L’Europa non può più permettersi di rimandare sull’innovazione per la competitività e sul 28° regime. Diciannove capi di Stato e di governo hanno inviato al presidente del Consiglio europeo António Costa una lettera che suona come un ultimatum gentile: semplificare le regole, alleggerire gli oneri amministrativi, aggiornare la politica di concorrenza e — soprattutto — mettere in cantiere senza indugi il cosiddetto “28° regime”, lo statuto giuridico unico per startup e scaleup destinato ad abbattere la frammentazione del mercato (qui puoi leggere la versione integrale della lettera nella sua versione originale).
Il documento suona come una chiamata all’azione che richiama due riferimenti precisi: il Rapporto Draghi sulla competitività e il Rapporto Letta sul mercato unico. Ne ripercorriamo qui i passaggi più chiari e forti, spiegando perché il 28° regime è diventato la bandiera di chi vuole un’Unione più competitiva e pronta alla crescita. N on risultano firmatari della lettera Danimarca, Ungheria, Irlanda, Spagna, Malta, Romania, Slovacchia e Slovenia.
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Che cosa dice la lettera dei 19
Il testo — sottoscritto, tra gli altri, anche dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni – — parte da una constatazione netta: “la semplificazione è la chiave della competitività”. I firmatari individuano tre azioni immediate e misurabili:
- Riesaminare sistematicamente l’intero corpo regolatori dell’Unione per identificare norme “superflue, eccessive o sbilanciate”.
- Ridurre la mole regolatoria, smantellando le regole obsolete tramite un flusso costante di proposte omnibus della Commissione e, quando necessario, con il ritiro di atti superflui.
- Contenere la produzione di nuove norme, estendendo il freno anche alla “proliferazione di atti delegati e di esecuzione”, e rafforzando le valutazioni d’impatto.
Non è solo un esercizio lessicale: la lettera chiede incarichi specifici già nel Consiglio europeo di fine ottobre e fissa una scadenza politica: entro la fine dell’anno la Commissione dovrebbe presentare un piano organico per tagliare burocrazia e abrogare regole inutili. Si sollecita inoltre un’accelerazione legislativa dei colegislatori (Consiglio e Parlamento), con un riferimento esplicito alla semplificazione su CSRD e CSDDD (le due direttive sulla sostenibilità). Il messaggio è chiaro: modernizzare l’UE è una responsabilità condivisa e urgente.
Il testo entra poi nel merito dei “colli di bottiglia” operativi per imprese e investitori:
- Permessi: la Commissione deve proporre rapidamente iniziative UE-wide per accelerare pianificazione e autorizzazioni su nuovi prodotti, impianti industriali e reti energetiche.
- Concorrenza: si chiede la modernizzazione del diritto antitrust e procedure più rapide su concentrazioni e aiuti di Stato.
- PMI e scaleup: occorrono canali di finanziamento più leggeri, supporto alla crescita dimensionale e riduzione/riforma degli obblighi di rendicontazione, compresi gli adempimenti legati al GDPR.
Infine, due scadenze politiche: una riunione speciale del Consiglio europeo sulla competitività a febbraio 2026 per verificare i progressi su burocrazia, mercato unico, innovazione/industria, sicurezza economica e Unione dei mercati dei capitali; e report periodici della presidente della Commissione ai leader UE a partire da dicembre 2025.
Il filo (rosso) di Draghi: competitività, investimenti, semplificazione
La lettera rimanda esplicitamente al Rapporto Draghi sulla competitività europea come “bussola” per la rotta politica e per il prossimo quadro finanziario pluriennale (2028-2034). Il rapporto individua alcuni vettori essenziali: chiudere il gap di innovazione, integrare decarbonizzazione e competitività, rafforzare autonomia strategica e sicurezza economica, e — soprattutto — semplificare per liberare crescita e investimenti privati. Il nesso è diretto: senza una drastica riduzione degli attriti regolatori e amministrativi, la spinta finanziaria e industriale rischia di disperdersi.
