Sharing economy

Uber promette alla Ue 50mila posti di lavoro

Il Ceo Travis Kalanick: “Porteremo nelle città europee 400mila auto, l’industria dei taxi sta solo proteggendo se stessa”. Attesa per l’incontro del 22 gennaio tra la società e i vertici dell’Unione. Tema: la regolamentazione dei trasporti

Pubblicato il 19 Gen 2015

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Il Ceo di Uber, Travis Kalanick

“Con la nostra attività creeremo 50mila nuovi posti di lavoro in Europa”: l’amministratore delegato di Uber, Travis Kalanick, da Monaco tende la mano alle amministrazioni europee, dopo i numerosi stop subiti in vari Paesi della Ue dalla società fornitrice di un’applicazione per noleggio auto da smartphone. E, in sostanza, promette occupazione in cambio della fine della guerra contro l’azienda che ha portato scompiglio tra i tassisti europei.

Parlando alla conferenza Digital Life Design a Monaco di Baviera, Kalanick, come riporta il Wall Street Journal, ha spiegato che intende ”stabilire una nuova partnership” con le città europee, portando sulle loro strade 400mila auto e creando 50mila nuovi impieghi. Toni concilianti, dunque, ma fino a un certo punto. A proposito dei problemi che sta incontrando Uber nell’Unione europea, il Ceo, noto per il suo spirito battagliero e la mancanza di diplomazia, ha criticato le regole, che, a suo dire, ”esistono solo perché l’industria dei taxi sta cercando di proteggere se stessa”.

In ogni caso quella del Ceo di Uber è una dichiarazione importante a pochi giorni dall’incontro previsto il 22 gennaio a Bruxelles tra i rappresentanti della società californiana e i commissari Ue ai trasporti Violeta Bulc e al mercato unico Andrus Ansip.

Obiettivo di Uber è crescere nelle grandi città europee, da Milano a Madrid, ma per farlo servono regole che consentano alla compagnia di operare. ”Se troveremo un quadro normativo che lo renda possibile, promettiamo lavoro e meno congestioni stradali”.

Proprio dalla Germania, da dove Kalanick ha parlato, sono arrivati alcuni degli attacchi più feroci al servizio fornito dalla società statunitense. A inizio settembre il tribunale amministrativo di Francoforte ha vietato l’utilizzo della app in tutto il Paese, per poi ripristinare lo status quo qualche settimana dopo, annullando la sentenza. Ma anche in altri Paesi europei ci sono state manifestazione di protesta, Italia compresa, dove nel 2014 il caso Uber ha significato forti proteste dei tassisti e ha finito per coinvolgere la politica, che ha promesso nuove regole per il settore.

Ma Uber è sotto attacco su vari fronti. Ultimamente si è diffusa la voce della nascita di una vera e propria coalizione di competitor pronti a unire le forze per dichiararle battaglia. Si tratta di Grab-Taxi, OlaCabs e Flywheel, le prime due originarie del Sud Est asiatico e l’altra di San Francisco. Dietro l’operazione dovrebbe esserci la Softbank Capital, il gruppo di venture capital statunitense che ha recentemente investito in due dei principali concorrenti di Uber: 250 milioni di dollari in Grab-Taxi e 210 milioni di dollari qualche mese prima in OlaCabs. Entrambe hanno molti mercati in comune con Uber, ma non effettuano noleggio di veicoli privati come la società di Travis Kalanick. Flywheel, invece, lavora con compagnie di taxi già esistenti.

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