Storie di successo
BlueIt, la start up che ha sfidato i big dell’IT
Nata nel 2009 dall’esperienza di Girolamo Marazzi, ingegnere quarantenne con un passato da project manager nell’Information Technology, la società ha subito conquistato la fiducia di molti clienti, crescendo a doppia cifra anno su anno
di Manuela Gianni
24 Set 2013

I dipendenti di BlueIT oggi sono 125, molti dei quali amici ed ex colleghi di Marazzi, che insieme a lui hanno sposato la causa con entusiasmo sin dall’inizio, «dando il loro contributo anche gratuitamente», racconta l’imprenditore. Le sedi sono Milano, Roma, Torino e Parigi, dove c’è il primo ufficio estero: altri ne seguiranno nel Nord Europa, perché così chiedono i clienti, che sono perlopiù aziende di medie dimensioni (ma non solo), che affidano alla società la gestione di processi determinanti per lo svolgimento del proprio business.
Il focus dell’attività è il System Management, ovvero la gestione in outsourcing di server, Data Base, Middleware, security e via dicendo, fino alla System Integration. «È un mercato enorme – spiega il manager – e siamo ancora molto piccoli rispetto ai concorrenti -. La difficoltà principale è farsi conoscere, e conta soprattutto avere una reputazione, dato che ci prendiamo la responsabilità di attività che riguardano il core business delle aziende clienti». I contratti sono sempre di lunga durata, il che dà alla società il respiro che le consente di guardare avanti e puntare alla crescita, avendo alle spalle un backlog di lavoro già acquisto.
Lo start up di BlueIt è il frutto dell’esperienza maturata da Marazzi in anni di lavoro nel mondo IT, corroborata dalle competenze acquisite nel Master in Business Admninistration del MIP. Il suo percorso professionale parte in Ibm, dove entra nel 1998 dopo la laurea nel 94 in ingegneria meccanica e dopo una prima parentesi lavorativa attinente alla laurea. «Per sette anni, come capoprogetto, in Ibm ho gestito progetti di outsourcing molto grandi e complessi, del valore di vari milioni euro, con responsabilità sia tecniche che economiche. È un po’ come essere a capo di un’azienda: non si è esposti al rischio come un Amministratore Delegato, ma si vivono le stesse problematiche. Del resto, essere imprenditore non vuol dire necessariamente aprire una società, ma prendersi delle responsabilità», spiega Marazzi.
Nel 2005 lascia Ibm per assumere l’incarico di Direttore Generale di una società di servizi medio piccola: in tre anni quadruplica il fatturato. «Già allora vedevo la trasformazione in atto nel mercato, le prime avvisaglie di crisi: i grandi System Integrator facevano fatica a onorare i contratti, i clienti cercavano attori nuovi che potessero seguire in mondo più puntale le loro attività. Il trust verso il fornitore non bastava più».
Intanto, Marazzi si inscrive all’MBA serale del MIP: «Di giorno applicavo quello che avevo studiato la sera – racconta -. E quando in azienda mi sono trovato in divergenza con il nuovo management, ho deciso di portare avanti il project work che avevo preparato per la fine dell’MBA. Avevo già la lista delle cose da fare per lo start up di BlueIt, ed è stato molto utile. Anche se la decisione di creare un’azienda, quando si ha una famiglia, non è mai facile».