INNOVATION DETECTIVE

R2D2 e Luke Skywalker, a cosa servono i premi delle aziende alle startup?

Una compagnia telefonica premia una startup che ha realizzato un robot per controllare il surriscaldamento dei data center. Ma il problema non c’è perché chi gestisce i data center non ha obiettivi di sostenibilità ma di profitto. E la startup ha cambiato business…

Pubblicato il 07 Lug 2022

Photo by Studbee on Unsplash

Esiste – inutile negarlo – una storia di mutuo disprezzo tra la mia unità investigativa e le kermesse di innovazione. Io faccio di tutto per allontanare i miei casi ancora in corso dalle giurie e le giurie fanno di tutto per allontanare me.

Le mie ragioni sono semplici.

Primo, quando ci si mette di mezzo un premio, di come le cose stanno davvero comincia a non fregarsene più nessuno. Interessa solo fare bella figura, a tutti i costi. Ma c’è di peggio. Per esempio: vincere il premio. A questo punto il caso assume la priorità su tutto a causa dell’attenzione mediatica che riceve: anche se tragicamente non è più lo stesso! Sta al vero caso come Ken (di Barbie) sta a un ragazzo normale. A quel punto si preferisce farlo ingiallire sullo scaffale dei casi illustri (irrisolti), fino a quando la plastica si mischia alla polvere, diventa appiccicosa e qualcuno non decide di smembrarlo e rottamarlo.

Esistono però delle eccezioni, che ricordo gelosamente. Una società di telecomunicazioni una volta ha dato un premio in denaro ad un team di ingegneri galattici per aver sviluppato un robot per pattugliare in lunga e i largo i corridoi dei data center e rilevare con precisione le zone a rischio di surriscaldamento. Era tipo R2D2 di StarWars, ma senza la sua insolenza. Avendo la società telefonica dei Data Center, il premio aveva tutta l’aria di una confessione: “Ho un problema che questo simpatico coso mi pare possa risolvere”. Perciò quando Luke Skywalker e Ian Solo si sono presentati con il premio da una parte e R2D2 dall’altra, mi sono sentita il terzo incomodo. Dove stava il mistero?

È venuto fuori che Luke e Ian volevano sviluppare il loro progetto in una vera e propria startup, e cercavano sponsor, fondi, partner… insomma il modo per sguinzagliare R2D2 nei Data Center di tutto il mondo. Il premio ottenuto dalla Società Telefonica era un buon apri-porta, ma la conversazione non procedeva perché i due jedi non avevano clienti disposti ad adottare, anche solo per un periodo di prova, R2D2. E questo non se lo spiegavano. Facevano difficoltà anche ad ottenere udienza dai manager dei Data Center della stessa Società Telefonica. Si sentivano intrappolati in un labirinto di cui non capivano il senso. Perciò si sono spinti fino alla foresta di Dagobah e alla mia faccia un po’ più grinzosa della loro.

“Questo gioiellino”, indicano R2D2,“è un concentrato di sensoristica avanzata. Non parla, ma comunica, ed è in grado di mappare una regione grande 4 volte un campo da calcio con una precisione ed un’efficacia assolute. Il 2% dell’energia mondiale è assorbita dai DataCenter e circa il 60% di questa può essere risparmiata aumentando l’efficienza di queste grandi stazioni di consumo”.

“E quindi?”, dico io. “E quindi sono milioni di milioni di euro che si potrebbero risparmiare! Abbiamo due PhD in robotica, non siamo mica stupidi!”

“Non ne dubito”, chiudo, “ma il mondo è più ricco di PhD, di quanto non lo sia di buoni detective”. Ho fatto loro tutto un sermoncino sul fatto che la competenza tecnologica è un grande potere, ma serve a poco se non riesci a controllarlo. “Perciò come ci consiglia di controllarlo?”. “Con la forza della mente, naturalmente: aprite gli occhi sulla vostra catena induttiva, che è puramente indiziaria! Induzione numero 1: La Società Telefonica vi ha riconosciuto un premio: voi avete indotto che avesse riconosciuto un valore nella vostra invenzione. Ma potrebbero esserci altre ragioni, meno opportunistiche, più di facciata. Induzione numero due: se ha riconosciuto un valore, allora significa che ha un problema da risolvere. Ma questo potrebbe non essere il caso, poiché le aziende sono fatte di persone e le persone sono notoriamente incapaci di decifrare i propri problemi. Induzione numero 3: anche ammesso che il problema esista, questo problema è condiviso da altre società con altri Data Center. Questo ovviamente… ”

“Basta! Abbiamo capito!”

Se è vero che a discutere con un idiota si perde sempre, perché ti trascina al suo livello e ti batte con l’esperienza, a discutere con uno scienziato invece ci si guadagna sempre: se ti alzi al suo livello e usi la forza magnetica della logica e del ragionamento, lo porti subito dalla tua parte. E così è successo. Hanno parcheggiato R2D2 in un nascondiglio segreto, e si sono messi a girare per la galassia dei Data Center cercando salatissime bollette energetiche da abbattere con la loro artiglieria semovente di sensori termici e laser scanner. Le hanno trovate, ma hanno trovato anche qualcos’altro.

“Se un cliente mi chiede due server in più io devo metterli, mica posso dire che non ho spazio. E questo certo, porta su la temperatura, ma il mio obiettivo è portare fatturato, mica fare ecologia. La bolletta la paga poi la società…”. Oppure: “Della bolletta non me ne occupo personalmente, a me interessa che qualcosa non vada in fumo, e devo saperlo in real-time, non posso aspettare che passi un carrello sensorizzato ogni tanto. I clienti pagano per i dati… però potrei usarlo come antifurto?”

Le loro ipotesi si basavano sul fatto che i Data Center fossero un centro di costo e che l’azienda avesse “a cuore” il bilancio energetico e la sostenibilità e che gli incentivi dei manager dei Data Center fossero allineati con la riduzione della spesa energetica. Nulla di più lontano dal vero. Erano dei centri di profitto. Contava il fatturato, l’affidabilità, finché il conto economico stava in piedi. E stava in piedi. Luke e Ian avevano la faccia di chi ha visto “Il lato oscuro della forza”.

R2D2 è rimasto la mascotte del team, ma non si è moltiplicato. Non esattamente, almeno e non sicuramente per la Società Telefonica, che ha raccolto quello che voleva: un titolo sui giornali, #innovazione, una fugace intimità con il tema della sostenibilità.

Ian e Luke invece sì, si sono moltiplicati! Hanno fondato una delle prime architetture cloud di servizi condivisi per la robotica (Cloud Robotics) a servizio della fabbricazione digitale: hanno coinvolto scuole, università, studi di prototipazione, architettura, scenografia, abbassando di fatto le competenze necessarie per governare un braccio meccanico, una mano sensorizzata, un automa o un piccolo replicante.

“Il prossimo progettista di un R2D2 non avrà un PhD, ma una competenza più importante, l’unica vera Forza: la passione per un problema importante da risolvere!”

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Irene Cassarino
Irene Cassarino

Irene Cassarino, ingegnera di formazione, PhD in Gestione dell’Innovazione, è CEO e fondatrice di The Doers, ora parte del gruppo Digital Magics. Ha dedicato tutta la sua vita professionale alla ricerca di nuovi mercati, lavorando con più di 200 startup e decine di grandi aziende italiane e internazionali.

Articoli correlati

Articolo 1 di 3