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Industria 4.0, Rebattoni (IBM): “Ecco come l’intelligenza artificiale cambierà le fabbriche”

I dati raccolti dai sensori elaborati da sistemi cognitivi serviranno per prevenire i guasti e migliorare la qualità dei prodotti, spiega il Global Technology Services Leader di IBM Italia. «Il piano del governo è la vera spending review del Paese. Ha funzionato, ma ora deve essere esteso al settore dei servizi»

Pubblicato il 10 Ott 2017

Industria4.0

“Qualche tempo fa, in occasione del lancio del piano Industria 4.0, abbiamo detto ‘il momento è ora’. Oggi ci sentiamo di dire: ‘Il momento continua’. È tempo di passare al livello successivo, come annunciato dal ministro Calenda: l’Impresa 4.0, ovvero l’allargamento dell’incentivazione agli investimenti anche al settore dei servizi, che dal nostro punto di vista è fondamentale”. A dirlo è Stefano Rebattoni, Global Technology Services (GTS) Leader – IBM Italia, intervistato da EconomyUp a margine dell’EY Capri Digital Summit 2017 svoltosi dal 4 al 6 ottobre nell’isola campana.

Che cos’è l’Industria 4.0 e perché è importante saperla affrontare

Tra i temi al centro del dibattito c’era naturalmente anche l’Industria 4.0, il processo che investirà la manifattura (settore nel quale, lo ricordiamo, siamo il secondo Paese in Europa dopo la Germania) e che porterà alle fabbriche totalmente automatizzate e interconnesse. (Di come la terza rivoluzione industriale stia trasformando l’industria italiana si parla anche a Industry4.0 360 Summit, evento organizzato dal Gruppo Digital360 l’11 ottobre 2017  a Roma presso la Camera dei Deputati). 

EY Capri, il diario del Digital Summit: chi c’era, che cosa è stato detto, che cosa resta

Già a gennaio 2017 IBM Italia, in un incontro con la stampa e gli analisti, aveva detto la sua sul piano del governo per accompagnare le imprese italiane verso la quarta rivoluzione industriale. “Il momento è ora – aveva detto l’AD Enrico Cereda–  è un momento unico per il decollo dell’Industria 4.0. Ma attenzione, la finestra di tempo che abbiamo è limitata. Il Piano Calenda prevede la sospensione di alcuni benefici entro il 2018, quindi le piccole e medie imprese devono affrettarsi ad afferrare questa opportunità”.

Stefano Rebattoni conferma questa visione e rincara la dose: “Il Piano Industria 4.0 – dice – è la vera spending review del Paese perché riesce a ottimizzare la struttura dei costi in modo da poter riportare in Italia le attività che erano state remotizzate e quindi esternalizzate in Paesi a basso costo”.

Stefano Rebattoni
Un bilancio positivo?

Le cose stanno andando nella direzione sperata, lo dicono anche i numeri: il settore produttivo e gli investimenti in macchinari tecnologici hanno avuto una fortissima spinta per tutto il 2017, con conseguente impatto sul prodotto interno lordo. Le prospettive di chiusura dell’anno sono ancora migliori. Ora il punto è passare al livello successivo: come ha annunciato il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, questo avverrà con il passaggio da Industria 4.0 a impresa 4.0, ovvero con l’allargamento al settore dei servizi.

A  che punto sono le imprese italiane nella comprensione delle potenzialità dell’Industria 4.0?

Di recente abbiamo accompagnato una quarantina di rappresentanti di imprese italiane, soprattutto piccole e medie, a toccare con mano lo stato dell’arte delle nuove tecnologie. Sono emersi due elementi: innanzitutto una grande curiosità. È quella che si è riuscita a creare grazie al Piano del governo per l’Industria 4.0 e grazie anche a un po’ di evangelizzazione da parte delle associazioni di categoria, così come del settore dell’offerta. Il secondo elemento emerso è la volontà, da parte delle imprese, di comprendere cosa possono guadagnare in termini di competitività all’interno della loro industria di riferimento. Questo l’ho visto a Monaco di Baviera, dove sorge il centro IBM Watson per l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale all’Industria 4.0: c’è una notevole attività da parte di chi, come i tedeschi, sono partiti qualche anno prima di noi sull’Industria 4.0 e hanno segnato la rotta. Il tema cruciale ora saranno le competenze. Oltre a capire quali saranno le nuove tecnologie – e su questo, come abbiamo detto, c’è grande attenzione – la chiave di volta sarà riuscire a formare i dipendenti al proprio interno o appoggiarsi a realtà che possano riallineare competenze e professionalità per poter poi scaricare a terra questo enorme patrimonio.