Non a caso, la Commissione nella prima parte del 2025 ha presentato una Competitiveness Compass e una “agenda per la semplificazione” — promesse di taglio dei costi amministrativi e miglior coordinamento, nate in risposta all’analisi di Draghi e al confronto con Stati Uniti e Cina.
Il filo (blu) di Letta: “più di un mercato” e il 28° regime
Il secondo pilastrodella lettera è il Rapporto Letta sul mercato unico, “Much More Than a Market”. Letta ha sottolineato quanto l’integrazione del mercato sia leva di crescita e come la frammentazione normativa — in settori come servizi, energia, telecomunicazioni, finanza — eroda competitività e scala. La lettera dei 19 riprende questo punto: “l’integrazione del mercato unico equivale a crescita” e la Commissione deve perseguire la Strategia per il mercato unico con la stessa determinazione dedicata alla riduzione della burocrazia.
Dentro questo quadro si inserisce il “28° regime”, la misura che più di tutte cattura l’attenzione dell’ecosistema tech. Se ne è occupata più volte EconomyUp, spiegandone natura e obiettivi: si tratterebbe di un regime legale opzionale, uniforme in tutti i 27 Paesi, destinato a startup e scaleup per standardizzare procedure societarie-fiscali-fallimentari, ridurre costi e tempi di espansione cross-border, e togliere attriti all’accesso ai capitali (qui puoi leggere un approfondimento sul 28° regime).
Di 28° regime si parla da tempo. È diventato uno degli obiettivi della Commissaria per le Startup e l’Innovazione di Ekaterina Zaharieva ed è entrato nel piano approvato a fine maggio dalla Commissione Europea. Ma finora è rimasto nel quaderno delle buone intenzioni destinate a smarrirsi nel labirinto istituzionale dell’Unione.
Nella lettera dei 19 Paesi l’ìnvito è chiaro e perentorio: “Il Consiglio europeo ha già chiesto a marzo alla Commissione europea di presentare una proposta per un 28º regime per le imprese, incluse startup e scaleup, per aprire il mercato unico a aziende nuove e innovative. Possiamo solo sottolineare che abbiamo urgente bisogno di questa proposta!” (il punto esclamativo è nel testo originale)
Perché i 19 accelerano adesso (e perché l’Italia c’è)
La scelta di tempo non è casuale. La competizione globale su AI, semiconduttori, energia, difesa è diventata selettiva e accelerata; gli investimenti pubblici hanno finestre temporali definite; l’autonomia strategica va costruita prima che i differenziali tecnologici si allarghino. Da qui la pressione su tre fronti:
- Tempi: una scadenza interna (fine anno per il piano di semplificazione) e una esterna (Consiglio straordinario sulla competitività a febbraio 2026).
- Metodo: omnibus packages per tagliare blocchi di norme, fast track su permitting, antitrust e aiuti di Stato, e monitoraggio politico continuo da parte della Commissione.
- Simboli: il 28° regime come superamento operativo della frammentazione che scoraggia fondatori e investitori a scalare in Europa.
Per l’Italia la firma è significativa per almeno due ragioni. Primo, perché la nostra economia — ricca di PMI e di mid-cap— soffre in modo particolare la complessità regolatoria nei passaggi di crescita e internazionalizzazione. Secondo, perché molte raccomandazioni di Draghi e Letta (semplificazione, capitali, mercato unico dei servizi) coincidono con le priorità più volte indicate dall’ecosistema nazionale dell’innovazione. La sponda politica europea può amplificare riforme domestiche e sbloccare massa critica su dossier che singoli Stati difficilmente possono affrontare da soli.
