Chi è l’innovation manager oggi in azienda e come è cambiato nel corso degli ultimi anni?
Se nel 2019 in Italia lo abbiamo conosciuto soprattutto grazie al voucher per le PMI e all’istituzione di un Albo ministeriale dedicato, oggi la figura è molto più matura: non è più il “tecnico del 4.0” o il “guru dell’open innovation”, ma un manager che siede ai tavoli strategici, dialoga con il CFO, si confronta con il board e risponde di risultati misurabili.
Allo stesso tempo, l’innovazione aziendale è diventata più strutturata ma non necessariamente più diffusa. Chi fa innovazione si distingue nel mercato e può sconfiggere i competitor (anche in periodi di crisi), ma la capacità di farlo in modo sistematico è rara, come emerge dal report In disruptive times, the resiliente win – Most Innovative Companies 2025 di BCG. In Europa in particolare, la “serialità” dell’innovazione è l’eccezione: molte imprese entrano una volta nelle classifiche globali e poi scompaiono, poche restano stabilmente al vertice.
L’innovation manager 2025 ha, tra gli altri, proprio questo scopo: trasformare iniziative isolate in un sistema che tenga insieme strategia, cultura, processi e tecnologia.
Indice degli argomenti
Innovation manager: che cosa fa davvero in azienda
Dietro il job title c’è un mestiere molto concreto. Le descrizioni più recenti concordano su alcune responsabilità chiave: identificare opportunità di sviluppo, costruire un portafoglio bilanciato di progetti, favorire la diffusione di una cultura orientata al cambiamento e fungere da ponte tra visione strategica e operatività.
Regista della strategia di innovazione
In pratica, l’innovation manager:
- legge i trend tecnologici e di mercato (IA, IoT, sostenibilità, nuovi modelli di lavoro);
- traduce questi segnali in una road map collegata agli obiettivi di business;
- seleziona e prioritizza i progetti, definendo KPI e metriche di impatto;
- coordina team interfunzionali (IT, marketing, operation, HR, legale, finanza);
- valuta partnership con startup, università, centri di ricerca e altri attori dell’ecosistema.
Non è solo un ideatore, ma un architetto di portafogli: mette in fila progetti di efficienza, iniziative di trasformazione profonda e scommesse più rischiose sul medio-lungo periodo.
Facilitatore culturale e negoziatore interno
Le survey italiane sugli innovation manager lo confermano: più che la conoscenza delle tecnologie, sono leadership, capacità di motivare e change management a essere considerate le competenze critiche per il ruolo.
Significa che l’innovation manager passa molto tempo a:
- spiegare il perché del cambiamento, non solo il cosa;
- negoziare priorità tra funzioni con obiettivi spesso divergenti;
- creare “spazi sicuri” per sperimentare, anche accettando fallimenti rapidi;
- raccontare in modo efficace risultati, learning e storie di successo, dentro e fuori l’azienda.
Innovation manager: una bussola nella complessità”
Come spiega Alessandra Luksch, Direttore dell’Osservatorio Startup Intelligence del Polimi, il valore vero di questa figura non sta tanto nelle etichette o negli organigrammi, quanto nella capacità di tenere insieme quattro pilastri: una strategia di innovazione chiara e allineata al business, una comunicazione interna trasparente che riduca paure e resistenze, il coinvolgimento attivo delle persone tramite metodologie e strumenti (compresa l’IA) e, infine, una misurazione rigorosa dell’impatto. In quest’ottica l’Innovation Manager diventa una “bussola nella complessità”: guida l’azienda a trasformare l’innovazione da esercizio episodico a leva strutturale di valore, economico e organizzativo
Come si diventa innovation manager: percorsi italiani e internazionali
Non esiste un unico percorso, ma alcune costanti sono emerse con chiarezza nel 2025 dalle più recentianalisi.
Studi, master e formazione continua
I profili più richiesti hanno spesso una laurea in economia, ingegneria, management o discipline STEM, affiancata da master in innovation management, digital transformation o imprenditorialità. Business school e università – dalla Bologna Business School ad altri atenei italiani – hanno consolidato percorsi specifici sulla gestione dell’innovazione e sulle competenze del manager dell’innovazione.
La formazione, però, non si ferma al titolo: la rapidità con cui evolvono IA generativa, piattaforme cloud, cybersecurity e normative ESG impone una formazione continua fatta di corsi executive, certificazioni e partecipazione a comunità professionali e osservatori.
Esperienze in azienda, startup, consulenza
Un altro tratto ricorrente è l’esperienza ibrida. Molti innovation manager arrivano da:
- ruoli di project o product management in azienda;
- percorsi in società di consulenza;
- esperienze in startup o in incubatori e acceleratori.
