L'INTERVISTA

Ruggiero (Europcar): così stiamo innovando verso la new mobility

Cambiamento di brand, una divisione dedicata, acquisizione di startup. Il numero 2 del gruppo internazionale racconta la strategia di innovazione. “A breve c’è da cambiare il modello di relazione con il cliente. Nel medio-lungo termine non ci sarà più differenza tra b2b e b2c. Conterà solo l’esigenza da soddisfare”

Pubblicato il 19 Giu 2018

Fabrizio Ruggiero, Deputy CEO Sales, Marketing, Customers & InterRent

Nuovo nome. Creazione di una business unit dedicata alla New Mobility. Trasloco dalla sede di Voisins-le-Bretonneux a Parigi, in un nuovo building del 17° Arrondissement. E l’acquisizione di un’altra startup, la belga Scooty. Nel giro di poche settimane sono successe molte cose in Europcar, anzi Europcar Mobility Group come si chiama adesso la multinazionale dell’autonoleggio che a 70 anni rilancia di fronte alla disruption in corso nel business della mobilità per non essere più solo un locatore di auto, ma molto di più. Una ‘Preferred Mobility Service Company’ è la definizione preferita dal CEO Caroline Parot, che così la spiega: offrire soluzioni che siano una valida alternativa all’auto di proprietà. Per raggiungere questo obiettivo nell’arco di piano saranno investiti fino a 200 milioni di euro in innovazione.

Condivisione e intermodalità: la nuova mobilità in una ricerca EY

Il percorso di crescita nel cambiamento è cominciato nel 2014 e comincia a produrre effetti sui conti (i ricavi del primo trimestre 2018 hanno superato la soglia psicologica dei 500 milioni di euro con un incremento del 28% grazie al consolidamento del low cost Goldcar ma anche grazie alle attività digitalizzazione che hanno permesso di ridurre i costi). Un percorso che ha subito  un’accelerazione, con il nuovo brand company, il nuovo quartiere generale ma soprattutto con un nuovo approccio al business. Che cosa significa new mobility? Quali cambiamenti richiede? Come Europcar li sta affrontando lavorando con le startup? Ne abbiamo parlato con Fabrizio Ruggiero in azienda dal 2011, che ha guidato l’Innovation Lab aperto nel 2014, prima di essere nominato (non a caso) Deputy CEO Sales, Marketing, Customers & InterRent, di fatto il numero 2 della compagnia.

OLTRE IL NOLEGGIO DI UN AUTO

Ruggiero, che cosa sta accadendo in Europcar?
Io partirei da dove nasce l’esigenza di questo cambiamento. Avevamo una forte relazione fra il nome dell’azienda e il brand commerciale. Ma l’azienda nel tempo ha cominciato a essere un animale di tipo diverso, ha lanciato brand nuovi, ha fatto acquisizioni di startup come Ubeeqo (che in Italia ha poi comprato GuidaMi, ndr.) ma anche di società come Goldcar. È così maturata la necessità e quindi la decisione di mettere una distinzione fra il company name e i brand commerciali.

Ma non si tratta solo di un nuovo cappello per brand diversi. Qual è la strategia che c’è dietro il nuovo nome?
A breve-medio termine c’è la volontà di cambiare il modello di relazione con i clienti. Non siamo e non vogliamo essere solo chi risolve il problema di noleggiare un auto, da un giorno a svariati mesi. Vogliamo cominciare a ragionare con i clienti in un altro modo: io posso risolvere i tuoi problemi di mobilità, dal noleggio con conducente che offriamo già con Brunel (società inglese acquisita nel 2016, ndr.), al noleggio no frill alla portata di tutti (ora proposta con la spagnola Goldcar, ndr.)

Questo vale per la clientela consumer o anche per quella business, per le aziende?Su entrambi i fronti, nel b2b ma anche nel b2c dove abbiamo già investito, ad esempio, prima in Wanderio, startup italiana acquisita nel 2016. E adesso in Scooty, che propone un servizio di scooter sharing elettrico. Ed è proprio questo il secondo asse della strategia, ma a medio-lungo termine.

OBIETTIVO: UN’UNICA BASE CLIENTI

Qual è questo asse e cosa c’entrano b2c e b2b?
Nel medio lungo termine la vera differenza sarà la base clienti. In prospettiva sarà strategico avere un’unica base clienti e su quella lavorare secondo i momenti e le esigenza.

Può farci un esempio?
Chi usa il carsharing di Ubeeqo attraverso l’azienda, e quindi per lavoro, per me è un cliente a cui posso fare anche offerte personali per utilizzare quell’auto in altri momenti e per fare altro. Siamo certi che si andrà a ridurre il confine fra business e customer.

