscenze sull’architettura perché inizia a lavorare per un’impresa che si occupa di interni per alberghi. La magia, però, dura poco. Alla fine del 2008 l’impresa non rinnova il contratto di lavoro. Gianpaolo cerca altrove: ad aprirgli le porte, questa volta, è un’agenzia di affitti turistici di Barcellona. “Sono entrato come tuttofare, poi le mie capacità tecnologiche e organizzative mi hanno permesso di iniziare la scalata dei livelli: prima ricoprendo ruoli sempre più prestigiosi, poi andando a lavorare per agenzie sempre più importanti” racconta.
È così che Vairo entra nel settore del turismo. “Non ho mai studiato in questo ambito, non ho una formazione accademica sul settore. Ma ho fatto pratica direttamente sul campo, girando il mondo e imparando i trucchi del mestiere, confrontandomi con tutte le realtà europee e non perdendomi neanche una fiera dedicata al turismo”. È in uno di questi viaggi che Gianpaolo conosce Giulia Nidasio, colei che sarà la cofounder di Localler. Nata a Milano nel 1980, dopo una laurea in Disegno Industriale al Politecnico di Milano, si trasferisce prima in Australia e poi a Barcellona. Lavora per il leader europeo dello sviluppo di soluzioni Mobile Golden Gekko, ma la sua vera passione è il turismo. “Durante uno dei nostri viaggi ci siamo ritrovati a riflettere sulle PMI e su quanto poco sfruttino le potenzialità del web per migliorare le offerte turistiche e aumentare gli affari”. Nel 2013 i due ragazzi decidono di fondare Localler: “Si tratta di uno strumento di marketing rivolte alle piccole e medi imprese e ai professionisti che operano nel turismo volto a semplificare e automatizzare la gestione della disponibilità e dei prezzi sui differenti canali di vendita online, da Airbnb a Wimdu a Trip4real, e offline” spiega Vairo. Grazie alla gestione integrata di differenti offerte turistiche che vengono messe in rete a livello territoriale e per tipologia, Localler permette di incrementare in modo significativo le prenotazioni online degli operatori con costi di gestione inferiori. “Il nome della startup è frutto di un mix di fantasia, brainstorming e una bottiglia di vino” continua Vaino. “All’inizio avevamo pensato a The Accomodationer, ma c’era chi diceva che era troppo lungo, chi che era difficile da ricordare, chi che non era scritto nel modo corretto. Così abbiamo deciso di cambiare. Dopo una bottiglia di vino, ci è venuta l’illuminazione: The localler, acronimo di local e traveller”.
La sede della startup è a Barcellona. “Non avremmo potuto fare diversamente. In Italia ci sono tanti programmi di incubazione ma offrono risorse ridicole: 15mila euro e 2 mesi di incubazione bastano sì e no a sviluppare un’app per il telefonino. A Barcellona abbiamo trovato il denaro, il konw how e il supporto necessari a creare la piattaforma completata a gennaio e poi presentata a Expo. Dobbiamo tutto a Incubio, l’incubatore di Barcellona che ha finanziato l’idea con oltre 250mila euro”.
A convincere i ragazzi che la strada intrapresa è quella giusta sono i dati di Business Travel News, secondo i quali il 40% delle PMI nel turismo a livello internazionale non permette
La startup si rivolge a tutte le PMI europee, in modo particolare a quelle italiane: “In Italia le piccole realtà dedicate al turismo sono tantissime. L’Italia è un Paese turistico da sempre ma dobbiamo ancora imparare molto dal punto di vista innovativo e tecnologico. Oggi, le PMI italiane difficilmente sanno proporre agli utenti un pacchetto vacanza con le linee guida di ciò che si può fare sul luogo o nelle vicinanze. ‘Quando arriveranno sul posto vedranno’ dicono gli albergatori. Una cosa così poteva andare bene anni fa, ora non più. In questo l’Italia ha tanto da imparare, ecco perché puntiamo molto sul mercato italiano”.
Oggi il team è composto da sei persone che “lavorano 24 ore su 24” racconta ancora Vaino. “Cerchiamo 350-400mila euro per potenziare la piattaforma e rivoluzionare così il settore turistico”.
E sulla possibilità di aprire una sede in Italia: “Stiamo avviando una collaborazione con un’altra startup attiva nel settore turistico e stiamo valutando la possibilità di aprire una sede tra il Trentino e Veneto dice -. Ma non chiedetemi di tornare a vivere in Italia. Ho appena comprato casa a Barcellona”.