L'INTERVISTA

PMI e innovazione, Carlo Robiglio (Confindustria): “Aprire le aziende significa crescere”

“Uscire dalla fabbrica, scambiare esperienze sarà sempre più necessario per crescere”, dice Carlo Robiglio, presidente di Piccola Industria di Confindustria, che il 9 novembre tiene a Genova il suo Forum annuale. “Alle Pmi non servono incentivi spot ma un piano organico per cogliere le opportunità dell’innovazione”.

Pubblicato il 05 Nov 2019

Carlo Robiglio, presidente Piccola Industria di Confindustria

PMI e innovazione, ma anche sostenibilità sociale e ambientale. Il 9 novembre Piccola Industria di Confindustria tiene il suo Forum annuale a Genova nello stabilimento Ansaldo di Corigliano. Titolo: Sostenibilità e crescita: il futuro delle piccole imprese. Cultura, ecosistemi, fattori abilitanti. “Genova è la prima capitale della cultura d’impresa di un progetto più ampio lanciato da Confindustria”, ricorda Carlo Robiglio, presidente di Piccola Industria, la “casa” delle PMI nella confederazione italiana delle imprese. “E poi la cultura d’impresa è l’obiettivo della mia presidenza: non solo education e formazione, ma anche contaminazione. Uscire dalla fabbrica, scambiare esperienze sarà sempre più necessario per crescere. Aprire l’azienda significa anche accedere a competenze nuove, managerializzare le imprese, avere più attenzione al territorio”.

Robiglio è un convinto sostenitore dell’open innovation, anche perché la pratica nella la sua azienda: il Gruppo Ebano, che opera nel settore dell’e-learning, solo quest’anno ha già fatto diversi investimenti in startup. Lo abbiamo incontrato per discutere di Pmi e innovazione a tutto campo, anche in vista del Forum del 9 novembre.

Presidente, ha visto i dati sul corporate venture capital che supera in Italia il venture capital

“Sì e non mi sorprendono. Confermano come l’Italia sia un Paese eternamente a due facce. Da una parte quella statica e incapace di concepire futuro di chi governa, dall’altra l’impresa che ha capito che deve innovare e fare sistema perché è un modo per crescere senza fare investimenti pazzeschi. Un Paese diviso tra chi fa e si sforza ogni giorno e chi invece non comprende che bisognerebbe sostenere questa parte….

PMI e innovazione: quali sono le difficoltà e quali rischi corre il sistema se non accelera sul digitale e l’innovazione? 

Per le Pmi l’innovazione è un tema centrale e questo è emerso con evidenza dal modo in cui hanno risposto al piano Industria 4.0. Gli ultimi Scenari Industriali del nostro Centro Studi, pubblicati lo scorso maggio, hanno rilevato come siano state soprattutto le Pmi a beneficiare di Industria 4.0 e dei suoi vantaggi fiscali. Il 96% dei beneficiari, a cui corrisponde il 66% degli investimenti incentivati, è composto, infatti, da imprese con meno di 250 dipendenti, ossia piccole e medie imprese. Il 35% degli investimenti 4.0 si riferisce poi a imprese con meno di 50 addetti.

Che cosa serve alle Pmi per fare innovazione?

Chiaramente per innovare bisogna investire e per investire occorrono risorse. Ed è proprio questo il nodo centrale: mettere le Pmi nella condizione di investire e per farlo il primo passo è permettere loro di operare in un orizzonte chiaro, di medio- lungo termine, in un quadro di regole certe. Ciò che serve non sono incentivi spot, ma un piano articolato e organico che dia una progettualità alle aziende che con mille difficoltà decidono di innovare. Sul piatto c’è una incredibile opportunità di crescita non solo per le imprese ma per il Paese. Qualche settimana fa McKinsey&Company ha stimato che l’Italia avrebbe un incremento di Pil del 13% entro il 2030 investendo nell’innovazione e in particolare nell’intelligenza artificiale. Se non sapremo cogliere questa sfida, rimarremo inesorabilmente indietro: il treno dell’innovazione non passerà due volte, l’orizzonte temporale è un fattore cruciale, non c’è tempo da perdere.

Prima Industria4.0, ora il Voucher Innovation Manager: come valuta il programma di incentivi all’innovazione? 

Ci sono provvedimenti la cui efficacia è stata dimostrata dai fatti e dai numeri come iperammortamento, superammortamento, Nuova Sabatini, credito d’imposta formazione 4.0. Grazie a queste misure, infatti, si è aperta una nuova stagione di investimenti per le imprese: circa 10 miliardi solo nel 2017. La chiave del successo è stata l’automaticità degli strumenti fiscali e la possibilità di cumulo che ha dato un impulso molto forte agli investimenti soprattutto nel 2017.

