LA STORIA

Leaf Space: come trovare i soldi per una startup con i fondi UE per la ricerca

La società nata per semplificare l’accesso allo spazio agli operatori di microsatelliti, accelerata da Polihub e I3P, ha ottenuto 1,3 milioni da Horizon 2020. Così si espanderà fuori Europa. Il CEO Jonata Puglia: “Abbiamo colto i bisogni di un mercato nascente”. Stefano Mainetti (Polihub): “Siamo riusciti a fare sistema”

Pubblicato il 11 Gen 2018

microsatelliti

Un team solido che “ha studiato”, il tempismo di arrivare al momento giusto con il prodotto giusto e, non ultimo, il coinvolgimento all’interno di un ecosistema che contribuisce al suo sviluppo: sono i principali ingredienti del successo di Leaf Space, startup del settore aerospaziale che ha messo in piedi una rete di “ascolto” per micro-satelliti in grado di consentire la raccolta dei dati a terra in modo agevole e non costoso, e che ha appena ottenuto 1,3 milioni di euro a fondo perduto da Horizon 2020, programma di finanziamento alla ricerca scientifica e all’innovazione della Commissione europea.

È la conferma che una startup, oltre ai tradizionali canali di finanziamento come il venture capital, per sostenere e incrementare la propria espansione può attingere anche ai fondi pubblici per la ricerca. Ovviamente se ritenuta adeguata allo scopo da chi la deve finanziare. E Leaf Space ha passato brillantemente l’esame di Bruxelles.

Il team di Leaf Space con Stefano Mainetti, Ad di Polihub

CHE COSA FA LEAF SPACE

Nasce nel 2014 da un’idea di Jonata Puglia, Michele Messina e Giovanni Pandolfi, ingegneri aerospaziali del Politecnico di Milano, con lo scopo di semplificare l’accesso allo spazio agli operatori di microsatelliti. L’azienda è attualmente impegnata nella realizzazione del progetto Leaf Line: un innovativo servizio centralizzato di telecomunicazione satellitare che garantisce l’accesso ai dati spaziali in maniera molto più semplice, veloce ed economica rispetto alle soluzioni oggi disponibili. “Implementiamo antenne in giro per il mondo – spiega a EconomyUp il Ceo Jonata Puglia – per poi controllarle da remoto dal nostro ufficio a Lomazzo, da cui le azioniamo per gestire microsatelliti. Il nostro servizio è composto di una struttura hardware e di una software. Con Leaf Line andiamo a semplificare lo scaricamento della grossa mole di dati creata dalla costellazione di microsatelliti che sono in orbita”. La startup è incubata da Polihub, l’acceleratore per startup della Fondazione Politecnico di Milano (da dove è partita l’attività), e da I3P del Politecnico di Torino. Ora è dislocata a Lomazzo in ComoNEXTparco tecnologico inaugurato nel 2010 su iniziativa della Camera di Commercio di Como per favorire il rilancio e lo sviluppo competitivo del territorio promuovendo la cultura dell’innovazione.

Nel 2016 Leaf Space ha ottenuto un round di finanziamento da un milione di euro da RedSeed Ventures in qualità di lead investor con un pool di investitori privati e istituzionali (tra cui Como Venture, Key Capital e PoliHub).

Leaf Space, un milione di euro alla startup dello spazio

PERCHÉ LEAF SPACE HA OTTENUTO I FONDI UE

Come spiega Stefano Mainetti, amministratore delegato di Polihub, “il risultato di Leaf Space è un’evidenza concreta dell’efficacia della nostra strategia volta a valorizzare iniziative che fanno leva su proprietà intellettuale solida e difendibile, team eccellenti e business di respiro internazionale. Risultati come questi sono frutto anche della nostra capacità di fare sistema: ne è prova il coinvolgimento di I3P e ComoNEXT per la realizzazione del progetto. PoliHub ha anche la capacità di supportare i propri imprenditori nella raccolta di capitali dai fondi di ricerca applicata della Comunità Europea, che permettono alle startup importanti passi di crescita senza diluire eccessivamente la posizione azionaria dei fondatori. Siamo convinti che in questo 2018 sentiremo ancora delle ottime notizie su Leaf Space”. La startup è uno dei fiori all’occhiello dell’incubatore del Polimi, che nel 2017 ha visto altre giovani società incubate ottenere buoni risultati: da Springa, che sulla piattaforma di crwodfunding Kickstarter ha raccolto oltre 1 milione di dollari per Goliath, fresa a controllo numerico nata da una tesi di laurea, alla commessa americana per GreenRail, startup che ha sviluppato una traversa ferroviaria riciclabile.