Questo mix permette di sviluppare una doppia sensibilità: la disciplina dei processi corporate e l’agilità tipica delle giovani imprese innovative. In Italia ha contato, e conta ancora, la possibilità di maturare esperienze attraverso progetti cofinanziati da bandi pubblici e programmi di open innovation, spesso raccontati proprio da EconomyUp negli ultimi anni.
Competenze dell’innovation manager 2025: hard e soft skills
Le fonti più recenti convergono su un punto: l’innovation manager efficace è una combinazione di competenze tecniche, manageriali e soft skill avanzate.
Competenze tecniche e digitali
Tra le skill “hard” più citate nel 2025:
- conoscenza delle tecnologie emergenti (IA e data analytics, IoT, blockchain, automazione avanzata);
- capacità di disegnare processi di innovazione (dal funnel delle idee ai prototipi, fino allo scale-up);
- familiarità con metodi come design thinking, lean startup, agile;
- lettura di business plan, modelli finanziari e metriche di impatto (ROI, NPV, ma anche indicatori ESG);
- utilizzo di piattaforme di innovation management per raccogliere idee, gestire portafogli progetti e misurare avanzamento.
Soft skill e leadership del cambiamento
Sul versante “soft”, gli standard tecnici e le analisi di mercato sottolineano competenze come:
- visione strategica e capacità di storytelling;
- ascolto attivo e gestione dei conflitti;
- negoziazione e influenza senza autorità gerarchica;
- gestione del rischio e del fallimento;
- curiosità, pensiero critico, resilienza.
In sintesi, l’innovation manager 2025 non è solo un esperto di tecnologie, ma un leader di comunità interne e un orchestratore di alleanze.
Norme, Albo e certificazioni: i requisiti formali
In Italia la figura ha avuto una formalizzazione specifica. Un decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 2019 ha istituito un Albo degli innovation manager e un sistema di voucher per le PMI che si avvalgono di consulenti qualificati per la trasformazione digitale.
L’Albo
Esiste ancora un “albo” ministeriale legato agli Innovation Manager, gestito oggi dal MIMIT (Ministero delle Imprese e del Made in Italy). QUESTA è la pagina ufficiale con normativa e accesso all’elenco (oggi consultabile solo dalle imprese beneficiarie, via login).
L’elenco vero e proprio è accessibile da QUI tramite la piattaforma PADigitale Invitalia (solo per soggetti abilitati)
L’Albo degli esperti in innovazione tecnologica (registro ministeriale “gemello”, spesso citato quando si parla di Innovation Manager) è disponibile QUI.
Quindi l’albo/elenco ministeriale c’è ancora, solo che l’elenco degli Innovation Manager legati al voucher non è più liberamente navigabile dal pubblico, mentre l’Albo degli esperti in innovazione tecnologica è tuttora attivo e aggiornato.
A questo si aggiunge la norma tecnica UNI 11814, che definisce in modo puntuale competenze, responsabilità e attività del manager dell’innovazione.
Che cos’è la UNI 11814
La UNI 11814 è, di fatto, la carta d’identità dell’Innovation Manager e delle figure che lavorano nella gestione dell’innovazione. Pubblicata da UNI nel maggio 2021, nasce all’interno del percorso italiano di definizione delle professioni non regolamentate e si allinea alla famiglia di norme internazionali ISO 56000 dedicate all’innovation management.
La norma descrive tre profili – tecnico, specialista e manager dell’innovazione – e per ciascuno indica quali conoscenze, abilità, livelli di autonomia e responsabilità sono necessari per svolgere il ruolo in modo strutturato. Non è una legge, ma uno standard volontario: proprio per questo viene utilizzato dagli organismi di certificazione, sotto accreditamento ACCREDIA, come riferimento per attestare le competenze dei professionisti.
Nel 2025 la UNI 11814 è diventata un punto di riferimento importante: aiuta aziende, consulenti e manager a parlare la stessa lingua quando si discute di “Innovation Manager” e offre una base oggettiva per distinguere tra etichette di moda e competenze realmente presidiate.
Per chi vuole fare di questo ruolo una carriera di lungo periodo, conoscere e presidiare questi riferimenti non è un dettaglio burocratico, ma una parte della propria credibilità professionale.
Le sfide dell’innovation manager tra IA, sostenibilità e PNRR
Il 2025 è l’anno in cui molte promesse dell’IA generativa e della digitalizzazione massiva iniziano a farsi sentire nei conti economici. In parallelo, la pressione su sostenibilità, misurazione degli impatti e attuazione dei progetti legati al PNRR rende il contesto italiano particolarmente complesso.
