“Il giornalismo al tempo dell’AI è un tema cruciale. Per questo vi abbiamo dedicato l’intera prima giornata del Mini Digital Festival.”
Andiamo con ordine, professor Giorgio Triani. Lei è sociologo, futurologo, giornalista e insegna all’Università di Parma…
…dove, grazie al fondamentale contributo dell’Università e di diversi altri partner abbiamo da pochi giorni terminato la quinta edizione del Mini Digital Festival.
Perché “Mini”?
Siamo gente “umile” e sono sempre più interessato ad approcci un po’ eccentrici, laterali nei modi e nei contenuti. Vogliamo favorire approcci e discussioni “solide”.
Lei sa bene che solido è da tre anni il mio aggettivo, preferito…Obiettivo raggiunto?
Dal 15 al 18 ottobre Parma è stata un laboratorio dove intelligenza artificiale, cultura e sperimentazione si sono intrecciate per informare, educare e divertire. Nonostante la sua assenza, caro Palmieri, il Festival si è confermato un laboratorio vivo di idee, dove giornalismo, tecnologia e umanità si sono incontrati per capire come l’intelligenza artificiale stia riscrivendo il nostro modo di informare, comunicare e persino di pensare.
Mi è molto dispiaciuto non riuscire a esserci. A parte questo, quali sono gli spunti principali che avete individuato circa il rapporto tra intelligenza artificiale e giornalismo?
Dai casi di cronaca sulle fake news generate da sistemi automatici al ruolo crescente degli strumenti di supporto come Perplexity e ChatGPT, è emerso un quadro complesso ma stimolante: l’intelligenza artificiale non è (solo) una minaccia, ma un alleato capace di velocizzare analisi e sintesi, purché resti saldo il principio umano della verifica. Il contenuto giornalistico oggi non è solo testo, ma strategia, comunità e identità di brand.
Ne ragioneremo anche con la Fondazione Pensiero Solido lunedì 17 novembre a Milano, all’incontro “AI, Augmented Information?“.
Fate bene. Serve uno sguardo lucido e provocatorio sui rischi esistenziali del mestiere, tra chi teme la scomparsa del ruolo umano e chi, invece, vede nell’AI uno strumento per liberare tempo e risorse a favore della qualità. È una doppia sfida, tecnologica e umana, che devono affrontare soprattutto i giovani giornalisti.
Lei non pensa che alle notizie fruite una per una per via digitale, all’informazione via social manchi la prima pagina? Vale a dire un punto che organizzi la gerarchia delle notizie e dia un inquadramento a ciò che accade nel mondo?
Il giornalismo può aiutare il pubblico a orientarsi, a ritrovare ordine e affidabilità in un contesto mediatico sempre più caotico. È tempo di chiederci se non abbiamo esagerato, se non ci sia rimedio alla semplificazione della realtà che tiene banco sul web e al cazzeggio imperante sulle piattaforme. È possibile invertire questa tendenza che è venuta solidificandosi negli ultimi 15 anni, ovvero da quando l’informazione è diventata in larga parte digitale e social? Questa è la domanda.
Che risposta vi siete dati al Festival?
Il giornalismo deve recuperare la sua missione di spiegare in modo chiaro e comprensibile una realtà sempre più complessa e complicata. O così o muore.
Così come sembra morta o moribonda quella che un tempo si chiamava opinione pubblica. A tal proposito, a questo lei ha dedicato un libro uscito da poco: “I commentatori della domenica: LinkedIn e Twitter (X): le social star della porta accanto“…
Con Gloria Roselli e Alberto Maestri abbiamo indagato questa “figura di punta” dell’opinionismo digitale. Non si offende la verità affermando che l’opinione pubblica ha cominciato a dissolversi via via che l’opinionismo digitale, esercitato in modo aggressivo e senza alcun rispetto delle opinioni altrui,si è diffuso. Ciò in un contesto, per tornare alle considerazioni iniziali, nel quale la semplificazione di idee, opinioni e proposte è andata di pari passo alla circolazione di informazioni non più verificate alla fonte, ma al contrario liberamente viaggianti da utente a utente.
Poiché ogni social ha la sua grammatica e la sua sintassi, immagino abbiate trovato notevoli differenze tra il commentatore di X e quello di Linkedin.
Sì. I campioni di Linkedin sono tecnici in servizio attivo. Sono imprenditori, manager o consulenti autorizzati a divagare, anche se tutto, pure la battuta o un po’ di humor, deve avere, perlomeno l’intenzione, un’apparenza formativa. Servita da un gruppo elitario di professionisti che si definiscono “Leader di pensiero”, “Coach CEO per aziende Fortune 55 “Solopreneur”, “Fractional MD & Patriot”.”
E i campioni di X, che caratteristiche hanno?
Loro mostrano invece un volto più popolare, spesso populista. Intonato a un social di “lotta e di governo”, popolato, appunto, da tante “social star della porta accanto” che sono “illustri sconosciuti” diventati dei super influencer (come nel caso di @Dio, quasi 1 milione di follower), ma anche “relativi conosciuti”, però in ambiti diversi da quelli in cui si distinguono su X. Qui a imporsi sono soprattutto gli accademici di breve o lungo corso: seri e stimati, ma con attitudine da pronto intervento polemico e tuttologico. Questo si manifesta in profili, sovente più divertenti di quelli di noti umoristi.”
Per esempio?
Zerocalcare si descrive «Presenza così così ma dizione perfetta», il cattedratico Vittorio Emanuele Parsi chiude la sua bio con «sono un rugbista» e l’economista Michele Boldrin mette in fila un lungo elenco di luoghi del mondo, dove forse ha insegnato, ma che fanno pensare a una agenzia viaggi.
Un’ultima curiosità. È vero che lei ha curato anche il festival “Insolito Marsala” e ha trasformato la città del celebre vino liquoroso in un laboratorio di innovazione per l’intero settore Ho.Re.Ca. (Hotellerie, Ristorazione, Catering)?
Sì. Vogliamo portare nel futuro una città e un vino che del passato hanno fatto un’arte e tramite questo valorizzare la tecnologia applicata all’ospitalità. Lo facciamo per una Sicilia che non si accontenta del racconto del passato, ma che usa la sua eredità per sperimentare linguaggi nuovi.
Per esempio?
La bottiglia “Oro dei Mille”, trenta esemplari numerati realizzati in collaborazione con Mannirà Bio, è il simbolo concreto di questa visione. Un Marsala Superiore Ambra Semisecco Biologico, dal colore caldo e avvolgente, nato per omaggiare la città e la sua storia. Prodotto da uve Grillo 100% coltivate nell’agro di Marsala, affinato per oltre due anni in botti di rovere. Ogni bottiglia è legata a un NFT (non-fungible token), un certificato digitale unico che ne attesta l’autenticità e ne conserva la memoria anche nel mondo virtuale.
Per orientare chi ci legge. Quale filo conduttore unisce questa sua multiforme attività?
La tecnologia cambia tutto: intelligenza artificiale e Web 3.0 stanno cambiando il modo in cui comunichiamo, lavoriamo e viviamo. Viviamo una rivoluzione tecnologica che chiede non solo competenze, ma nuove consapevolezze: deve creare valore, ma anche spazio per la riflessione, la lentezza e la bellezza dell’esperienza umana né può sostituire il pensiero critico. Il futuro non è scritto nei codici dell’AI, ma nelle scelte consapevoli di chi decide come e perché usarla.
Quindi nelle mani di ciascuno di noi.






