Bilanci

Sondaggio EconomyUp: l’equity crowdfunding all’italiana è il bluff dell’anno

Gli esperti che si sono espressi sul meglio del 2014 hanno votato la raccolta di capitali online come la maggiore delusione: la normativa Consob, dicono i giurati, limita troppo la platea di imprese e obbliga alla presenza di un investitore istituzionale. Menzioni anche per Matteo Achilli, Max Uggeri ed Expo 2015

Pubblicato il 30 Dic 2014

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EconomyUp ha lanciato un sondaggio-bilancio del 2014 sulle nuove imprese e sull’innovazione in Italia coinvolgendo un panel di esperti e opinion leader (in basso la lista dei partecipanti). Abbiamo posto ai nostri “giurati” cinque domande:
Qual è la startup dell’anno? (Tre risposte in ordine di importanza)
Qual è l’exit dell’anno? (Tre risposte in ordine di importanza)
Qual è la buona notizia dell’anno?
Qual è il bluff dell’anno?
Qual è il personaggio dell’anno, ovvero la figura che più si è distinta sul fronte dell’innovazione e dell’imprenditoria?

Ecco il bluff dell’anno…

Il bluff, per definizione, è la situazione in cui un giocatore fa credere di avere carte migliori di quelle che ha in mano. Secondo il panel di esperti che ha partecipato al sondaggio di EconomyUp sul meglio del 2014, anche nel mondo dell’innovazione italiana ci sono stati fatti e persone che hanno generato grosse aspettative ma da cui sono arrivate quasi esclusivamente delusioni.

In cima alla lista delle insoddisfazioni c’è l’equity crowdfunding all’italiana. Nonostante il nostro Paese sia stato uno dei più lesti al mondo, il 26 giugno 2013, a disciplinare la raccolta online di capitali online a favore delle nuove imprese, questa formula non riesce ancora a decollare.

Per esempio, a un anno dall’approvazione dal regolamento Consob, le campagne chiuse con successo sui portali autorizzati erano solo tre (Diaman Tech, Cantiere Savona, Paulownia) e l’ammontare complessivo delle raccolte andate a buon fine era di poco superiore al milione di euro (1,057 milioni al primo settembre 2014).

Gli investitori pronti a mettere risorse sulle startup, come dimostrano anche i dati non entusiasmanti sul venture capital in Italia (110 milioni di euro stimati nel 2014), sono ancora pochi e – come fanno notare molti dei componenti del panel di EconomyUp – la normativa non aiuta. Per quanto sia arrivata in anticipo rispetto a molti altri Paesi, presenta almeno due aspetti che generano perplessità da più parti.

Il primo elemento problematico è che il regolamento è limitato alle startup innovative e non a tutte le nuove aziende che aprono in Italia: c’è chi pensa che con una platea più ampia, questo strumento finanziario potrebbe riscuotere più interesse. E poi c’è un’altra “clausola” che ha suscitato più di un dubbio: il regolamento prevede che una parte dell’offerta (non inferiore al 5% del capitale richiesto) debba essere sottoscritta da un investitore professionale. Significa che se anche il portale autorizzato – al momento ne sono stati autorizzati undici (Assiteca crowd, Crowdfundme, Ecomill, Fundera, Muum Lab, Next Equity Crowdfunding Marche, SiamoSoci, Smarthub, Stars Up, Tip Ventures, We are starting) riesce a far sottoscrivere il 95% di un progetto a vari investitori, l’operazione potrebbe non andare a buon fine se non si trova un investitore professionale pronto a scommettere sulla startup in questione.

Ma oltre alle situazioni, ci sono anche persone e imprese che sono state considerate bluff dal nostro panel. Al secondo posto della “classifica” ci

sono infatti una persona, Matteo Achilli, e un’impresa, la sua Egomnia. Da quando nel 2012, Panorama Economy lo ha definito “lo Zuckerberg italiano”, il giovane imprenditore romano, 22 anni, si è attirato numerose critiche, soprattutto dai suoi colleghi startupper. La sua creatura imprenditoriale, un social network che fa incontrare domanda e offerta di lavoro, è una realtà online ancora in versione beta (anche se il fondatore aveva dichiarato che dall’ottobre di quest’anno sarebbe uscita una nuova versione) e che non ha ancora raggiunto grande popolarità: i profili presenti sul sito sarebbero, secondo quanto dichiarato da Achilli, 250 mila.

