CORONAVIRUS FASE 2

Coronavirus fase 2, igienizzazione: perché è fondamentale e le soluzioni nel retail

Nella fase 2 della pandemia da Covid-19 sarà essenziale l’igienizzazione, in particolare nel retail. Ma come attuarla? Stanno già emergendo alcune soluzioni: lampade speciali per sanificare gli ambienti, disinfezione dei capi di abbigliamento provati dalle clienti…Qui una panoramica sul nuovo scenario e alcuni input

Pubblicato il 20 Apr 2020

Igienizzazione

Il retail in queste settimane sta vivendo un momento molto difficile della sua storia per diverse ragioni. Tra le numerose sfide che deve affrontare c’è anche quella dell’igienizzazione dei negozi. Per quanto ogni strategia possa avere pro e contro, è bene che il mondo delle vendite cominci a sperimentare fin da ora, affinché possa trovare un punto ottimale, in cui ciò che viene intrapreso non sia guidato solo dalla contingenza, ma resti valido a prescindere. Vediamo dunque, innanzitutto, in cosa consiste l’igienizzazione, come si può applicare e quali soluzioni stanno emergendo nel mondo del retail in tempi di coronavirus.

Come sarà la Fase 2

In un periodo come questo, caratterizzato da un lockdown senza precedenti, continuiamo ad interrogarci sui modi e i tempi della cosiddetta Fase 2, in cui una ripresa, seppur lenta, dovrà cominciare.

Tra i tanti dubbi, una certezza vi è già: la continuità del business dipenderà dal rispetto di severe norme igieniche, la cui mancata o parziale applicazione potrebbe essere fatale, innescando nuovi focolai. Sia che si tratti di persone che di ambienti, verranno poste in essere misure per coniugare la salute pubblica con l’esigenza di riaccendere i motori dell’economia.

Le aziende stanno pensando a quali iniziative mettere in atto per offrire un’esperienza sicura, tanto ai clienti quanto ai dipendenti. E il tutto passa per una sola parola d’ordine: igienizzazione.

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Che cosa vuol dire igienizzazione?

Quando parliamo di igienizzazione ci riferiamo a diverse tecniche, finalizzate a liberare le superfici da impurità e sostanze nocive. Tecniche che sono apparentemente sinonimi, ma che in realtà non vanno confuse tra di loro.

A fare chiarezza ci pensa il D.M 274/1997, un regolamento di attuazione degli articoli 1 e 4 della Legge 25 gennaio 1994, n. 82, per la disciplina delle attività di pulizia, di disinfezione, di disinfestazione, di derattizzazione e di sanificazione.

Tralasciando disinfestazione e derattizzazione – che riguardano, rispettivamente, procedimenti e operazioni atti a distruggere parassiti e ratti – vediamo come si distinguono le altre attività:

  1. PULIZIA: per pulizia si intende un insieme di “attività che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a rimuovere polveri, materiale non desiderato o sporcizia da superfici, oggetti, ambienti confinati ed aree di pertinenza”;
  2. DISINFEZIONE: nella definizione di disinfezione si fa riferimento ad “attività che riguardano il complesso dei procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti confinati e aree di pertinenza mediante la distruzione o inattivazione di microrganismi patogeni”;
  3. SANIFICAZIONE: si parla di sanificazione in relazione ad “attività che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante l’attività di pulizia e/o di disinfezione e/o di disinfestazione ovvero mediante il controllo e il miglioramento delle condizioni del microclima per quanto riguarda la temperatura, l’umidità e la ventilazione ovvero per quanto riguarda l’illuminazione e il rumore”.

Pertanto, quando si parla di sanificazione degli ambienti, ci si riferisce ad una varietà di procedure ed operazioni utili a rendere salubri specifici ambienti, attraverso gli interventi di pulizia, disinfezione o disinfestazione, allo scopo di garantire la massima igienizzazione.

Come igienizzare: consigli utili

Data la complessità della materia, che come si è visto comprende diversi procedimenti specifici, allo scopo di contrastare efficacemente i rischi sanitari, le imprese di pulizia avranno un ruolo sempre più centrale nel supportare il ritorno alla nuova normalità. Per giunta, il Decreto “Cura Italia” ha introdotto un credito di imposta a favore delle imprese e dei lavoratori autonomi che sostengono i costi per la pulizia e la sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro.

