Innovazioni dirompenti

UberPop, la giurista: “Non è un’app illegale ed è in linea con la Ue”

Irene Sigismondi, coordinatrice del Master di Diritto dell’Informatica alla Sapienza: “L’app per scambiarsi passaggi in auto tra utenti non è servizio di trasporto pubblico, perché è privato e autogestito. E l’Unione europea spinge per la libertà di prestazione”

Pubblicato il 17 Giu 2014

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Irene Sigismondi, coordinatrice didattica del Master in Diritto dell’Informatica della Sapienza

UberPop non è illegale: è un servizio privato, autogestito, che sta funzionando a livello sociale e va nella direzione della liberalizzazione dei servizi voluta dall’Unione europea. A sostenerlo è Irene Sigismondi, docente di Abilità informatiche alla Facoltà di Giurisprudenza della Sapienza e coordinatrice del Master in Diritto dell’Informatica presso l’università romana, commentando gli ultimi sviluppi della vicenda che riguarda Uber, società di San Francisco che ha creato un’app per noleggiare macchine con autisti da smartphone. La scorsa settimana i tassisti di tutta Europa sono scesi in piazza per protestare contro il servizio di Uber chiamato Uberpop (all’estero UberX), che consente a privati cittadini di darsi passaggi dopo essersi contattati via smartphone. Nel frattempo la società, che ha raggiunto la notevole valutazione di 18,2 miliardi di dollari, ha proposto anche a Milano, come già in Uk, Ubertaxi, in collaborazione con i tassisti. Ma di spiragli di trattativa non se ne vedono ancora.

Durante le dure proteste di maggio a Milano il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi parlò di “esercizio abusivo della professione”. Ma Uber è fuorilegge o no?
Parlando di UberPop, questa come tante altre applicazioni rappresentano di fatto comunità di utenti che non hanno come oggetto il servizio di trasporto, ma mettono in contatto domanda e offerta, e quindi fanno un servizio che si conclude con l’individuazione di un utente nella zona. Si fermano un attimo prima di fare leale (o sleale) concorrenza.

Perché “si fermano prima”?
Perché non offrono un servizio di trasporto. Nelle condizioni legali di UberPop è proprio specificato che non è un servizio di trasporto. È un modello di business che si basa sull’intermediazione: gli utenti si iscrivono alla piattaforma, forniscono informazioni personali e si geolocalizzano. La loro ricerca viene lanciata in Rete e altri utenti registrati li contattano liberamente.

Quindi perché molti politici parlano di illegalità?
Intanto va premesso che la liberalizzazione nell’ambito dei servizi è già stata in parte attuata. È vero, c’è ancora un numero limitato di servizi soggetti a concessione e autorizzazioni. E in Italia la concessione dei taxi non è un servizio totalmente liberalizzato: Pierluigi Bersani, da ministro, ci provò senza riuscirci. D’altra parte anche nell’ambito di rapporti di scambio – per esempio, appunto, dello scambio di “contatti” via Internet – ci sono tante attività che confinano con i servizi. Occorre perciò qualificare un’attività come servizio e, per farlo, ci sono due possibilità legali: quella legata al soggetto e quella legata all’oggetto. Mi spiego meglio: per comprenderne la natura si può valutare come viene condotta quella attività (per esempio se è previsto un tariffario ecc. ecc.). In secondo luogo si deve prendere in esame il profilo professionale, per esempio se una persona svolge una sua professione durante la giornata e usa UberPop a tempo perso oppure se questa attività con UberPop comincia a essere realizzata in modo sistematico. In quel caso scatta necessariamente un sistema di garanzie, sia per il tassista sia per l’utente. Stiamo parlando dell’Italia, ma, se guardiamo all’Europa, in teoria con il mercato interno dell’Unione europea la libertà di prestazione di servizi dovrebbe essere equivalente per chiunque. Quando nel 2006 fu introdotto il principio della libertà di servizi scoppiò il caos, perché alcuni Paesi prevedevano garanzie che altri non prevedevano. Ma in teoria, seguendo i dettami dell’Unione, un tassista che lavora a Roma dovrebbe essere perfettamente abilitato a svolgere lo stesso servizio a Bucarest.

Dunque la Ue spinge per la libertà di prestazione. Cosa ne consegue?
Ne consegue una battaglia tra fronti diversi. Attualmente le garanzie offerte in Italia dal servizio pubblico dei radiotaxi, perlomeno quelle proposte in astratto dall’ordinamento, sono tante e tutte positive: tariffe minime e massime, orari prefissati, una certa sicurezza, ecc. ecc. In sostanza l’utente è protetto, almeno, ribadisco, come struttura dell’ordinamento (non penso ai singoli casi di disservizio). La configurazione legale è vantaggiosa. È la configurazione economica che non lo è più. Se ci sono strutture che mi danno altrettante garanzie, non solo a livello legale ma a livello contrattuale, è chiaro che vincono quelle strutture. Il mercato tira da quella parte.

Ma UberPop offre le stesse garanzie dei taxi?
Le stesse garanzie e ovviamente gli stessi rischi. La differenza è che le garanzie non sono gestite da una pubblica amministrazione ma da altri utenti. Sono gli utenti a indicare se il servizio ha funzionato o meno, come succede per esempio quando si vende o si compra su Ebay. Le garanzie sono autogestite. Dal punto di vista del mercato è qualcosa che attrae e funziona socialmente. Mi ricorda la battaglia tra parafarmacie e farmacie, vinta solo in parte da queste ultime, perché nelle parafarmacie troviamo ormai tantissimi prodotti da banco, che non richiedono prescrizione, venduti anche in farmacia. Nel caso di Uber si tratta di una battaglia un po’ diversa perché avviene tra un servizio reale e un servizio digitale. O meglio, Uber propone un servizio con una fase iniziale digitale e una fase finale reale.

In definitiva Uber è un servizio di trasporto pubblico o privato?
È decisamente un servizio privato. Il fatto che si svolga in parte su Internet, in modalità “sociale” e aperta, non significa affatto che sia pubblico. Il servizio pubblico è tale non tanto perché svolto da un soggetto pubblico quanto per le garanzie che lo accompagnano, di solito fissate per legge: penso per esempio al fatto che un servizio pubblico è tenuto a rispettare la normativa sugli scioperi. A livello oggettivo Uber si configura come servizio di noleggio auto con conducente, che deve comunque rispondere a delle regole. Però è gestito privatamente.

A quanto le risulta, ci sono state denunce contro Uber o UberPop?
A quanto mi risulta no. Il servizio è tuttora attivo, non è stato bloccato dal Comune. Dal punto di vista del diritto pubblico probabilmente ancora nessuna normativa è stata violata. Dal punto di vista dell’utente si è capito che il servizio è economicamente più conveniente. D’altra parte la realtà è in continuo cambiamento e la Rete sta diventando una forma di raccolta di informazioni e di risoluzione di problemi.

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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