Quali le strategie di IBM per sviluppare le competenze digitali necessarie all’Industria 4.0,?

Stiamo facendo un importante percorso interno di riallineamento delle skills e di aggiornamento professionale, ma non ci limitiamo a questo. Lo facciamo anche attraverso la nostra rete di partner e le attività di formazione sul territorio, grazie alle associazioni di categoria, cercando di portare anche alle piccole e medie imprese il supporto per capire di cosa stiamo parlando. Siamo attivi nei percorsi di alternanza scuola-lavoro, sia per le scuole medie superiori sia per le università. Riteniamo che il successo di domani si scriva a partire da oggi, formando una nuova classe dirigente manageriale che sarà in grado di comprendere le nuove logiche.

Su quali competenze focalizzate la vostra formazione?

In un mondo sempre più complesso e articolato sarà fondamentale la trasversalità: riuscire a capire e collegare il tema degli analytics, quindi l’importanza del dato, con i settori dell’Internet of Things e con la logica del cloud cognitivo. Saranno necessarie competenze complesse ma, allo stesso tempo, la specializzazione sarà fondamentale. Non potremo prescindere da capacità trasversali né da eccellenze verticali.

Che cosa dire a chi teme l’impatto sull’occupazione?

È normale e naturale che l’impatto così dirompente della tecnologia possa suscitare preoccupazioni di questo tipo. Ma la storia insegna: le onde di trasformazione nei secoli sono cicliche, le professioni di una volta non sono quelle di oggi e gli analisti hanno già calcolato che, per tante professionalità che scompariranno, ce ne saranno altre che nasceranno.

IBM punta in particolare sull’Intelligenza artificiale applicata all’Industria 4.0. Come?

A EY Capri abbiamo visto come oggi il digitale stia realmente ridisegnando i confini dei settori industriali. In questo senso l’Industria 4.0 è la riconfigurazione del settore manifatturiero grazie alla convergenza tra due mondi: l’operation technology e l’information technology. Come IBM abbiamo lavorato a lungo sul tema dell’Industria 4.0, ora Impresa 4.0, in quanto riteniamo che questi nuovi paradigmi del digitale quali cloud, analitycs o Internet of Things, siano un capitale enorme in cui poter andare a riconfigurare il settore industriale di oggi. Ma abbiamo aggiunto un pezzo: l’Intelligenza Artificiale o, come ci piace definirla, Intelligenza Aumentata, che per noi è Watson, ovvero il cognitive computing. Significa applicare le capacità cognitive di sistemi computazionali avanzati a beneficio della migliore presa di decisioni dell’uomo, nella fattispecie degli operatori.

Come avete applicato l’Intelligenza Aumentata in fabbrica?

All’interno della sensoristica diffusa dell’impresa, sensoristica che possa prendere la risorsa naturale, il dato, portarla verso quei sistemi cognitivi che possano quindi elaborarla, cercare correlazioni non ovvie tra questi dati e poter permettere all’operatore, in anticipo, la miglior presa delle decisioni. In questo modo l’operatore può prevenire un guasto, garantire una migliore qualità dei prodotti, quindi una minore difettosità dei sistemi di produzione, o assicurare la sicurezza sul posto del lavoro. Sono tutti ambiti in cui stiamo lavorando da tanto tempo sia a livello locale sia a livello globale. È per questo che abbiamo investito sul Watson IoT Center, il centro che sorge a Monaco di Baviera dove molte di queste esperienze sono già reali e implementabili.

Gli indicatori economici descrivono un’Italia in moderata ripresa. È lo scenario adatto per un’ulteriore affermazione dell’Industria 4.0?

Da quanto si è detto al Summit di EY abbiamo avuto conferma che paghiamo ancora un ritardo in termini di digitalizzazione e alfabetizzazione digitale, ma io vedo il bicchiere mezzo pieno. Guardo il terreno che è stato recuperato: siamo riusciti a favorire il dialogo tra domanda e offerta. Oggi parliamo la stessa lingua e capiamo entrambi quanto il digitale sia un elemento abilitante alla competitività e quindi anche al successo digitale del nostro Paese. Ritengo che ci sia ancora tanto da fare, ma il percorso è tracciato e stiamo partendo in accelerata.

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