Una platea di utenti probabilmente significativa, che però è ancora lontana dalla soglia critica necessaria per diventare un social network sul lavoro in grado di competere con colossi come Linkedin. Come se non bastasse, nel luglio 2014 anche uno dei più influenti mezzi di comunicazione del mondo, la Bbc, lo ha incluso nella lista dei “next billionaires”, i miliardari del futuro. Apriti cielo. Non c’è stato startupper italiano che non abbia trovato inappropriata la scelta del network britannico.

Ma come? – si sono chiesti in molti – Ci sono centinaia di innovatori in Italia che creano imprese all’avanguardia in grado di brillare anche all’estero e la Bbc scommette su uno startupper che ha un sito ancora in versione beta? Al di là dell’effettivo successo che Achilli ed Egomnia potranno avere in futuro, probabilmente sarebbe meglio aspettare risultati concreti prima di incensare un giovane imprenditore e scomodare paragoni così impegnativi.

Tra i bluff dell’anno, ci sono anche delle vere e proprie truffe. O presunte tali. È il caso dell’ex sviluppatore e hacker Max Uggeri , di cui ha parlato Wired Italia, che ha ricevuto numerose denunce da parte di startupper e giovani società. Le accuse erano sempre molto simili: in virtù di una buona reputazione costruita grazie ad alcuni investimenti e ad alcuni articoli scritti online in tema di innovazione e tecnologia, “il Reverendo”, come viene soprannominato, avrebbe convinto diversi imprenditori a condividere i propri progetti con lui e a farsi dare denaro per agevolare lo sviluppo delle imprese. La vicenda è ancora lontana dall’essere risolta e saranno i giudici a fare chiarezza. Noi ci limitiamo a segnalare che nel nostro gruppo di esperti vari giurati hanno indicato in Max Uggeri il bluff dell’anno.

C’è poi chi considera un grande bluff Expo 2015, con le indagini giudiziarie partite quest’anno a corroborare la convinzione. Altri ritengono un bluff, inteso come “cattiva notizia”, la norma sulle startup innovative introdotta con il Decreto Crescita 2.0 del 2012. La motivazione è sempre la stessa: i requisiti sono troppo stringenti e non consentono a moltissime aziende effettivamente innovative di essere incluse nella lista e di accedere alle agevolazioni previste.

Altri ancora, senza dare una spiegazione, hanno considerato Riccardo Donadon, presidente di Italia Startup e fondatore di H-Farm, il bluff del 2014. Allo stesso tempo, c’è chi lo ha indicato, come abbiamo scritto qui, personaggio dell’anno. Una personalità che divide, insomma. Infine, una menzione è arrivata anche per una figura estranea al cosiddetto “ecosistema dell’innovazione” ma non di certo alla vita pubblica italiana: Beppe Grillo. Ma nessuno però ha menzionato il fondatore del Movimento 5 Stelle come personaggio dell’anno.

Hanno partecipato al sondaggio:Anna Amati (vicepresidente di Meta Group e coordinatrice responsabile del Global Entrepreneurship Congress 2015 a Milano), Emil Abirascid (giornalista, fondatore di Startupbusiness), Federico Barilli (segretario generale di Italia Startup), Marco Bicocchi Pichi (business angel e consigliere di Italia Startup con delega all’internazionalizzazione), Luigi Capello (ceo di LVenture Group e fondatore di Luiss Enlabs), Gianmarco Carnovale (presidente di Roma Startup), Ermanno Cece (blogger, fondatore di FinSMEs), Davide Dattoli (co-fondatore di Talent Garden), Andrea Di Camillo (managing director di P101), Enrico Gasperini (fondatore e ceo di Digital Magics), Massimiliano Magrini (co-fondatore e managing partner di United Ventures), Salvo Mizzi (amministratore delegato di Tim Ventures), Alberto Onetti (presidente della Fondazione Mind the Bridge e coordinatore di Startup Europe Partnership), Pierluigi Paracchi (partner di Medixea Capital, presidente e ceo di Genenta Science), Massimo Russo (direttore di Wired Italia), Fabrizio Sammarco (amministratore delegato di ItaliaCamp), Chiara Spinelli (esperta di crowdfunding e digital champion).

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