ECOSISTEMA

Gli investimenti in startup aumentano, ma mancano i nuovi venture capitalist: nasce la prima scuola per formarli

Nel 2022 sono stati superati i 2 miliardi, cifra che nei prossimi anni è destinata ancora a crescere. Ma chi gestirà questi capitali? Dovranno nascere nuovi fondi ma in Italia mancano i professionisti specializzati. Da qui l’idea di UniVertis, scuola di finanza operativa lanciata dall’unico fondo del Sud, Vertis

Pubblicato il 12 Gen 2023

Venture Capital

Gli investimenti in startup crescono. Ormai sappiamo che nel 2022 hanno toccato la quota psicologica dei 2 miliardi. Lo ha rilevato lo scorso autunno l’Osservatorio Startup Hi-Tech del Politecnico di Milano, lo hanno ribadito AIFI, Liuc, Italian Tech Alliance nei mesi successivi e adesso lo conferma l’EY Barometer.

Ma mentre sale la curva dei capitali, dove sono i nuovi fondi di venture capitale? E, quando nascono, dove trovano i nuovi venture capitalist? Basti pensare che solo CDP Venture Capital nel 2022 ha fatto un centinaio di assunzioni. Un sistema cresce se si sviluppano tutti i suoi elementi e chi sta sul mercato sa che mancano i giovani professionisti specializzati, gli investment manager. Per questo un veterano del venture capital come Amedeo Giurazza, fondatore e CEO di Vertis, l’unico fondo del Sud dove la penuria è maggiore, ha lanciato UniVertis, scuola di finanza operativa (come recita il pay off) che comincia con un master a numero chiuso per formare gli investitori di domani.

La crescita degli investimenti di venture capital

Continuano a crescere, per fortuna, gli investimenti di venture capital e parallelamente si moltiplicano le fonti dei dati, creando nel sistema ridondanza se non addirittura confusione, quando invece per irrobustirlo ne servirebbe una, scientifica, autorevole e riconosciuta da tutti. Ma probabilmente sarà necessario tempo e un maggiore livello di maturità.

L’EY Barometer ci ricorda che il 2022 è stato un anno eccezionale per il venture capital in Italia ma allo stesso tempo sottolinea che a fare il mercato sono stati pochi grandi round (ce ne sono stati cinque che valgono quasi la metà dell’intera raccolta). Sono cresciuti gli investimenti degli operatori internazionali e anche quelli delle aziende, il Corporate Venture Capital (qui puoi leggere la versione integrale dell’EY Venture Capital Barometer).

Gli investimenti di venture capital in Italia per settore

Fonte: EY Venture Capital Barometer

Tutto bene, ma non basta. Perché l’eccitazione per i 2 miliardi dovrebbe essere passata e bisogna adesso pensare come colmare il divario che ancora separa l’Italia da Paese come Francia (oltre 15 miliardi), Germania (quasi 11) e Spagna (circa 3) per non parlare della Gran Bretagna che ha ampiamente superato i 20 miliardi.

Le prospettive di crescita degli investimenti di venture capital in Italia

La tendenza è positiva e si può quindi essere ottimisti sulla crescita degli investimenti di venture capital in Italia. Solo CDP Venture Capital ha già annunciato che entro il 2024 investirà 5,3 miliardi e, se in primavera sarà confermato alla guida Enrico Resmini, come l’ecosistema si augura per dare continuità all’ottimo lavoro fatto finora, è facile prevedere che questa cifra è destinata a moltiplicarsi almeno per due nel triennio successivo.

Ci sono poi le disponibilità delle finanziarie regionali, che in molti casi fanno difficoltà a trovare gli interlocutori professionali e a individuare le imprese da finanziare. Ed è presumibile che nei prossimi anni arriveranno nuovi fondi di corporate venture capital (nel 2023 diventerà operativo, ad esempio, quello di Terna che parte con una dotazione di 50 milioni).

I capitali, quindi, non mancano e non mancheranno. Ma chi li gestirà?

Vertis sgr, Amadeo Giurazza
Amedeo Giurazza, founder e CEO di Vertis SGR

Univertis, una scuola per i venture capitalist di domani

“Se crescono i capitali a disposizione, deve muoversi di conseguenza tutto il comparto: deve aumentare il numero dei fondi. In Italia sono una trentina, in Francia oltre 100. Quindi ne dovranno nascere di nuovi. Ma chi li creerà, dove troveranno analisti e investment manager?”, rinforza la domanda Amedeo Giurazza, founder di Vertis, sgr basata a Napoli, che prevede una crescita della domanda di questi profili. Da qui è nata l’idea di UniVertis, srl benefit che comincia con un master per financial analyst di venture capital e private equity (le iscrizioni sono aperte fino al 17 febbraio).

“Ho creato una società benefit perché la mia idea è restituire oltre 30 anni di conoscenze, esperienze e relazioni”, racconta Giurazza, che ha coinvolto nel progetto oltre 100 partner, praticamente tutto l’ecosistema italiano dell’innovazione (ci sono ovviamente tutti i principali fondi di VC, fondi di private equity, banche, ma anche investitori istituzionali e CVC e persino alcune scaleup), interessati a offrire stage agli studenti del master.

Molti partner partecipano anche con un contributo economico. “Servirà per offrire borse di studio per coprire i costi che dovrà sostenere chi verrà a Napoli per frequentare le lezioni, tre giorni la settimana in presenza, per tre mesi”. spiega Giurazza, che sottolinea l’impostazione molto concreta del master.

“Tra i docenti non ci sono professori universitari. Saranno gli investitori di oggi a formare gli investitori di domani”, aggiunge. “La faculty si compone esclusivamente di operatori di private equity, venture capital, società di M&A, società di consulenza strategica, di corporate finance, investitori istituzionali in asset alternativi, banche d’affari, imprenditori”

Il profilo del nuovo venture capitalist

Il profilo del nuovo venture capitalist si deduce dai requisiti richiesti per candidarsi al master di UniVertis e dai temi delle lezioni.

Età massima 28 anni; laurea triennale o magistrale in Economia e Finanza, ma anche Giurisprudenza, Ingegneria, Statistica e Matematica, una buona conoscenza dell’inglese e del pacchetto Office. Ma vera conoscenza.

“Ho visto troppi laureati che dicono di conoscere Excel e Powerpoint ma poi non sono in grado di utilizzarlo per un’operazione finanziaria o di sintetizzare in pochi grafici un report”, commenta Giurazza.. Per questo ci saranno lezioni ed esercitazioni dedicate, così come su tutti gli aspetti e le fasi di un’operazione di investimento: dai riferimenti normativi a quelli fiscali, dal mercato alle tipologie di exit, dalla gestione del deal flow alle attività di merger and acquisition.

“Il nostro obiettivo è dare ai partecipanti tutte le conoscenze trasversali che un financial analyst deve avere per poter lavorare bene in un acceleratore d’impresa come nella divisione corporate di una banca”, spiega Giurazza, che conclude: “La prima edizione del master prevede 35 partecipanti, ma se le candidature saranno numerose siamo pronti a fare un’estensione geografica. Ci sono già arrivate diverse richieste da altre città”. A conferma che il bisogno di nuovi venture capitalist c’è.

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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