28° regime: cosa cambierebbe per startup e scaleup
- Un’unica “persona giuridica UE” opzionale per le aziende innovative, con regole omogenee su diritto societario, enforcement, insolvenza, accesso ai mercati finanziari, elementi fiscali e del lavoro; l’obiettivo non è sostituire i regimi nazionali, ma offrire una corsia preferenziale senza dover “ri-fondare” l’impresa in ogni Paese.
- Riduzione di costi e tempi nell’apertura di filiali e nell’espansione cross-border, con sportelli e procedure 100% digital per incorporazione, adempimenti e interazioni con le autorità.
- Più capitali e exit più semplici: regole comuni facilitano co-investimenti transnazionali, listing e M&A, alimentando l’Unione dei mercati dei capitali.
Che cosa viene chiesto di fare all’Europa, adesso
La lettera non si limita a evocare principi: assegna compiti.
- Alla Commissione europea: presentare entro l’anno un piano dettagliato di semplificazione che includa abrogazioni mirate, proporre pacchetti omnibus di tagli regolatori, portare rapidamente nuove iniziative su planning e permitting e modernizzare il quadro di concorrenza (fusioni, aiuti di Stato). Inoltre, aggiornare i leader con una lettera prima di ogni Consiglio europeo a partire da dicembre 2025, per scandire lo stato di avanzamento. (Il tutto in coerenza con la “Competitiveness Compass” lanciata a inizio 2025.)
- A tutti: fissare per febbraio 2026 un Consiglio europeo straordinario sulla competitività per misurare cosa è stato fatto su burocrazia, mercato unico (tutte le dimensioni), innovazione/industria, sicurezza economica, level playing field e Unione dei mercati dei capitali.
Non solo taglio di norme, ma un cambio di cultura
Il passaggio forse più politico della lettera è quello in cui si chiede un “cambiamento culturale”: la produzione normativa deve limitarsi al “minimo indispensabile” nel pieno rispetto di sussidiarietà e proporzionalità. Non si tratta di deregolare indiscriminatamente, ma di ri-progettare il modo in cui si fanno le regole: meno stratificazione, più impatto misurabile, digitalizzazione dei procedimenti amministrativi, valutazioni d’impatto robuste e comparabili nel tempo.
È la traduzione operativa della doppia spinta Draghi-Letta: investimenti e mercato si alimentano se si riducono gli attriti “di sistema”.
Cosa aspettarsi nei prossimi mesi: la cartina di tornasole sarà il 28° regime
Già oggi non mancano critiche sulla lentezza dell’attuazione dell’agenda competitività: diversi osservatori notano che molte raccomandazioni restano “in parcheggio” o procedono al rallentatore.
La cartina di tornasole politica sarà proprio il 28° regime: se nei prossimi mesi la Commissione presenterà una proposta concreta, con ambito chiaro(personalità giuridica, elementi societari, insolvenza, enforcement, profili fiscali e del lavoro) e tempistiche realistiche di adozione, allora il segnale al mercato sarà tangibile. In caso contrario, la lettera dei 19 rischierà di aggiungersi alla lunga lista di appelli rimasti senza esecuzione.
“Acceleriamo. Rallentare non è un’opzione”
La chiosa dei leader firmatari è perentoria: “Ora mettiamoci al lavoro. Acceleriamo. Rallentare non è un’opzione.” In poche righe, c’è la fotografia del bivio europeo: o si modernizza il modo di regolare, promuovere e finanziare innovazione — con il 28° regime come simbolo di un mercato unico che funziona davvero per chi nasce e cresce in Europa — oppure si accetta un progressivo scivolamento di competitività e attrattività.
Per una volta, il “come” è già scritto: riesaminare, ridurre, contenersi; accelerare su permitting, antitrust, aiuti di Stato; semplificare rendicontazioni e adempimenti per le PMI; e soprattutto presentare la proposta sul 28° regime che il Consiglio ha già messo in agenda. Se arriverà quel testo — e se sarà ambizioso — l’Europa potrà dire di aver imboccato la strada giusta: much more than a market, finalmente.