Stefano Mainetti: ecco perché il 2017 è stato un anno straordinario per il Polihub

LA SHARING ECONOMY DELLE ANTENNE

“Nel 2017 – ricorda Jonata Puglia – sono stati lanciati più di 250 satelliti in orbita. Questi satelliti devono scaricare immagini a terra: sono immagini che possono servire, per esempio, per il monitoraggio di determinate aree. Per farlo possono usare il nostro network di antenne. Stiamo dispiegando antenne in varie parti del mondo: sono le nostre infrastrutture hardware (circa una tonnellata di peso, circa 6 metri di altezza) che sono controllate via software. Attraverso queste infrastrutture offriamo un servizio di trasferimento a terra dei dati dei satelliti”. In cosa consiste l’innovatività del servizio? “Sicuramente – risponde il CEO – nei costi adeguati al mondo microsatellitare. E nel network: eroghiamo un servizio usando un hardware di nostra proprietà, il cliente non deve preoccuparsi dell’hardware. Vogliamo dispiegare un network di antenne che permetta un collegamento quasi in real time con i satelliti, in modo che, se uno scatta una foto di un incendio appena scoppiato, riesca a scaricarla il più presto possibile. È una cosa che il nostro cliente non potrebbe fare da solo. Noi gli diamo le nostre antenne, è una sorta di sharing economy delle antenne, che possono essere usate da più clienti”.

La squadra di Leaf Space che monta un'antenna all'interno di Polihub

L’IMPORTANZA DI “FARE I COMPITI”

Il segreto del team Leaf Space? Aver analizzato la situazione e avere avuto il tempismo di cogliere le necessità legate a un mercato nascente. “Il mondo microsatellitare è nato nel 2012, la necessità si è venuta a creare solo allora” spiega Jonata Puglia. “Io, Michele e Giovanni, all’epoca studenti del Polimi, abbiamo fondato nel 2012 un’associazione che si occupava di radisonda a scopi sperimentali, Skyward Experimental Rocketry. Nel 2014 ne siamo usciti, ma l’associazione è ancora attiva. Abbiamo lavorato molto bene in SkyWard, per noi è stato un training, uno spazio in cui si poteva sbagliare un po’ di più rispetto a un’azienda. In quel periodo abbiamo studiato per capire il mercato. Avevamo una solida formazione di base, ci siamo messi ad analizzare il mondo dei micro-satelliti: abbiamo cercato report, documenti scientifici, commissionato ricerche di mercato. Abbiamo usato l’approccio need-first, ovvero siamo partiti dalla ricerca dei bisogni del cliente, invece che da una nostra idea. In pratica abbiamo fatto i compiti. E abbiamo scoperto che nel settore, allora agli albori, c’era una mancanza che si sarebbe evidenziata negli anni successivi”.

Leaf Space ha già alcuni clienti che stanno testando la rete e che nel 2019 dovrebbero diventare clienti effettivi. La startup conta anche sul fatto che il mercato è in ascesa: attualmente ci sono qualche centinaia di satelliti in orbita, nel 2020 ce ne dovrebbero essere qualche migliaio.

Con i fondi ottenuti dal bando europeo, Leaf Space ha intenzione di implementare altre antenne fuori dall’Europa cercando di espandere in maniera oculata la rete. “Il bando ci permette anche di ampliare la rete commerciale – dice il CEO – e partecipare a conferenze, che è uno step essenziale per società come le nostre”. Tutto questo con l’obiettivo di rafforzarsi e contrastare i competitor.

In tutto il mondo sono cinque, Leaf Space compresa, le realtà di questo tipo: K-Sat e SwedenSpace Corporations sono aziende che si occupano dei satelliti più grandi, RBC Signals e Atlas Ground sono startup statunitensi che invece possono essere considerate diretti competitor della startup italiana.

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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