Protagonisti
Massimo Bocchi e CellPly, la startup da 2 milioni di euro
Il founder della piattaforma sulla cura del cancro che ha ottenuto uno fra i più rilevanti investimenti di seed capital realizzati in Italia, si racconta: spirito imprenditoriale, ammirazione per Elon Musk e un consiglio per gli startupper, “Non guardate solo al mondo digitale”
di Concetta Desando
Pubblicato il 20 Mar 2014

Uno fra i più rilevanti investimenti di seed capital realizzati in Italia. Ma la novità è un’altra: non è una startup digitale, una di quelle “trendy, che vanno di moda e che tanto piacciono ai giovani e ai media” racconta Massimo Bocchi, che non ha ancora finito di festeggiare con spumante e champagne. Qui parliamo di startup innovativa che riguarda il settore della salute: la piattaforma tecnologica di Cellply permetterà di verificare in-vitro, invece che direttamente sul paziente, la risposta cellulare a farmaci antitumorali, supportando con dati predittivi le scelte di oncologi e medici. Grazie all’investimento ricevuto, Cellply porterà a un importante avanzamento nella cura personalizzata del cancro, fornendo strumenti diagnostici per definire e monitorare in-vitro la risposta del paziente a trattamenti farmacologici come le chemioterapie e gli anticorpi monoclonali.
Ma chi è questo trentenne che ha concluso l’affare del secolo? Dopo una laurea in ingegneria elettronica e un dottorato di ricerca all’Università di Bologna,

Sfidando, così, il luogo comune che vede i laureati in ingegneria fare gli ingegneri e i medici occuparsi di salute. “Non vogliamo mica diventare tutti Mark Zuckerberge creare il nuovo social network” ironizza lo startupper che, più che a Mister Facebook, guarda con ammirazione Elon Musk: “È una figura multitasking, la dimostrazione vivente che anche con una laurea in ingegneria elettronica posso occuparmi di altro. Musk ha fondato aziende diversissime tra loro guardando ai bisogni della gente, trasformandoli in opportunità e queste in business”.
“In Italia c’è tantissimo rumore attorno alle startup digitali, ma abbiamo bisogno di altro: siamo fortissimi nella biotecnologia, nella moda, nel food e nel design. Bisogna imparare a fare impresa anche su questi settori” spiega.

Anche perché di tempo a disposizione, al momento, Massimo Bocchi ne ha davvero poco, impegnato tra startup, pannolini e biberon. “Quando mi hanno chiamato per firmare con i tre investitori, stava per nascere mia figlia Alice. Ho lasciato mia moglie in travaglio, sono arrivato in Università ‘scapicollato’ e con due occhiaie che mi arrivavano al collo” racconta. “Ma il ricordo più bello è il post firma, il dopo deal, quando il prof. Roberto Guerrieri, una vita spesa per le startup, con una pacca sulla spalla mi ha detto: ‘Ora vai da tua figlia, ci sono cose più importanti delle startup”.