STARTUP ACT 2012 - 2022

Riccardo Donadon: abbiamo acceso la miccia ma la bomba startup non è ancora esplosa

Molte cose sono cambiate, ma l’ecosistema startup non è ancora centrale in Italia, dice Riccardo Donadon, founder di H-Farm dove 10 anni fa fu lanciato lo Startup Act. Il 12 settembre un evento per celebrare la ricorrenza. All’insegna dei giovani e della formazione

Pubblicato il 29 Lug 2022

Riccardo Donadon, H-Farm

“Abbiamo acceso la miccia, ma la bomba non è ancora esplosa. Forse la miccia era umida, forse non c’era abbastanza esplosivo…”

26 maggio 2012: primo incontro a Ca’ Tron, nella campagna trevigiana, per lanciare la call all’ecosistema. 12 settembre 2022, il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera ritorna in H-Farm per presentare il Decreto Crescita che contiene Restart Italia, il primo Startup Act italiano approvato poi a metà ottobre. Il padrone di casa è sempre lui: Riccardo Donadon, che ha fondato H-Farm nel 2005, un pioniere nello scouting, gestione e accelerazione delle startup digitali in Italia. È stato uno dei 12 “apostoli” dello Startup Act, i componenti della task force istituita nel 2012 dal Ministro dello Sviluppo Economico e coordinata da Alessandro Fusacchia, ed è stato il primo presidente di Italia Startup, l’associazione nata a sostegno dello Startup Act e oggi diventata InnovUp.

Dopo Passera, quindi non potevamo che incontrare lui. Adesso preferisce parlare più di formazione che di startup. H-Farm va sempre di più verso l’edtech e con questo approccio Riccardo Donadon sta organizzando  l’evento di celebrazione del decennale a Ca’Tron, in programma lunedì 12 settembre.

“Faremo l’evento nella sala del campus, che ha 750 posti e più della metà saranno occupati da ragazzi delle superiori e dell’università”, anticipa Riccardo Donadon. “Mi piacerebbe che ci fosse la presa di coscienza di quanto è stato fatto e che è stato fatto anche per loro. Ho pensato a questo momento come un’occasione per far percepire alle istituzioni e ai giovani che si può fare, anche in Italia”.

L’agenda è stata scompigliata dalla crisi di governo. I giovani certamente ci saranno. Che cosa possiamo raccontare loro dieci anni dopo? Che cosa è cambiato?

Certamente oggi c’è molta più consapevolezza, ma l’ecosistema delle startup non è ancora esploso. Non è al centro del sistema economico, come dovrebbe, mentre negli Stati Uniti le prime compagnie per valore sono ormai tutte tecnologiche. La grande informazione quindi lo tratta ancora come un elemento di contorno.

Che cosa si può e si deve fare?
Creare qualcosa di figo, cogliere le opportunità del digitale e creare storie di successo che possano essere di buon esempio, dei role model. Questo un Paese di grandi competenze e capacità gestionale ma c’è ancora diffidenza nei confronti del mondo delle startup e dell’innovazione. E questo non puoi cambiarlo per legge.

Da che cosa dipende questa diffidenza?

C’è soprattutto un dato generazionale: siamo un Paese vecchio. Dieci anni fa con lo Startup Act abbiamo messo le basi per un cambiamento importante ma francamente eravamo e siamo un gruppetto sparuto rispetto al tutto e quindi non abbiamo grande influenza. Non abbiamo ancora la dimensione economica per essere influenti.

Che cosa ricordi del 2012?

Tanto entusiasmo. Ho il ricordo molto bello di un gruppo di persone che hanno sentito la responsabilità di scrivere qualcosa, di aiutare un ministro che si era rivolto a loro. Volevamo essere utili e allo stesso tempo ogni giorni che andava avanti il lavoro della task force cresceva la presa di coscienza della complessità della macchina amministrativa, mettendo a dura prova la fiducia nel sistema. Ho visto Corrado portare avanti progetti che poi venivano bloccati da qualche ufficio dell’apparato istituzionale. Quanti mal di pancia! Ma non ci siamo mai arresi, fino a vedere Restart Italia passare dentro a un decreto che conteneva anche misure per le gomme da neve!”

Che cosa vedi 10 anni dopo?
Tante cose sono state fatte, una città come Milano ha distanziato il resto del Paese ma vorrei ritrovare e riproporre l’emozione di quei giorni. Vorrei mettere la politica, qualunque sarà nei prossimi anni, davanti alla responsabilità di pensare ai nostri giovani che stanno studiando, che si affacciano in un sistema che non li comprende e non li valorizza come dovrebbe, a vantaggio di tutti. Io ho fatto quello che dovevo. Ma ora c’è da fare un grande lavoro per attirare e trattenere talenti. Sono convinto che ci vorrebbero provvedimenti molto coraggiosi, come ad esempio delle “specific economy zone” (SEZ) , dove ci siano deroghe alla legislazione ordinaria per creare velocità e flessibilità. Ma mi rendo conto che in un Paese di campanili non è facile farlo”

L’evoluzione di H-Farm è emblematica del cambiamento dell’ecosistema italiano dieci anno dopo lo Startup Act?

Fare accelerazione e incubazione è un lavoro rischioso e scarsamente remunerativo. Abbiamo rischiato la vita, ma adesso siamo tranquilli visto che abbiamo beccato un unicorno, Depop, che ci ha permesso di chiudere bene una fase della nostra storia, anche se facciamo ancora attività di accelerazione con CDP Venture Capital sull’edtech. L’evoluzione del progetto verso l’educazione nasce dall’esperienza della task force. Non dimentichiamo che nel decreto c’erano i contamination lab all’interno delle università. Lavorare su migliaia di studenti ogni anno invece che su centinaia di startup e poche aziende può avere un impatto molto più grande sulla crescita dell’innovazione in un Paese.

Certo, però poi magari giovani talenti vanno a fare startup in Paesi più giovani, veloci e con maggiori disponibilità di capitali…

È vero ma l’importante è che dopo tornino in Italia. Ancora per un po’ qui sarà difficile far crescere velocemente una startup. Ma se ho fatto un unicorno all’estero, posso farlo anche in Italia. Dovremmo riprendere tutti in mano Restart Italia! Alcune idee sono ancora attuali anche se lo scenario startup è profondamente cambiato, non solo in Italia. Dieci anni fa abbiamo acceso la miccia, ma la bomba non è ancora esplosa. La miccia era umida e non c’era abbastanza massa critica”.

Per concludere con la metafora di Riccardo Donadon, potremmo dire che oggi la quantità di esplosivo è decisamente aumentata. Forse bisognerebbe mettere una nuova  miccia.

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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