Le principali sfide che gli innovation manager segnalano riguardano:
- integrare l’IA in processi e prodotti in modo responsabile, superando sia lo scetticismo sia gli entusiasmi irrealistici;
- allineare innovazione e obiettivi ESG, evitando che la sostenibilità resti solo un capitolo del bilancio;
- gestire la scarsità di competenze digitali in molte PMI, con progetti che rischiano di fermarsi alla fase pilota;
- difendere spazi di sperimentazione in aziende ancora dominate dalla logica del “quarterly result”.
Qui il ruolo dell’innovation manager si intreccia con quello di altre figure emergenti, dal Chief Digital Officer al Chief Sustainability Officer, fino al Chief Transformation Officer.
Cosa pensano gli innovation manager: cosa emerge dalle survey
Le indagini condotte negli ultimi anni evidenziano alcuni trend costanti:
- cresce la percezione di responsabilità strategica del ruolo;
- aumenta il peso delle attività di change management rispetto all’introduzione pura di tecnologie;
- si consolida il modello di governance dell’innovazione a più livelli (comitati, ambassador, community interne);
- resta però una distanza significativa tra ambizioni di innovazione e risorse effettivamente allocate.
Molti innovation manager, soprattutto nelle grandi imprese, dichiarano di sentirsi ancora “a metà del guado”: riconosciuti quanto basta per essere coinvolti nelle decisioni, ma non sempre dotati di leve sufficienti per trasformare le strategie in esecuzione.
Dai casi internazionali alle PMI italiane: lezioni operative
Per capire dove può andare questa professione, è utile guardare a chi ha già reso l’innovazione un asset strutturale.
- DBS Bank, a Singapore, è passata in un decennio dall’essere una delle banche peggiori per soddisfazione del cliente a essere premiata più volte come “miglior banca digitale del mondo”. Al centro della trasformazione, raccontata da McKinsey e da studi accademici, c’è una governance dell’innovazione guidata da una leadership forte, capace di usare dati, tecnologia e cultura sperimentale come leve integrate.
- 3M è un caso scuola: da anni incentiva l’innovazione con metodi come il “lead user research” e percentuali di tempo liberamente dedicato a progetti innovativi da parte dei dipendenti. Qui l’“innovation management” non è un ufficio, ma un sistema di pratiche diffuse.
- Unilever ha reso l’innovazione – soprattutto digitale e sostenibile – parte della propria strategia di crescita. Il lavoro congiunto tra R&D, tecnologia e funzioni di business, descritto nelle sue case history, mostra come la figura dell’innovation leader sia sempre più integrata con quella dei responsabili di trasformazione digitale.
Per le PMI italiane, questi casi non vanno copiati ma adattati. La lezione chiave è che l’innovation manager deve costruire un ecosistema di alleanze interne (top management, middle management, talenti emergenti) ed esterne (startup, fornitori tecnologici, università, centri di competenza).
Innovation manager, e adesso? Consigli per chi vuole fare questo mestiere
Guardando al 2025, chi vuole diventare o restare innovation manager può tenere a mente almeno cinque indicazioni pratiche:
- Costruire un T-shape profile: una profondità in un’area (es. data, operation, marketing) e una forte capacità di lavorare in orizzontale.
- Coltivare una narrativa chiara: saper spiegare in poche slide e in pochi minuti perché un progetto merita tempo e risorse.
- Allenarsi alla misurazione: scegliere pochi indicatori di impatto e monitorarli con rigore, anche quando il valore è soprattutto intangibile.
- Abitare gli ecosistemi: frequentare community, eventi, osservatori, luoghi dove l’innovazione accade davvero, non solo dove se ne parla.
- Restare “apprendisti permanenti”: l’innovazione è, per definizione, ciò che cambia. Nel 2025 l’innovation manager che pensa di “aver finito di studiare” è già superato.
Il valore di questa figura sta proprio qui: tenere insieme il lungo periodo e l’operatività quotidiana, l’ambizione e il realismo, la tecnologia e le persone. È il ruolo di chi prova, ogni giorno, a trasformare innovazione da trend del momento a disciplina di governo dell’impresa.
(Nota di trasparenza. Questo articolo è stato sviluppato in collaborazione con l’intelligenza artificiale per ampliare le capacità dell’autore nel reperire fonti, analizzarle e organizzarle. L’AI ha affiancato, senza mai sostituirle, le scelte creative e argomentative, che restano pienamente umane).









