Three-Comma Club
Il business plan è morto, sopravvivono i finanziamenti e le persone
Un tempo erano considerati la panacea di tutti i mali, oggi al centro vanno portati capitali e talenti. E i BP seguono. Nelle startup saranno le persone di talento a svilupparli e soprattutto a realizzarli, grazie anche ai fondi ricevuti (negli Usa sempre più consistenti) e spesso strappando i top manager alle grandi aziende
di Pierluigi Paracchi
Pubblicato il 09 Apr 2017

Il mito resiste perché ha radici lontane. Ma, come sempre, il mercato USA e il settore avanzato delle biotecnologie (Biotech) ci bagnano il naso. Non c’è più attenzione ai BP ma al centro ci sono Capitali e Talenti. I BP seguono. Insomma, servono i soldi e servono gli uomini per fare i piani. Non viceversa. Quindi, cambiano l’ordine dei fattori, il risultato cambia. Eccome!
Negli Stati Uniti i round di finanziamento definiti Series A sono sempre più consistenti e la prima linea di manager nelle startup sempre più ricca. Si veda l’esempio di Magenta Therapeutics: ha ottenuto un finanziamento Series A da 48,5 milioni di dollari, CEO ex GSK, COO e CSO ex Novartis e CBO ex VC in Third Rock. Si parte con la truppa, i capitali e con i generali, il management strappato alle Big Biotech e ai VC. Se i talenti sono talenti svilupperanno e soprattutto realizzeranno i Business Plan.
La velocità è tutto nell’innovazione, si deve partire primi e arrivare primi. I cimiteri sono pieni di startup con Business Plan perfetti.
PS: Ho visto in streaming una parte della convention #Sum01, l’evento organizzato a Ivrea dall’Associazione Gianroberto Casaleggio, curioso di “Capire il Futuro” e soprattutto di apprendere il “Futuro della Medicina”. Così recitavano i titoli della kermesse e di uno degli attesi dibattiti. Ebbene, se il “Futuro della Medicina” è come descritto dal chirurgo Ermanno Leo (http://www.beppegrillo.it, video prima parte, a partire da 2h50’) siamo ancora nell’Alto Medioevo, prima dell’anno 1000 e molto prima della scoperta delle Americhe. Vale a dire, le multinazionali del farmaco sono colpevoli di fare profitti sulla salute, sono quelle che hanno i farmaci per curare ma non li mettono in commercio per tenerci ammalati. Nessun risultato è stato ottenuto con i farmaci, soprattutto in campo oncologico. E i brevetti non dovrebbero esistere per liberare la ricerca.
Nessuno deve difendere le multinazionali che hanno i loro mezzi per farlo, ma non riconoscere l’imponente investimento di ricerca e sviluppo per nuovi famaci e terapie è avvilente. Poche industrie, forse nessuna, investe così tanto in innovazione. E ancor più grave è non comprendere (o peggio nascondere) che se non ci fosse la possibilità di brevettare nessuno prenderebbe il rischio di investire in ricerca e quindi non ci sarebbero nuove medicine. Infine, per verificare l’avanzamento della scienza basti vedere al risultato straordinario di Strimvelis oppure, proprio in campo oncologico, sulle leucemie. Di Ermanno Leo è piena l’Italia, così come di “scie chimiche” le loro menti.