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Polihub 2018, “da incubatore di startup a hub di innovazione imprenditoriale”

“È stato un anno decisivo per la nostra strategia di sviluppo”, dice Claudia Pingue, General Manager dell’incubatore del Politecnico di Milano, che ripercorre i momenti più importanti: dal lancio del Fondo Poli360 al terzo posto al mondo. Con qualche storia esemplare…

Pubblicato il 20 Dic 2018

Claudia Pingue, general manager del Polihub

“Il 2018 è stato l’anno decisivo per il consolidamento della nostra strategia di sviluppo: la creazione di un vero e proprio hub di innovazione specializzato nell’imprenditorialità innovativa hi-tech”, così Claudia Pingue, General Manager del Polihub, sintetizza l’anno che si chiude per l’incubatore gestito dalla Fondazione Politecnico di Milano, che ambisce a essere molto di più che un “normale” centro di incubazione per startup.

Il 2018 del Polihub si è aperto con una posizione di prestigio nel podio dei più importanti incubatori universitari del mondo. Un riconoscimento che ha confermato la bontà del lavoro fatto ma anche nuovo impulso? Pingue, che cosa c’è da ricordare nel 2018 del Polihub?
Decisamente molto. Provo a ripercorrere le tappe fondamentali di un anno particolarmente intenso. Siamo partiti rafforzando la Switch2Product, il nostro programma di scouting imprenditoriale che lavora principalmente all’interno del Politecnico di Milano grazie alla collaborazione con l’Ufficio di Trasferimento Tecnologico, raddoppiando le risorse economiche a disposizione dei nostri ricercatori e docenti per lo sviluppo e la brevettazione delle tecnologie. Sempre su questo fronte abbiamo lanciato, in collaborazione con il MIP, il primo corso executive in Italia su Entrepreneurship, Innovation & Startup, rivolto a manager e business angel interessati a lavorare con le startup, proprio al fine di rafforzare la capacità dei nostri team imprenditoriali di intercettare il mercato integrando competenze di business.

Un’attenzione al giacimento di idee e competenze del Politecnico, quindi, ma sempre pensando alle startup…
Assolutamente. Per accelerare la creazione di startup hi-tech a partire dalle invenzioni e dai prototipi sperimentali, decisiva è stata la creazione insieme a 360 Capital Partners di Poli360, fondo di investimento da 60 milioni di euro dedicato a rafforzare il trasferimento sul mercato delle tecnologie, operando sin dalla fase di pre-seed investement. Per sostenere poi la fase di scale-up, oltre a confermare la nostra partnership con Deloitte, abbiamo lavorato a un importante accordo sull’imprenditorialità innovativa con l’Università Bocconi, che ci ha permesso di lanciare l’iniziativa BeReady2Fly, di cui il primo evento si è tenuto in Borsa lo scorso 26 novembre.

Che cosa è stato fatto sul fronte internazionale?
L’ingrediente internazionale è garantito da accordi con principali acceleratori e investitori che operano a livello globale e in particolare dalla joint venture nata quest’anno con la pechinese TusHolding che ha investito in Bovisa 50 milioni di euro. A tutto ciò, poi, si somma l’avvicinamento di grandi e medie aziende nazionali e internazionali che decidono di giocare partite di innovazione aperta unendosi al Distretto di Innovazione del Politecnico di Milano, attivando non spazi di visibilità ma veri e propri laboratori di R&D e di sperimentazione di innovazioni.

Qual è il risultato di tutto questo lavoro?
Oggi in Bovisa comincia a respirarsi quella cultura in cui l’innovazione e l’imprenditorialità sono la norma, così come i processi di sperimentazione. Una cultura che permea tutti gli attori coinvolti, Università, Centri di Ricerca, Venture Capitalist, Grandi Aziende e Imprenditori, allineandone gli obiettivi. Una concentrazione di competenze tecnologiche e di business, di innovatori e di imprenditori, di investitori e di potenziali acquirenti, che rende più efficaci i processi di innovazione e più facile la creazione di startup innovative. A febbraio di quest’anno siamo diventati il terzo migliore incubatore universitario al mondo, secondo il ranking di UBI Global: oltre ai risultati economici delle nostre startup, fondamentale anche la valutazione della capacità di PoliHub di continuare a far crescere il suo ecosistema di riferimento.

