Silicon Valley

Light, la startup che Google ha finanziato con 30 milioni

L‘azienda californiana ha realizzato una macchina fotografica rivoluzionaria che ha convinto gli investitori del fondo di Mountain View a scommettere sul prodotto. L16, grande quanto uno smartphone, garantirebbe prestazioni migliori rispetto a una reflex

Pubblicato il 08 Lug 2016

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Trenta milioni per realizzare la fotocamera del futuro. È quanto ha investito GV (ex Google Venture), veicolo di investimento in capitale di rischio di Alphabet, in Light startup californiana che ha già lanciato la sfida ai grandi player del settore come Canon e Nikon. La nuova iniezione di liquidità servirà all’azienda per potenziare la produzione di L16, il rivoluzionario modello di macchina fotografica con cui intende aggredire il mercato.

Dal punto di vista delle caratteristiche, L16 – il cui costo dovrebbe essere di poco inferiore a 1,700 dollari – ha le dimensioni di un iPhone e garantirebbe una qualità simile a quella dei modelli DSLR (Digital single-lens reflex), con la possibilità di realizzare immagini con risoluzione fino a 52 megapixel. La vera particolarità sta nella presenza di una singola unità ultraleggera che contiene sedici fotocamere separate, oltre all’utilizzo di un software di “immagini computazionali” che combina le diverse immagini in un’unica foto ad alta risoluzione. Estremamente efficaci poi sarebbero le performance in ambienti poco luminosi e su soggetti fotografati a distanza, grazie alla presenza di uno zoom ottico da 28-150mm.

Secondo il fondatore e Ceo Dave Grannan il prodotto messo sul mercato da Light avrebbe già ottenuto svariati milioni di dollari di pre-ordini e molti altri ancora se ne prevederebbero per il futuro. La raccolta delle prenotazioni online infatti, partita a ottobre 2015, a dire della società «potrebbe posizionarsi tra le migliori cinque campagne di fundraising su piattaforme come Kickstarter o Indiegogo». Un fattore non da poco considerato che per GV sembra si sia trattato di un vero e proprio test di mercato dell’idea, una “market validation” che ha convinto il fondo di Alphabet a investire sul prodotto.

Tuttavia resta da capire quanto grande, e appetibile, sia il mercato per una fotocamera così costosa su un terreno ancora dominato dagli smartphone. «Le persone utilizzano la fotocamera del proprio smartphone per una semplice questione di comodità – ha affermato Carolina Milanesi, analyst di Creative Strategies – se la ritrovano lì e quindi la sfruttano. Stiamo parlando di utenti a cui le funzionalità del proprio smartphone sono più che sufficienti». Tra le ultime startup della Silicon-Valley a puntare al mercato delle fotocamere va citata Lytro, che ha realizzato un prodotto in grado di catturare i cosiddetti campi di luce permettendo all’utente di rimettere a fuoco le foto dopo averle scattate. Uno strumento di qualità, ma non sufficientemente convincente per mettere in piedi un business sostenibile. Ecco perché l’azienda ha deciso di cambiare strategia, scommettendo sui filmmaker professionisti che operano nel mercato della realtà virtuale.

«Il pivot di Lytro è stato causato da un classico esempio di mancanza di adattamento del prodotto al mercato» ha commentato Grannan «rimettere a fuoco le immagini dopo averle scattate non è la priorità per nessun fotografo, e comunque rientra in una delle tante caratteristiche di L16» Secondo Grannam il vero vantaggio del loro prodotto sta nella possibilità di ridurre dimensioni, peso e complessità di un kit reflex tradizionale. Il verdetto come al solito lo darà il mercato.

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