Trasformazione digitale, che impresa è la tua? Asistematica, Sperimentatrice o…

La maturità digitale di un’impresa non si misura solo dalla quantità di tecnologie adottate. ISTAT ha individuato quattro “classi latenti” di aziende italiane rispetto all’uso del digitale. Ecco i profili di Asistematiche, Costruttive (la maggioranza), Sperimentatrici, Mature (pochissime). E come riconoscerle

Pubblicato il 25 Ago 2020

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Alle imprese italiane la trasformazione digitale non dispiace, anche se non sempre ne percepiscono i vantaggi e spesso non sanno come arrivarci. L’Istat ha individuato quattro gruppi di imprese con caratteristiche diverse rispetto all’adozione di tecnologie digitali e di soluzioni applicative: asistematiche, costruttive, sperimentatrici e mature. Una sorta di identikit digitale delle aziende italiane che può aiutare a comprendere come la propria impresa sta affrontando la digitalizzazione e a che punto è del processo di trasformazione.

La maturità digitale delle imprese italiane

Nel censimento permanente concluso da ISTAT nel 2019 il tema della digitalizzazione è stato interpretato integrando il monitoraggio degli investimenti in tecnologie digitali di tipo infrastrutturale (connessione a Internet, acquisto di servizi cloud, ecc.) con l’individuazione di investimenti più specializzati che possano segnalare uno spostamento verso il pieno utilizzo delle risorse digitali disponibili (Big Data, applicazioni di Internet delle cose, stampa 3D, robotica, simulazione, ecc.).

In questo contesto maturità digitale si intende l’investimento in infrastrutture digitali non come obiettivo a sé ma come condizione per ottimizzare i flussi informativi all’interno dell’impresa, con effetti positivi in termini di efficienza e competitività.

Secondo l’ISTAT, che a metà agosto ha diffuso un report su “Digitalizzazione e tecnologie nelle imprese italiane”  come approfondimento del del primo censimento delle imprese, la valutazione del grado di maturità digitale delle imprese italiane con 10 addetti e oltre può essere sintetizzata in quattro punti:
1. circa tre quarti delle imprese sono impegnate in investimenti digitali (ma con prospettive di ulteriore diffusione di tali attività);
2. le imprese sotto i 100 addetti sono prevalentemente coinvolte nella “costruzione” del loro peculiare modello di digitalizzazione;
3. le imprese con oltre 100 addetti sono invece alle prese con la difficile “sperimentazione” di nuove soluzioni tecnologiche e organizzative;
4. soltanto il 3,8% delle imprese (che valgono il 16,8% di addetti e il 22,7% di valore aggiunto) è già nella fase di maturità digitale. Tale quota è decisamente più elevata nel Nord-ovest (4,7%), tra le imprese con oltre 500 addetti (23%) e nell’industria (5,2%).

Imprese italiane e digitale, i 4 profili ISTAT

I dati del censimento ISTAT si riferiscono al periodo 2016-2018 ma sono molto interessanti per definire il punto da cui sono partite le imprese italiane per affrontare i processi di digitalizzazione e le modalità di approccio alla trasformazione. “La maggior parte delle imprese utilizza un numero limitato di tecnologie”, scrive ISTAT, “dando priorità agli investimenti infrastrutturali (soluzioni cloud7, connettività in fibra ottica o in mobilità, software gestionali e, necessariamente, cyber-security) e lasciando eventualmente a una fase successiva l’adozione di tecnologie applicative”.

Sulla base dei risultati del Censimento ISTAT ha individuato quattro “classi latenti” di imprese. Ecco i profili.

  1. Asistematiche

    Il primo gruppo comprende le imprese definite “asistematiche” che si caratterizzano per aver adottato (tutte) almeno un software gestionale nel periodo 2016-2018, assieme a investimenti limitati in tecnologie infrastrutturali come il cloud o la connessione a Internet via fibra ottica. Queste imprese hanno, ovviamente, la percezione delle potenzialità del digitale ma, per la loro dimensione o collocazione settoriale, hanno difficoltà a prefigurare una transizione sistematica verso un assetto organizzativo intensamente digitalizzato.

  2. Costruttive (45% del totale)

    Nel secondo gruppo, il più numeroso (circa il 45% del totale, che assorbe il 28% degli addetti e il 21,6% di valore aggiunto) vi sono le imprese definite “costruttive” in relazione al loro sforzo di individuare una chiara strategia digitale. Ad esempio, si percepisce l’interesse ad affrontare le sfide e le opportunità offerte dalla connessione a Internet in mobilità (utilizzata in misura crescente anche all’interno di siti produttivi manifatturieri, oltre che nei settori dei servizi) ponendo, quindi, le condizioni per l’utilizzo integrato anche di altre tecnologie, come l’Internet delle cose o, in genere, la sensoristica in remoto. Ѐ interessante notare come già questo gruppo di imprese reputi essenziale l’investimento in sicurezza: in generale, al crescere del livello di maturità digitale cresce nelle imprese anche l’esigenza di mettere in sicurezza i propri apparati.

  3. Sperimentatrici

    Il terzo gruppo è quello delle imprese “sperimentatrici”, ossia imprese arrivate alla soglia della maturità digitale che stanno sperimentando diverse soluzioni informatiche, anche combinate tra loro, in modo da ottenere i maggiori vantaggi in termini di efficienza e produttività. In questo gruppo compaiono i primi significativi investimenti nella valorizzazione dei flussi informativi (Big data) e in simulazione e robotica. È anche il gruppo più numeroso tra le imprese con oltre 100 addetti e ha un ruolo leader in virtù del peso relativo in termini di addetti e valore aggiunto totale (rispettivamente, 35,3% e 37,9%) e delle maggiori capacità finanziarie e tecniche.

  4. Mature (3,8%)

    Infine, il quarto gruppo è formato da imprese digitalmente “mature”, caratterizzate da un utilizzo integrato delle tecnologie disponibili, che sono un punto di riferimento per l’intero sistema delle imprese pur rappresentando solo il 3,8% del totale.

La presenza di tali gruppi di imprese è piuttosto omogena a livello settoriale, nel senso che la distribuzione non è molto diversa tra industria e servizi se non per il dato particolarmente elevato del 5,2% di imprese digitalmente “mature” nell’ambito dell’industria in senso ampio: un probabile effetto dei consistenti incentivi alla digitalizzazione resi disponibili a livello statale e regionale nel corso degli ultimi cinque anni.

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