Sharing economy, anche i leader vogliono regole (ma senza fare pasticci)
I rappresentanti italiani di tre big del settore, AirBnb, BlaBlaCar e Uber, si sono ritrovati alla Edison Innovation Week a Milano per parlare dell’economia della condivisione. Tutti d’accordo sulla necessità di una regolamentazione. Ma avvertono: serve chiarezza e semplicità
di Luciana Maci
Pubblicato il 09 Giu 2016

La sharing economy è ritenuta a tutt’oggi un fenomeno dalle molteplici anime e dai contorni non ancora ben definiti. Anche per questo motivo si sono sviluppate una varietà di definizioni parallele e/o sottodefinizioni: da peer-to-peer economy a economia collaborativa o consumo collaborativo, da gig economy o economia dei lavoretti fino a servizi on-demand.
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Tuttavia, quasi ogni volta che si parla di sharing economy, emergono più o meno gli stessi nomi di aziende attive nell’area. Tra questi AirBnb, il portale che mette in contatto persone in cerca di un alloggio o una camera per brevi periodi con persone che dispongono uno spazio extra da affittare, generalmente privati (modello di business che gli esperti preferiscono definire rental economy); Uber, azienda con sede a San Francisco che fornisce un’applicazione per chiamare e noleggiare da smartphone un’auto con conducente (preferibilmente catalogata tra i servizi on demand): e BlaBlaCar, la community di carpooling che consente di offrire o ricevere passaggi in auto tra privati dietro rimborso spese (realtà che si avvicina più delle altre al concetto ‘puro’ di sharing economy).
Proprio questi tre player – o meglio, i rappresentanti per l’Italia di Uber, BlaBlaCar e AirBnb– insieme alla sociologa Ivana Pais, hanno avuto modo oggi di fare il punto sulla loro presenza nel nostro Paese ed esprimere la loro opinione su quanto si sta muovendo sul fronte della regolamentazione. È infatti partito a inizio maggio l’iter legislativo della proposta di legge sulla Sharing economy messa a punto dall’Intergruppo parlamentare per l’innovazione.
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In futuro potrebbero arrivare anche le regole per disciplinare Uber nel nostro Paese. Il 24 maggio è stato presentato in Commissione Industria del Senato un emendamento al ddl Concorrenza che in pratica impone al governo di varare un decreto legislativo per la “revisione della disciplina in materia di servizi pubblici non di linea”.
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Ma cosa ne pensano i diretti interessati? “Ben venga la regolamentazione sulla sharing economy.


Ivana Pais, docente di Sociologia alla Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano, ribadisce la

Un altro elemento emerso dal dibattito è la crescente affermazione dell’economia della condivisione nel nostro Paese: non più qualcosa di elitario, perché riservato solo a innovatori o appassionati di digitale, ma un fenomeno che, a breve, potrebbe diventare di massa.
“L’Italia è il terzo Paese al mondo ad utilizzare AirBnb, preceduto solamente da Stati Uniti e Francia” ha ricordato Alessandro Tommasi. “Del resto due italiani su tre hanno una casa di proprietà e molte abitazioni sono inutilizzate. Ci chiedono spesso se siamo sharing economy o rental economy. Io dico che la sharing economy ha una base commerciale, ma le sue premesse risiedono nel rapporto umano. Esiste una naturale diffidenza a confrontarsi con estranei, le relazioni instaurate attraverso AirBnb si basano invece sulla fiducia reciproca. L’età media degli host è 43 anni, di chi viaggia 33, quindi c’è anche uno scambio generazionale. Inoltre garantisce possibilità notevoli a livello economico”.

E Uber è sharing economy o no? “Non nasce come sharing economy – ammette Carlo Tursi – ma da due giovani che una notte, a Parigi, non sono riusciti a trovare un taxi per tornare in albergo. L’idea era quindi quella di rispondere alla necessità di nuove soluzioni di mobilità urbana. All’inizio attraverso l’app si richiedeva una limo-car, un servizio di lusso. Col tempo Uber è diventata sempre più sharing economy: prima con UberX, in Europa chiamata UberPop, poi con UberPool, che consente al passaggero di intercettare altre persone che fanno il suo stesso percorso sull’auto noleggiata per poi dividere le spese”. Quanto all’immediato futuro, Tursi dice: “In Italia vogliamo diventare sempre meno elitari. Puntiamo ad offrire servizi sempre più sicuri e affidabili, ma anche sempre più accessibili ed economici. Ci dovranno però essere d’aiuto i passaggi regolatori”.