SHARING ECONOMY
Kalanick, Uber: “Creiamo 50mila posti di lavoro al mese nel mondo”
Il Ceo della società americana risponde indirettamente alle proteste dei tassisti che temono per il loro impiego: “Abbiamo centinaia di migliaia di partner connessi alla piattaforma”. E sulle tattiche iper-competitive dell’azienda, che la fanno odiare dai competitor: “Quando ero nei guai ho imparato a essere feroce”
di Redazione EconomyUp
Pubblicato il 09 Set 2014
Intervistato ieri al TechCrunch Disrupt di San Francisco, Kalanick ha svelato che ci sono “centinaia di migliaia di partner” connessi alla piattaforma Uber e che la company sta appunto creando 50mila posti di lavoro ogni mese. Una cifra confermata in seguito da un dirigente di Uber, secondo il quale si è passati da 20mila nuovi posti al mese a maggio agli attuali 50mila. Difficile non crederci considerando che Uber è un gigante attivo in oltre 150 città del mondo, dagli Stati Uniti all’Europa fino a Singapore, e in cinque anni ha superato i 10 miliardi di fatturato.
Anche Benedetta Arese Lucini, alla guida di Uber Italia, ha ricordato in un’intervista a EconomyUp le ricadute economiche positive che l’azienda sta avendo sul territorio. “Uno studio indipendente della società di consulenza ECONorthwest – ha detto – ha stimato in oltre 46 milioni di dollari l’impatto di Uber sull’economia di Chicago nel 2013, associati alla creazione di quasi 1.000 posti di lavoro e circa 25.000 spostamenti che il sistema dei trasporti urbani non avrebbe potuto erogare”.
Gli analisti fanno notare che, seppure Uber stia continuamente firmando accordi con migliaia di nuovi guidatori, non è detto che si tratti di posti di lavoro creati ex novo: alcuni sono tassisti tradizionali che hanno scelto di passare ad Uber. Del resto, in un’intervista rilasciata a EconomyUp a giugno, nel pieno delle manifestazioni dei tassisti anti-Uber in Italia, Carlo di Alessandro, presidente provinciale romano di Federtaxi, aveva fatto capire che la categoria sarebbe stata disponibile a trattare con il colosso Usa se lo avesse trovato “vantaggioso e conveniente”.
In ogni caso dlle parole di Kalanick emerge la volontà di difendersi in ogni modo dalle polemiche. Sempre nell’intervista il Ceo cerca di motivare la sua tendenza a usare tattiche iper-competitive, quelle che fanno più arrabbiare i competitor oltre ai tassisti tradizionali. “L’ultima azienda che ho avuto è stata enormemente stressante: non avevo soldi e cercavo di farcela” ha detto rievocando Red Swoosh, venduta per 19 milioni di dollari nel 2007, che però per i primi quattro anni non aveva generato alcun reddito. Il manager sottolinea di aver ricevuto centinaia di no e di essere stato costretto per un periodo a vivere a casa dei genitori perché ormai squattrinato. “Quando sei così nei guai – ha detto – devi essere perfezionista in modo anormale, feroce in modo anormale, perché quell’ultimo centimetro fa la differenza tra un catastrofico fallimento e la possibilità che accada qualcosa e che tu riesca a tirare fuori il coniglio dal cilindro”.
Uber intanto continua la sua avanzata nel mondo, nonostante i veti e gli stop, i più recenti sperimentati in Germania. D’altra parte l’Unione europea è intervenuta nei mesi scorsi esprimendosi a favore dell’applicazione per noleggio auto e più in generale dei servizi basati sulla sharing economy. Parlando di Uber Neelie Kroes, vice presidente della Commissione europea e responsabile per l’Agenda Digitale, ha invitato a riflettere sui tanti casi in cui la tecnologia ha permesso di creare nuovi servizi, progettati a misura del consumatore e quindi più flessibili: dalla musica alle prenotazioni degli hotel, dai media tradizionali ai sistemi di pagamento. Solo alcuni dei tanti esempi in cui l’innovazione ha scardinato dei meccanismi consolidati e aperto strade completamente nuove. (L.M.)
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