A questi strumenti si è aggiunto nel 2019 il Voucher Innovation Manager, misura che sarà a breve operativa e che punta all’introduzione di competenze specialistiche nelle PMI.
Le competenze sono un tema cruciale per l’innovazione: sicuramente è importante sostenere gli investimenti mirati alla trasformazione digitale, ma ancora più importante è che l’impresa conosca come utilizzare le tecnologie 4.0.

Sono considerazioni importanti, di cui tenere conto in queste settimane in cui sta prendendo forma la Legge di Bilancio per il 2020. Il nostro auspicio è che sia data continuità alle misure 4.0, seppure con le modifiche e integrazioni necessarie a soddisfare in modo più puntuale le esigenze delle imprese e gli obiettivi di trasformazione tecnologica e in chiave “green”.

In particolare sul Voucher: è un’opportunità di innovazione? Quali limiti ha?

Il Voucher è sicuramente uno strumento interessante per le PMI ed è importante sottolineare che il suo l’obiettivo è promuovere non solo l’innovazione tecnologica, ma anche quella organizzativa e finanziaria che rappresentano elementi di competitività per le imprese e che spesso supportano e si accompagnano all’innovazione tecnologica stessa. Il limite più importante di questo strumento è la dotazione finanziaria: 50 milioni per il 2019 e 2020. Il timore è che poche imprese riusciranno ad ottenere il Voucher e che la dotazione si esaurisca in poco tempo.

Che cosa serve per accelerare l’innovazione nel sistema produttivo delle PMI?

Ho già parlato della necessità di un piano organico di incentivi e misure che supportino le pmi nel processo di innovazione e digitalizzazione. Un altro tema su cui lavorare, e su cui come Piccola Industria siamo molto impegnati, è la diffusione di una cultura manageriale nelle Pmi. Le piccole e medie imprese devono cambiare pelle e cambiare passo, aprire il capitale e la governance, inserire nell’organizzazione aziendale manager in grado di traghettarle verso l’innovazione, in grado di far cogliere loro tutte le opportunità offerte dalla finanza alternativa. Senza dimenticare l’assoluta esigenza di formazione continua e specializzata non solo per i dipendenti ma per gli stessi imprenditori.

Come Piccola Industria sta lavorando per accrescere la cultura dell’innovazione?

La cultura d’impresa è il pilastro principale del mio mandato alla guida della Piccola Industria. È un concetto ampio che contiene al suo interno la cultura dell’innovazione, la managerializzazione la sostenibilità economica, sociale ed ambientale. Per dare voce a questi temi stiamo lavorando su più fronti e con importanti alleati. Con 4.Manager, associazione di Confindustria e Federmanager con cui abbiamo firmato un protocollo d’intesa nel giugno 2018, stiamo collaborando sulla costruzione e sulla diffusione delle competenze manageriali necessarie per gestire con successo l’innovazione e l’evoluzione dei modelli organizzativi. Con Intesa Sanpaolo portiamo avanti una partnership decennale che ha visto proprio nell’innovazione e nella trasformazione digitale una delle sue direttrici. In particolare sono state introdotte soluzioni a sostegno degli investimenti fatti ricorrendo ai super/iper ammortamenti.

È stato realizzato – in collaborazione con Intesa Sanpaolo e ICE Agenzia – Digital4Export, il percorso formativo rivolto alle Pmi sulla comunicazione digitale e l’internazionalizzazione di cui si è conclusa da poco la seconda edizione. Inoltre, tra le ultime iniziative messe in campo, c’è Skills4Capital”. La piattaforma di formazione digitale sviluppata da Intesa Sanpaolo per sostenere il percorso di crescita culturale e di cambiamento delle imprese. Faremo un punto su tutti questi argomenti, su quanto è stato fatto e quanto c’è da fare, proprio a Genova in occasione del Forum della Piccola Industria.

Presidente, chiudiamo tornando all’open innovation e agli investimenti sulle startup. Che cos’è la cosa più difficile da fare?

Ridurre al minimo gli errori, perché capita di sbagliare. E l’errore più frequente è investire su startup che contengono un’ottima idea ma non hanno un imprenditore, un team in grado di svilupparla. A volte è meglio puntare su un’idea che magari non sembra un granché ma ha una execution perfetta.

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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