Qualche storia esemplare del 2018?
Una bella storia è certamente quella di Phonic Vibes. Due dottorandi di ricerca del Politecnico di Milano, impegnati in progetti al MIT di Boston e all’ETH di Zurigo per lo studio dei meta-materiali (strutture le cui proprietà non dipendono dalla materia ma dalla geometria), hanno deciso di tornare in Italia per creare la loro startup, Phononic Vibes appunto, e grazie all’investimento combinato dell’Università e del Fondo Poli360, hanno realizzato un meta-materiale che abbatte significativamente rumori e vibrazioni, oggi in fase di sperimentazione in campo, grazie alla collaborazione con importanti aziende, tra le quali Ferrovie Nord e Franke. Ritengo Phononic Vibes un esempio concreto di come la mobilità delle persone e del know how, insieme alla mobilità delle tecnologie e dei capitali, sia un elemento fondamentale per la creazione di imprese innovative globali.

Le startup continuano a nascere ma poi?
Abbiamo anche avuto storie di acquisizioni, come nel caso di Zeus, spin-off del Politecnico di Milano che produce BIKE+, una bici elettrica ibrida, acquisita da una realtà che opera a livello internazionale, e di Steriline Robotics, un corporate spinoff di Steriline che produce un robot per la preparazione di farmaci in dose unica. Ma in mezzo ci sarebbero tante altre storie che potrei raccontare. I nostri dati di preconsuntivo 2018 parlano anche di loro: più di 1.300 progetti di impresa valutati, di cui 150 le iniziative supportate complessivamente durante l’anno nei nostri programmi di potenziamento imprenditoriale e di business. Le nostre startup quest’anno hanno fatturato cumulativamente più di 30 milioni di euro, hanno impiegato circa 700 persone e hanno raccolto investimenti per circa 23 milioni di euro, raddoppiando di fatto la raccolta di capitale rispetto allo scorso anno. Una crescita di valore superiore a quella avuta dall’ecosistema italiano.

Ecco, appunto, come sta l’ecosistema italiano? Molti segnali e qualche dato sembrano incoraggianti. C’è da sperare bene per il 2019?
Il valore dell’ecosistema italiano delle startup ha avuto una crescita importante rispetto allo scorso anno ed è una buona notizia ma attenzione a non scambiarla per un cambio di marcia. Nel 2018 gli investimenti totali in equity nelle startup italiane sono cresciuti più dell’80% rispetto al 2017 passando da 331 a 598 milioni di euro, (dati dell’Osservatorio Startup Hi-tech del Politecnico di Milano) grazie in particolare al peso che gli investitori internazionali hanno avuto nel condurre operazioni di round growth. Dati questi che ci confortano sulla qualità delle nostre invenzioni, delle nostre idee e delle nostre persone ma non altrettanto sulla capacità che abbiamo di difendere il valore della nostra innovazione a livello internazionale. La capacità d’investimento in innovazione del nostro ecosistema è ancora ad una distanza siderale anche solo da nazioni a noi più vicine come la Germania, la Francia e la Spagna.

Perché siamo in questa situazione? Che cosa manca?
Manca un sistema strutturale per far crescere il sistema del venture capital ed ora più che mai è necessario impegnarsi per creare un’infrastruttura che generi le condizioni per far nascere aziende in grado di crescere e svilupparsi in Italia, evitando di esportare talenti e pezzi di PIL. Bisogna ancora lavorare per creare veramente un ecosistema italiano, capace di sostenere la fase di scaleup delle iniziative. Il contributo di PoliHub sarà quello di continuare a diffondere la cultura su come la via dell’innovazione e del suo fronte imprenditoriale siano leve indispensabili per lo sviluppo economico e per il rinnovamento del sistema imprenditoriale del nostro Paese.

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