Ma anche le persone saranno chiamate con i propri comportamenti a contribuire all’azzeramento dei contagi. L’Allegato 4 nel DPCM del 10 aprile non fa altro che ribadire le misure igienico-sanitarie promosse fin dall’inizio: lavaggio accurato delle mani e, qualora non sia possibile, uso di soluzioni idroalcoliche, evitare il contatto ravvicinato, gli abbracci e le strette di mano, non toccarsi occhi, bocca e naso con le mani e così via.

Quando siamo chiusi tra quattro mura è importante che anche l’ambiente venga sottoposto ad una corretta igienizzazione. I locali devono disporre di tutto l’occorrente ed essere oggetto di sistematiche attività di pulizia, disinfezione e sanificazione, a seconda delle esigenze. Partendo da una regola base, presente nell’allegato citato in precedenza: i disinfettanti utilizzati devono essere a base di cloro o alcol per essere considerati efficaci.

È contemplato anche l’uso di acqua ossigenata, ma attenzione a non mescolare più prodotti insieme, pensando di ricavarne uno più potente. Si potrebbero innescare pericolose reazioni chimiche che, generando soluzioni nocive, espongono le persone nelle vicinanze ad un rischio di intossicazione per inalazione.

Vediamo più nello specifico come possono essere igienizzati gli ambienti chiusi.

Come igienizzare gli ambienti di casa e ufficio

Abbiamo visto come nella definizione di sanificazione rientrino anche il controllo e il miglioramento delle condizioni del microclima per quanto riguarda temperatura, umidità e ventilazione. E gli uffici dovranno metterla in atto costantemente, per garantire le condizioni di sicurezza.

A tal proposito, gli esperti hanno fatto notare che un tasso di umidità relativamente più alto può essere d’aiuto nel ridurre la propagazione del virus. In pratica l’aria umida, possedendo una maggiore quantità di vapore acqueo, renderebbe le goccioline contenenti virus più grandi, e questo significa che si depositeranno più rapidamente a terra, senza viaggiare lontano nell’aria.

È importante ricordare che il virus non viaggia autonomamente nell’aria esterna, ma è sempre trasportato dal droplet, una gocciolina di saliva nebulizzata, emessa da una persona infetta che starnutisce o tossisce. In questo caso le goccioline più leggere viaggiano in aerosol – una sorta di nuvola gassosa, dove le particelle restano sospese nell’aria – e possono essere trasmesse fino ad una certa distanza, a seconda delle circostanze, prima di evaporare.

Impianti di aria condizionata: essenziale la manutenzione

Inoltre, il ritorno in ufficio e la stagione estiva alle porte richiamano alla mente l’aria condizionata: è possibile che funga da veicolo di trasmissione per il virus? In realtà no, a patto che venga fatta una regolare manutenzione da parte di personale qualificato e protetto dai dispositivi di sicurezza. D’altronde ciò si deve verificare anche in assenza di una pandemia, al fine di garantire la pulizia degli impianti e dei relativi filtri. Detto questo, la ventilazione non può che aiutare il ricambio dell’aria, prelevando aria “pura” dall’esterno e rimettendola in circolo, opportunatamente filtrata. In questo modo, la trasmissione del virus si riduce drasticamente.

AiCARR (Associazione Italiana Condizionamento dell’Aria Riscaldamento e Refrigerazione) ha reso disponibili una serie di protocolli da attuare per il funzionamento degli impianti di ventilazione e condizionamento dell’aria, scaricabili dal loro sito, validi sia per gli impianti aziendali che per quelli domestici.

Un nuovo concetto di ufficio: distanziamento e … camminare in senso orario

Ma igienizzazione fa rima con prevenzione, un concetto più generico, che a sua volta abbraccia soluzioni che vanno oltre il perimetro della sanificazione. Ecco che Cushman & Wakefield, realtà statunitense di servizi immobiliari globali, presente in 70 Paesi con circa 400 uffici, ha sviluppato il progetto The 6 feet office, denominato così in quanto sei piedi, nel sistema di misura anglosassone, equivalgono a circa due metri, ossia la distanza consigliata dagli esperti per evitare il contagio tra le persone.

Si tratta di un insieme di linee guida che definiscono un nuovo concept di ufficio, basato, tra le altre cose, su sistemi di segnalazione visiva, barriere in plexiglass in mezzo alle scrivanie, dipendenti addestrati sulle condotte igienico-sanitarie e certificati attestanti le misure implementate negli spazi lavorativi. Nella proposta ci sono sei regole per mantenere sicuro l’ufficio. Ovviamente si raccomanda di stare ad almeno sei piedi (circa 182 cm) di distanza l’uno dall’altro. Ma vengono suggerite anche regole più curiose: ad esempio, camminare per l’ufficio in senso orario, sempre e ovunque.