E dove porta la dissoluzione del confine?
È un percorso lungo ma ci porterà a una situazione in cui il cliente potrà saltare un servizio all’altro con un’esperienza seamless, pensata per il cliente. All’azienda richiede un totale ripensamento della costruzione del database. Ed è una complessità non da poco per chi ha decine di milioni di clienti come Europcar. Ma dobbiamo andare in quella direzione.

LA RELAZIONE CON LE STARTUP

Lei è stato responsabile dell’Innovation Lab di Parigi, aperto nel 2014, poco prima della quotazione di Europcar. Anche l’utlima acquisizione di Scooty è passata da li. Qual è il processo abituale?
Innovation Lab di Parigi è il punto di ingresso nelle nostre attività di innovazione che è stato possibile avviare grazie anche alle risorse arrivate dal collocamento in Borsa. Con Scooty prima è stata fatta una partnership commerciale, che ha funzionato come test, a fianco di Ubeeqo che ha fatto l’acquisizione. Sul free floating, il modello di Scooty applicato agli scooter elettrici, la durata media del servizio è di 20 minuti. Per Ubeeqo, che invece adotta il modello station based, si sale da 2 a 5 ore perché si va lavorare su un altro concetto: la sostituzione dell’auto di proprietà. Ma il cliente che rinuncia all’acquisto di un auto è lo stesso cliente che può essere interessato a scooter. Una volta che abbiamo avuto questo tipo di verifica, abbiamo completato l’operazione. E adesso Scooty è dentro lo stesso team di Ubeeqo, con il founder rimasto a gestire la linea di business. Tutti lavorano sull’integrazione fra i due mezzi di trasporto.

Quindi torniamo al cliente unico…
Sì, dobbiamo capire che per me cliente ci sono tanti servizi ma non tante aziende. Le dirò di più…Abbiamo capito che in prospettiva è destinata a scomparire la differenza fra car rental e car sharing. Il cliente avrà un accesso totalmente automatico al mezzo che gli serve, quando gli serve. Il futuro è il car usage, la differenza fra le diverse modalità avrà poca importanza. Fare car sharing free floating (mobilità urbana)  o station based (sostituzione auto di proprietà) è una questione che riguarda l’azienda che eroga il servizio, per il cliente cambia solo il bisogno da soddisfare.

Perché allora Europcar è uscita da Car2Go?
È stata una scelta che risponde a un percorso importante fatto insieme a Daimler. Negli anni le due aziende hanno sviluppato visioni differenti. Le case automobilistiche vedono un car sharing che deve far leva sui propri modelli. Noi pensiamo a un carsharing, diciamo così, più laico, agnostico rispetto al marchio del car maker.

PORSCHE ON DEMAND A LONDRA

Su quali aree di innovazione state lavorando l’Innovation Lab ? Ci sono altri pilot in corso?
Sì, ovviamente. Alcune cose sono più visibili all’estero. Per esempio con Brunel stiamo facendo un pilot in Gran Bretagna con Gett. un servizio di Porsche on demand, poco meno di 100 vetture in ride sharing nella città di Londra. Cerchiamo di capire se in alcuni contesti esiste una domanda di condivisione di fascia alta. I primi risultati sono interessanti.

Pensate di importarlo in Italia?
No, non certo a breve.

I PILOT DELL’INNOVATION LAB

Altri pilot?
Drive n share, diamo supporto a chi fa P2P sharing su Snappcar, dove abbiamo una quota di minoranza e con la quale operiamo in Danimarca, Francia e Germania. Il problema più grande è quello assicurativo. A chi vuole condividere la propria auto diamo una vettura in noleggio per 6 mesi con copertura assicurativa gestita da noi.

L’Innovation Lab sta quindi funzionando? Sembra che sia riuscito a scarica molto nel business della compagnia. Può dirsi soddisfatto?
Lo dico a bassa voce: quello che ha aiutato è stato creare una visione all’interno dell’azienda che non prevede l’innovazione come un processo in capo a qualcun altro e da un’altra parte sta il business. Abbiamo subito avuto la consapevolezza che, se non si mette a terra innovazione collegata ai processi di business, si fa la fine di Kodak. La mia soddisfazione è poco interessante. C’è qualcosa di molto più importante.

Che cosa?
Vedere che l’azienda ha capito che facciamo innovazione per creare lineee di business oggi piccole ma che diventeranno grandi quando quelle grandi saranno piccole.

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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