Inoltre, dall’inizio della pandemia, quasi tutte le organizzazioni hanno chiuso i battenti, ricorrendo a forme di lavoro da casa. Che si tratti di smart working, lavoro agile o telelavoro, di fatto gli uffici si sono trasferiti all’interno delle abitazioni. Quali sono gli accorgimenti da adottare per assicurare una corretta igiene alla casa?

Fondamentalmente ruota tutto intorno a tre verbi: arieggiare, pulire e disinfettare. Abbiamo già visto, parlando degli uffici, che maggiore è il ricambio d’aria, minore è il rischio di contagio. Questo ovviamente vale anche in casa, dove si consiglia di aprire frequentemente le finestre, in corrente d’aria per accelerare il processo. Per il resto, le superfici andrebbero sempre pulite e, successivamente, disinfettate. Ma se farlo su tutta la casa è oggettivamente complicato e richiede molto tempo, allora è bene soffermarsi sui touchpoint più frequenti. Quindi partendo da tutto quello che viene toccato di più: in primis, i device come smartphone, pc e tablet, con cui il contatto è quotidiano e assiduo. Proseguendo con maniglie, pulsanti, telecomandi e quant’altro.

Come igienizzare gli abitacoli dell’auto

Attenzione anche all’auto, un altro dei pochi spazi che, nonostante la ridotta mobilità che ognuno di noi sta sperimentando, ancora oggi può essere frequentato. Con il ritorno alla normalità, si presume che l’auto possa essere utilizzata relativamente più di prima, considerando la probabile diffidenza iniziale delle persone ad utilizzare i mezzi pubblici, accessibili a chiunque. Inoltre, c’è un esercito di lavoratori per i quali il ritorno alla routine coincide necessariamente col riprendere in mano una vettura, ogni giorno. Pensiamo alle partite IVA, come gli agenti di commercio, che settimanalmente percorrono distanze significative, per spostarsi nella rete vendita dei rispettivi clienti.

Anche in questo caso i consigli ricalcano le indicazioni precedenti. Chiaramente le parti esterne e interne con cui si entra più frequentemente in contatto devono essere pulite e disinfettate con particolare costanza e attenzione. Elementi come maniglie, volante, pomelli, pulsanti radio/aria condizionata, chiave di avviamento, leve sul piantone dello sterzo e display dei moduli di infotainment sono da detergere con cura, tramite un panno umido o, meglio ancora, con una sostanza disinfettante versata su carta assorbente. Prima di iniziare le operazioni di sanificazione del veicolo, si raccomanda di indossare una mascherina e guanti monouso, da infilare dopo aver igienizzato le mani.

SOLUZIONI DI IGIENIZZAZIONE INNOVATIVE NEL RETAIL

Alla luce del nuovo scenario, anche il mondo retail è alle prese con una riprogettazione della customer experience, in cui ridefinire le relazioni tra consumatore, prodotto e personale di vendita all’interno dei negozi.

Intanto, a partire dal 4 maggio, i negozi che potranno riaprire (allo stesso modo degli uffici, di cui si è già detto) dovranno seguire le indicazioni dell’Allegato 5 nel DPCM del 10 aprile, che anticipano altre regole che verranno stabilite in questi giorni dal team di esperti, che fa capo a Vittorio Colao e al Comitato Tecnico Scientifico.

In queste prime misure, tra le altre cose, viene ribadita l’importanza del mantenimento in tutte le attività e le fasi del distanziamento interpersonale, la garanzia delle pulizie almeno per due volte al giorno, in funzione degli orari di apertura al pubblico, adeguata aerazione naturale e ricambio d’aria, ampia disponibilità e accessibilità a sistemi per la disinfezione delle mani. In più, viene fissata a 40 metri quadrati l’estensione fino alla quale nel locale può accedere una sola persona per volta, oltre ad un massimo di due addetti.

Per i retailer ci sono comunque delle opportunità interessanti per rendere, anche in questo momento, la shop experience sicura e senza frizioni. Investendo magari in soluzioni che, finita l’emergenza coronavirus, possono rivelarsi ancora utili, sia per ottimizzare le risorse che per ottenere nuovi input di marketing.

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Il people tracking

Ad esempio, ricorrendo alle tecnologie di people tracking, che oggi possono essere integrate con ulteriori sensori, affinché analizzino il comportamento del cliente in negozio con una duplice finalità. Che significa da una parte guadagnare preziosi insight di marketing, legati alle aree del negozio più o meno frequentate, alle direzioni dei flussi e agli approcci col prodotto, con la possibilità di ottenere ulteriori dati se le referenze esposte sono dotate di tag RFID, in grado di dialogare con i dispositivi di tracciamento.

Lo scanning termico

Ma allo stesso tempo questi sistemi possono impedire che si formino assembramenti, controllare che vengano rispettate le distanze di sicurezza, fare uno scanning termico per rilevare la temperatura corporea del visitatore e proiettare segnali luminosi, per una comunicazione visiva che in tempo reale fornisca messaggi utili. In questo modo si viene a creare un sistema per una mappatura completa del punto vendita, non invasiva, che mette a disposizione del management dello store una mole di dati e statistiche utili ad ampio spettro.

Lampade a raggi ultravioletti per l’igienizzazione

Rimanendo sul tema dell’igienizzazione, uno spunto interessante proviene dalla Cina, dove a Shanghai hanno cominciato a sanificare gli autobus con speciali lampade a raggi ultravioletti. La tecnologia a LED ultravioletti viene già utilizzata in ambito automobilistico, per la polimerizzazione delle vernici. Ma anche nel settore medico, dove da parecchio tempo esistono strumenti di sterilizzazione che la utilizzano, e che presto potrebbero essere impiegati su tutte le superfici ambientali.

Così non è utopistico pensare ad un’applicazione della tecnologia nel retail, tramite l’installazione in-store di lampade UV a parete o a soffitto. Va sottolineato che i dispositivi non devono essere assolutamente utilizzati durante gli orari di apertura, in quanto l’OMS ha dichiarato che i raggi UV possono causare irritazioni e sono tra le cause del cancro alla pelle. Ma durante gli orari di chiusura, questo sistema potrebbe attivarsi e consegnare alla riapertura un negozio completamente sanificato, pronto per il pubblico. Per una maggiore efficienza si potrebbero utilizzare, in maniera complementare o alternativa alle lampade, dei robot automatici su cui montare le lampade, in modo tale che possano percorrere autonomamente la superficie del negozio, raggiungendo tutti i punti in cui può arrivare la clientela. L’applicazione della luce UV nei negozi sarebbe comunque da valutare con uno studio approfondito, per valutare i tempi necessari e l’eventuale interazione dannosa con i prodotti esposti.

Igienizzazione: Il caso Elena Mirò

Ma ci sono realtà che hanno già le idee chiare sul futuro del retail e stanno riorganizzando il format dei loro negozi, adattandolo al nuovo scenario. Elena Mirò, fashion brand del Gruppo Miroglio, mette in campo numerose azioni, spaziando perfettamente tra igienizzazione e prevenzione. Intervenendo in primis sul layout delle boutique monomarca – 200 in tutto il mondo, di cui 100 in Italia – che verranno suddivise in tre aree distinte, in cui sarà presente una selezione dell’assortimento. La cliente in ciascuna di queste zone è al sicuro, assistita da una sola commessa. Come in una sorta di showroom, con la differenza che la profondità dell’assortimento non cambia. Molto semplicemente, la merce da provare è stipata in uno spazio adiacente. Se la cliente desidera misurare una particolare taglia o variazione del modello esposto, le verrà consegnato il capo richiesto, avvolto nel cellophane.

Ma cosa succede se la cliente decide di non acquistare il capo provato? La grande novità è qui: il capo viene restituito al magazzino per essere disinfettato, utilizzando un macchinario con getto di vapore ad alta temperatura, la cui scelta è stata validata da un virologo e da altri esperti di sanità. La possibilità di prenotare per un’ora un camerino ad uso esclusivo, per il momento solo nei negozi più grandi, chiude il cerchio di un’esperienza rinnovata ed è il caso di dirlo, assolutamente tailor-made. Perfetta per il contesto attuale, ma forse destinata a sopravvivere anche ad emergenza finita.

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Francesco Del Piano
Francesco Del Piano

Laureato in Digital Management e appassionato di tecnologia da sempre. Sales Account nel Luxury Beauty, ha un passato nel Banking e in una startup di consulenza HR. Approfondisce i temi legati al Marketing, al Retail e all’Innovazione.

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